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IN CUI SI POSSONO TROVARE NOTIZIE E POLEMICHE DI PUBBLICA UTILITÀ.
Sta diventando, effettivamente, una polemica di pubblica utilità questa discussione sul manifesto del 25 aprile a Roma. Occhio alle date.
 
### Leonardo era brigatista. Su Storia e fumetti

"Il perché, è quel ragazzo morto la scorsa settimana in quanto cattolico. Si muore per gli stessi motivi di allora". Con queste parole ieri Ken Loach ha risposto alla domanda di un giornalista, che gli chiedeva spiegazioni sull’ultima pellicola girata, la storia dell’Ulster negli anni Venti del secolo scorso.
"Violiamo la verginità del realismo socialista!" gridarono per alcuni minuti i giovani poeti bohémien moscoviti, gli SMOGisti, scalmanati sotto alle finestre dell’Unione degli scrittori sovietici il 14 aprile 1965, anniversario del suicidio di un grande poeta russo, Majakovskij. Erano partiti in corteo dalla piazza che porta il suo nome e avevano raggiunto il centro burocratico della letteratura di regime, per violarlo. E alcuni testimoni giurano di aver sentito distintamente, in alcuni casi, al posto di "violare", il verbo "violentare"...
Da un paio d’anni ci tormenta una risma di carta rilegata intitolata Il codice Da Vinci (per inciso ricordo che nei paesi di lingua tedesca la stessa si intitola Sacrilegio, chissà mai perché); è intrattenimento puro, operazione di marketing compresa. Chi lo legge non è un lettore, è un consumatore.
Da molto meno tempo del Codice circola un libro nel quale, come dice l’editore, "il fumetto si confronta con gli anni di piombo", La storia di Mara.
Che cosa hanno in comune questi quattro episodi così apparentemente disparati?
In qualche modo essi spiegano una trasformazione epocale, il passaggio dalla creazione all’assemblaggio, dall’arte all’abilità, dall’umiltà alla volgarità.
Ken Loach, il regista di Terra e Libertà, prende un momento storico e lo riduce attraverso l’uso di una camera in narrazione. Non c’è trucco. La ricostruzione è fedele. I bianchi sono bianchi, i neri, neri, chi spara per uccidere uccide senz’altro, e così via. Il passato resta passato, ma viene investigato, analizzato, spiegato. È mimesi artistica, in un’espressione.
Gli SMOGisti (SMOG stava per Coraggio, Pensiero, Immaginazione, Interiorità) erano dei poeti giovanissimi, nessuno di loro superava i vent’anni. Vivendo in un paese dove la poesia era la forma artistica più diffusa, ci tenevano a dire la loro in un mondo nel quale il conformismo dell’arte di Stato aveva ingessato la creazione. Non ignoravano il realismo socialista, tutt’altro. Alla fine di un percorso cominciato nel 1953 con un coraggioso articolo pubblicato sulla maggiore rivista dell’epoca da un letterato di secondo piano, passando per una serie di lotte e processi, tra cui quello al futuro premio Nobel, Iosif Brodskij, accusato di parassitismo, essi avevano deciso di violentare la cultura ufficiale, violarne la verginità. Ma non potevano ignorarla. Il passaggio era obbligato, se volevano andare oltre, perché l’arte è lunga, e il principio di quella strada non lo segna il neofita.
Dan Bronwn ha deciso che Maria è l’unica vergine della sua famiglia. Gesù, il candidato numero due, aveva una donna, la Maddalena, che gli diede una figlia, divenuta in qualche modo il Santo Graal. Per difendere questo segreto sarebbero cominciate le Crociate, nel XII secolo. Da Vinci Leonardo dovrebbe aver capito tutto e oggi si continua a uccidere come allora (le crociate), per difendere il segreto. Come allora? Come Ken Loach? No. La differenza è che in questo caso si tratta di una storia inventata usando personaggi realmente esistiti. Proprio il contrario di Loach. Una storia per consumo e intrattenimento del pubblico, una mistificazione che miscela la fantasia e trasforma il reale (poco ma fondamentale, direi portante) in verosimile, che mente sapendo di mentire. Altro che verginità del realismo socialista! Qui si tratta di una bagascia che per denaro vende le virtù altrui. O, forse, non di bagascia si tratta, ma di paraninfo, di usuraio che per poche ore di lavoro donate all’assemblaggio universale richiede al lettore uno sforzo inusuale per poterlo evitare, ignorare, dimenticare, cancellare.
Ma se la letteratura mistificata diventa intrattenimento, cos’è il fumetto? Arte minore? Pur sempre arte, dunque. Ambigua? Per certi versi. Uno dei suoi nomi, per esempio, si presta a usi indesiderati. S-t-r-i-s-c-i-a la notizia. Una trasmissione di pettegolezzi. Mondo papero. Mondo cane. Storia di Mara. L’ultimo libro a fumetti di un bravo disegnatore, Paolo Cossi, anni 26, premio "Rino Albertarelli" 2004 come miglior giovane autore italiano, che quando parla del suo fumetto dice "il mio libro". Dunque è un libro. Che, come afferma la fascetta, "si confronta con gli anni di piombo" e al quale Marcello Buonomo ha allegato un saggio intitolato La storia difficile. Quest’ultimo, citando Hannah Arendt, afferma che gli individui creano il male attraverso un crescendo di particolari situazioni che sono piccole, banali. La Storia di Mara conferma, a suo dire, che dal punto di vista storiografico solo attraverso la ricostruzione delle vite personali di chi vi ha aderito si possa comprendere nel profondo il fenomeno sociale delle Br e la sua parabola storica. Questo dice. E nel fumetto che racconta la sua vita, Mara afferma che per entrare nelle Br, nella "banalità del male" (la Arendt, lo ricordo, ne parlava riguardo agli autori dell’Olocausto – circa sei milioni di morti), ci si doveva semplicemente vestire di falsità. Per entrare lì, da dove non era più possibile uscire. Dunque, in questo fumetto si fa storia. Dunque, qui si ricostruisce una vita, perché l’insieme delle vite fa la Storia. È la somma che dà il totale.
Mara è morta nel 1975, credo. Uccisa da un carabiniere, a freddo, mentre stava con le braccia alzate dopo uno scontro a fuoco. Il 6 giugno le Br diffusero il seguente volantino, scritto da Renato Curcio, il marito: "è caduta combattendo Margherita Cagol ‘Mara’, dirigente comunista e membro del comitato esecutivo delle Brigate rosse. La sua vita e la sua morte sono un esempio che nessun combattente per la libertà potrà mai dimenticare [...]. Non possiamo permetterci di versare lacrime sui nostri caduti, ma dobbiamo imparare la lezione di lealtà, coerenza, coraggio ed eroismo [...]. Che tutti i sinceri rivoluzionari onorino la memoria di Mara meditando l’insegnamento politico che ha saputo dare con la sua scelta, con la sua vita. Che mille braccia si protendano per raccogliere il suo fucile! Noi , come ultimo saluto le diciamo: Mara, un fiore è sbocciato e questo fiore di libertà le Brigate rosse continueranno a coltivarlo fino alla vittoria".
Poi vai avanti nella lettura del fumetto e ti accorgi che Mara non è Mara. Ovvero, è Mara, perché si chiama così, ma non è morta nel 1975. Si chiama Mara Nanni, è un’altra Mara. Nelle Br è entrata nel 1978. È stata arrestata nel 1979. È stata condannata all’ergastolo al primo processo Moro, nel 1981. E poi si è dissociata e la sua pena è stata ridotta. No. Quest’ultimo particolare il fumetto lo omette. La storia non è quella che credevamo di leggere. E non è neanche completa. Non è una storia. È solo un fumetto. Puff. E non c’è più.

Marco Clementi, 18 maggio
### Dopo aver immesso il testo di Marco Clementi, su Storia e fumetti - qui sopra -, abbiamo trovato su www.carmillaonline.com la nota Difesa della poesia nel tempo senza poeti di Mario Benedetti. Ci ha colpito questo passaggio, per la straordinaria analogia con quanto sostiene Clementi:
«Ed esiste il pericolo, dovuto all’assenza di ‘controllo’ autorevole, condiviso, da parte dell’ambiente letterario sul singolo operare, di scrivere chiacchiere personali informi, discorsi per nulla rinvigoriti e resi legittimi dal rapporto, che sembra non avere testimonianza, con la lunga tradizione di testi poetici e teorici. Tanto tutto è permesso, e tutto è in qualche misura indifferente. Per inciso, anche il poeta ex-lege si misurava in qualche modo con le istituzioni letterarie e culturali. Ognuno quindi si dà la forza che ha, e può solamente credere in se stesso, ovviamente con enormi dubbi, maggiori rispetto al passato; prende da dove capita: qualche amico che funge da interlocutore, ovunque egli abiti nel mondo; letterature le più diverse, ecc. Ma deve augurarsi che il suo percorso si situi in qualche modo entro una tradizione, o le tradizioni, magari operando uno scarto
 
### Su fumetti e dintorni - vedi il nostro intervento (qui sotto) come prosecuzione della discussione sul manifesto del 25 aprile - riportiamo una riflessione di Andrea Garbuglia:
«Un’espressione che mi ha colpito particolarmente è quella che definisce la pratica psicoanalitica un "colonialismo della mente e della memoria". Condivido in pieno questa definizione, ma credo anche che oggi il vero colonialismo della mente e della memoria sia quello attuato dalla televisione. Faccio un esempio. Qualche anno fa m’è capitato di entusiasmarmi nel cantare canzoni di vecchi cartoni animati insieme a ragazzi provenienti da tutt’Europa (in particolare: inglesi, tedeschi, svedesi, spagnoli). Dopo i primi minuti di euforia dettata dalla scoperta di avere una memoria comune, e dall’instaurazione di un primo contatto con persone che fino a qualche momento prima neppure conoscevo (quando si dice che bere ha una funzione sociale!) mi sono reso conto della gravità della situazione: non c’eravamo mai visti eppure "mamma televisione", per quanto discreta possa essere stata negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta, aveva provveduto a farci avere, a nostra insaputa, un background comune. Ma questo background va molto più in là del semplice "aver visto la stessa cosa"… e l’entusiasmo lo dimostra. Il background fornitoci dalla televisione ci coinvolgeva emotivamente, simbolicamente, direi ontologicamente. Mi spiego.» [continua nella scheda del libro Antologia critica del sistema delle stelle, di Felice Accame]
 
###
Abbiamo ricevuto
Da: X Y
Oggetto: manifestando...
Data: 18 maggio 2006
Ciao, voglio intervenire e polemizzare sulla questione del manifesto, che conoscendo il fantomatico L., l' ho trovata assurda e ingenerosa nei toni nei modi e anche nei luoghi (che a vostra stessa ammissione creano brutte abitudini, sarebbe stato di maggiore propositività incontrare il diretto interessato invece che stigmatizzarlo ed esporlo enormemente).
Entrando nel vivo della polemica, in effetti nei video e nelle immagini dei giorni di liberazione la prospettiva è diversa, ed è giusto ed ovvio che così sia, infatti la prospettiva è un termine che indica genericamente ogni sistema di rappresentazione dello spazio che la sensibilità dei vari momenti del gusto o dei vari artisti ha impiegato nelle diverse epoche.
Voi cercate forse la vostra generazione, quella di genova 69, che è stata sicuramente più generosa nei più svariati aspetti : politico, musicale, perfino underground, il manifesto menzionato fa un salto nel futuro ad un altra genova trent'anni dopo, che piaccia o meno non si può nemmeno essere cinici, cercando i fiordiciliegio in mezzo alle macerie.
X Y

Abbiamo risposto

Caro X Y,
ringraziamo per la lettera perché ci permette di tornare sul tema e riformulare meglio il nostro pensiero, visto che non siamo riusciti a spiegarci. Fermo restando il diritto di ognuno di continuare a pensarla come vuole, ma non quello di ignorare o falsificare il pensiero altrui.

1. il contendere non è tra noi e l'autore del manifesto ma tra soggetti politici perché Odradek accusa - non più e non tanto lui, ma coloro che hanno approvato, e poi entusiasticamente difeso il manifesto -
a. di aver occupato abusivamente l'immaginario collettivo,
b. di aver fatto una operazione revisionistica, tanto pericolosa quanto inconsapevole.
Accusa poi sostanziatasi con quella di anticomunismo viscerale e strisciante, per lo meno riguardo ad alcuni degli interventi.
Avevamo visto giusto. Dopo nemmeno una settimana ci riprovano i Modena City Ramblers, sulla cui operazione revisionistica spende un'analisi (pippa mentale?) Marco Clementi: pippa riportata infra, in questa bacheca.

1.1 Se io sono un autore di avanguardia e metto in scena l'Amleto ambientato nei docks del porto di New York, o l'Edipo a Corviale, mi rivolgo a un pubblico ristretto proponendo una lettura decontestualizzante volta a sottolineare quello che, secondo me, permane di quelle opere a distanza di secoli. Un'operazione consapevole, tutta interna a una tradizione culturale e condivisa con il mio pubblico.
Altra cosa è se la Rai la passa in prima serata. Altra cosa ancora se io continuo ad ambientare nei docks Troilo e Cressida, Giulio Cesare, Romeo e Giulietta, Machbeth, Re Lear e via scespirando.
"Insomma, se la borghesia fa i baffi alla Gioconda, se si cortocircuita da Dada all'Oulipo, lo fa avendo ben presente un processo, standoci dentro. Ma anche Bogdanov, Prolet'kult e i futuristi russi. Ma se lo fanno questi, è populismo artistico ("adesso tocca a noi fare i baffi alla Gioconda"). Con una differenza che loro non colgono: hanno sostituito il processo con il mercato", avevamo già commentato.
Esagerazioni? Delirii? Ma no, perché la realtà s'incarica continuamente di superare la fantasia più sfrenata. Il Corriere della sera ha cominciato a pubblicare i Classici della letteratura: venti opere a fumetti disneyani.
Tutto vero, il primo ce l'ho qui e lo sto sfogliando: I promessi Paperi e I promessi Topi (per la par condicio). Forse lei non si rende conto della devastazione dell'immaginario: tutti i personaggi femminili della letteratura mondiale avranno le sembianze di quella fatua frigida di Paperina o, a caso, di quell'arpia di Minnie. E non solo le sembianze, ma le emozioni, i sogni, e perché no? la Weltanschauung, già che ci siamo. Per non parlare dei loro "uomini": rispettivamente un isterico inconcludente, e un servo allineato. La risposta dell'Occidente ai musi gialli?

1.2 Insisto, perché l'enumerazione, in certi casi, vale di più di qualsiasi formulazione astratta: Paperino Don Chisciotte, Paperino di Muenchhausen, ma ci si rende conto? in questi due casi, la parodia di una parodia! E poi Paperodissea, Papergulliver. Chi se ne frega di Piccole Papere, o della Leggenda di Papertù: protestino i fasci.
(Già, i fasci, una volta erano soltanto loro la feccia che si permetteva di inventarsi storie e culture, mescolare utopie e ucronie, il mago Merlino e il santo Graal, Evola e Biancaneve, Celti e Nibelunghi, gnomi e signori degli anelli, Druidi e la romanità di cartone. Si diceva, poverini, respinti dalla realtà, dalla scienza e dalla storia, che altro possono fare. Forzano i miti oppure se l'inventano.)
Ma è annunciato anche un Topolino in Relitto e Castigo, Lo strano caso del dottor Paper e di Mister Paperyde...
Insomma, la letteratura come parodia. Questo è il punto, e il punto di svolta. I giovani, la vostra generazione non esiste più in quanto tale. Come soggetto. E' e viene trattata come pubblico, come oggetto passivo da manipolare senza troppe resistenze. E infatti il Corriere della sera offre la sua mercanzia mica ai bambini, ma ai propri lettori. Che poi sono i fans del Bagaglino o dei Guzzanti (o dei cento o mille altri comici generici, imitatori, intrattenitori, ecc che imperversano nelle tante trasmissioni di satira: ogni canale ne ha una), cioè di coloro che si sono incaricati di trasmutare la tragedia in commedia, le contraddizioni in giochi di parole, i conflitti in farsa, le figure sociali in macchiette. Questo vuole il pubblico.
Mi spieghi lei perché. A chi giova. Che cazzo avranno mai da ridere. Come quella signora, la Dandini, che ride sempre. Come i ragazzi del camion. Si chiama rictus, e non ha nulla a che fare con l'allegria.

1.3 Qualcuno, per amor di polemica, potrebbe obiettare: meglio Paperopoli liberata e Paperin furioso, tanto, chi leggerebbe mai il Tasso o l'Ariosto. Mi hanno detto che uno ha già fatto i Grundrisse a fumetti. Posso pure provare a sceneggiare la Teoria generale di Keynes, ma resto dell'idea che sia merce avariata, come
le polpette di Cremonini. A parte il fatto che cercare di personificare un'equazione economica potrebbe avere la sua grandezza, e in subordine utilità. Ma caricaturare un personaggio letterario è disumanizzarlo. Continuo a credere che L'uomo senza qualità sia intraducibile in swahili, o la Fenomenologia dello spirito in romanesco. Musil e Hegel non ci guadagnano; lo swahili non so, ma il romanesco ne risulterebbe violentato.
Chi ci perde sicuramente è - come vogliamo chiamarlo? - l'utente, il consumatore, il fruitore, la cavia a cui è stato pervertito il gusto, e il senso critico. O no?

2. Si rende conto, l'autore del manifesto, che lui si è limitato a porre acriticamente il dato di un pubblico senza anticorpi, indifeso a qualsiasi attacco politico, culturale e ideologico? Si rende conto che la sua operazione, è la stessa - anche se di portata infinitamente più modesta - di quella fatta dal Corriere della sera?
Eppure appartiene a una generazione che si dice sensibile al mantenimento della biodiversità, critica degli Ogm, cioè della selezione capitalistica del materiale genetico, attenta al multiculturalismo. Tuttavia sembra non cogliere l'attacco micidiale che viene portato alle loro identità con la distruzione delle
diversità culturali, cioè storiche, con la manipolazione dell'immaginario - cioè di quel materiale ereditario, passibile sì di incroci e modificazioni, ma che una volta che sia stato sussunto dalla logica della valorizzazione capitalistica, proprio come gli Ogm, non è più in grado di riprodursi autonomamente. Scherzando, ma neanche tanto, si potrebbe dire che vi preoccupate (giustamente) molto di quel che avviene dentro i pomodori ogm e poco o nulla di quel che viene fatto nella vostra testa, all'immaginario che vi viene offerto e che voi assumete e riciclate.

3. La Genova a cui abbiamo fatto riferimento è quella del luglio 1960 (e non del 1969) in cui una generazione di pischelli prendeva il testimone da quella precedente, con gli stessi ideali, ma differenziandosi perché indossava le magliette a strisce di moda proprio quell'anno. Insomma, genere prossimo e differenza specifica. Come sempre, fino all'avvento della globalizzazione, cioè dell'egemonia del più forte imposta a una sterminata moltitudine, pacificata, sostanzialmente immemore, ma ilare.
Ora so che hanno vinto, senza colpo ferire.
Se lei o qualcun altro vorrà replicare avrà riscontro. Ma tenendo presente la circostanza per cui lo sviluppo della polemica ha individuato nuovi terreni di confronto, e nuovi attori. Dall'autore del manifesto siamo passati alla sua generazione, per poi riconoscere che anche questa è in realtà solo un'apparenza, quasi un pretesto, e che sotto c'è ben altro: l'essere, non tutti ma troppi, ridotti allo stato di pubblico indistinto e senza età.
Parliamo di questo.
Buona fortuna.
Odradek,
19 maggio

Ora non manga più niente

Il dibattito che si è acceso in seguito alla pubblicazione sul sito di Odradek di una dura recensione riguardante il manifesto del 25 aprile è stato interessante e istruttivo. La manifestazione di fiero anticomunismo di taluni ("VOI siete il motivo per cui continuo a festeggiare il 25 aprile, ma non sarò mai comunista, né rosso, né sinistronzo come VOI"), e la pretesa di vietare a chi dissente la possibilità di esporre il proprio pensiero ("purtroppo internet concede libertà anche ai poveracci come voi"), hanno caratterizzato una parte della polemica.
Si tratta della manifestazione evidente di un fenomeno complesso, che si è ripetuto, a distanza di pochi giorni e nel corso di una ricorrenza che qualche cosa in comune con il comunismo l’aveva, ossia durante il concerto del primo maggio. Il gruppo rock dei Modena City Ramblers ha eseguito la nota canzone di Paolo Pietrangeli "Contessa", ma lo ha fatto a modo suo. Nuovi gli arrangiamenti, e fin qui nulla da eccepire, ma nuove anche le parole, e ciò qualche problema lo crea. La parte "Compagni dai campi e dalle officine/prendete la falce e portate il martello/scendete giù in piazza e picchiate con quello" è diventata: "Compagni precari e sottopagati/prendete la falce e mostrate il martello/scendete giù in piazza a manifestare". Inoltre la frase "ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra/vogliamo vedervi finire sotto terra" è stata cassata.
Alle perplessità di Pietrangeli, uno della band, Davide "Dudu" Morandi ha risposto così: "I versi sono brutti? Questione di gusto. Comunque giudicherà il pubblico. A me personalmente non piaceva la versione originale di Contessa, soprattutto per quello che riguarda la musica".

Ora, lo si può dire, non manga più nulla. L’atteggiamento di Morandi ("questione di gusto") somiglia molto al "non vi piacciono i Manga? E chissenefrega", del primo anticomunista supra citato. Aborrisco l’espressione. Il "ce ne freghiamo" lo usavano i fascisti, ma, appunto, chissenefrega! Il perché ciò accada è presto detto. Oggi non interessa più il passato se non nella sua discontinuità, nella soluzione di continuità data non dagli avvenimenti ma dalla volontà del singolo suo lettore e interprete. La realtà come volontà e rappresentazione, appunto, ma onanistica, speculativa quel minimo che serve alla realizzazione del compitino da svolgere per la ricorrenza, e del resto ce ne freghiamo! Se il camion del manifesto per il 25 aprile "va", e non "viene", se le persone raffigurate sopra sono degli ebeti, se il futuro è qualcosa di indefinito tanto quanto il passato, chi se ne frega. Mi piace, mi serve, ora si fa così. E se l’autore di una canzone di protesta, appunto, protesta contro la revisione arbitraria di un suo testo, beh, sai che ti dico, giudicherà il pubblico, che magari comprerà il cd. Il pubblico, il mercato, la panacea del presente.

Qui giungiamo al punto, che è l’incomunicabilità tra le generazioni. Nulla a che vedere con il passato, quando esse si scontravano, quando l’uccisione del padre era il punto di partenza per sentirsi un uomo e assumersi le proprie responsabilità. Oggi il padre si manda semplicemente a fare in culo. Morirà a tempo debito, io non mi sporco più le mani. Nell’immaginario collettivo il passato è diventato come internet. Vi entro, mi prendo qualcosa da una parte, qualcosa che mi piace perché mi piace, lo riporto al presente, con le dovute modifiche, e si è pronti per il consumo.
Questo modo di procedere sottintende necessariamente l’insofferenza di fronte alle critiche, che non sono PROPRIO previste perché la decontestualizzazione offre implicitamente la possibilità di chiunque di dire qualcosa. Perché, allora, criticare? Dì la tua cazzata, io ho detto la mia. Sì, ma un’altra.

Accanto all’intolleranza per le critiche, molto fascista, l’anticomunismo diventa un elemento di supporto quasi necessario nel senso che esso rappresenta la via d’uscita più comoda dal necessario confronto con il capitale. Ma questa generazione è prima di ogni altra cosa la figlia legittima del capitalismo multinazionale che ha azzerato il passato e omologato il presente. Può mai combatterlo? Continua a guardarsi l’ombellico, dove ha inserito un bel piercing, e ora chiede il salario minimo garantito per il non lavoro. Il conflitto salario-capitale non interessa più. Il capitale ha vinto, e in molti hanno già fatto una scelta, definitiva, seppur di comodo.

Marco Clementi, 13 maggio
 

### Tutto è cominciato da questo post(er) ###

 

Mangava solo questo

 

Questo, ancora mangava!
L’autore ... l’ho cercato alla manifestazione ... Ma poi ho desistito. Perché ho fatto qualche domanda in giro, per es. a una ragazza con gli occhi tondi, tondi ed eccitati proprio come quelli delle "persone" raffigurate nel poster, e lei del poster non ne diceva che bene, e se lo rollava per portarselo a casa. Eccola, la memoria divisa; è memoria che si divide.
È un processo, inarrestabile, una deriva che spacca il paese e che allontana le generazioni – come sempre, si dirà – ma che ora, con la velocità dei cambiamenti in atto, produce fratture irreparabili. E il poster la rappresenta.
Il camion non viene, ma se ne va, carico di personaggi che l'autore ha tratto dal suo immaginario - "come può, come sa", si diceva di un'altra generazione: quella delle magliette a strisce -, fatto di figure semplici, quelle dei cartoons giapponesi e dei manga. Figure decontestualizzate, buone per altre storie, per ogni storia. Le loro facce sono stupite e onnipotenti, sono le facce sorridenti di una generazione che èsoda, di una generazione che esorcizza il passato, anzi che non ce ne ha uno. Finalmente? Di una generazione che non ha prodotto nessuna cultura, ma proprio nessuna, ma che le ha accolte e metabolizzate tutte, ma proprio tutte. Una fogna di generazione, è il caso di dire. Il camion va, e loro guardano indietro; forse come il Goofus bird a loro non interessa dove andranno a sbattere, ma ciò da cui si allontanano. E forse cantano di navi spaziali, di robot e di rassicuranti galassie.
Giuseppe Genna su www.carmillaonline.com (Disuniti, 12 aprile) invitava a lavorare sull'immaginario devastato da venti anni di televisione con massicce bordate culturali. La vedo disperata. Tuttavia, qualcuno spieghi a questa generazione, non dico la nozione di "tensione essenziale", ma più semplicemente che con Photoshop è possibile trattare e assemblare immagini fotografiche per produrre un proprio e originale sistema di segni, il cui significato sia offerto consapevolmente. Ma l'autore è riuscito soltanto a raccapezzare quelle facce. Spero si metta alla guida del camion e le porti lontano, molto lontano.
Odradek, 25 aprile
Non è passata inosservata questa nostra nota. Accanto messaggi del tipo
Caro Odradek, leggo il suo commento al manifesto grafico dedicato a "25 Aprile Resistenza è Liberazione". Solidarizzo con la sua bile, con il suo fegato, con il suo intestino e con il suo emisfero destro.
ne sono giunti altri che richiedevano chiarimenti, come quello di Stefano
Mi spieghi in sostanza cosa vuoi dire?
cioè l'argomentazione non è molto chiara... perché nell'articolo io personalmente non ho capito qual è la o quali sono le critiche mosse contro il poster. Non è che le discuto, critico, non è che ho detto a me piace, non polemizzo: non ho proprio capito qual è in sostanza il nodo del contendere, cos'è che vi turba.
Ma anche ben tre che invece contestavano risolutamente, nel merito e nella forma, la nostra nota. Diamo loro spazio.
COMPLIMENTI A ODRADEK, non capite davvero una mazza!
In riferimento alle BOIATE presenti sul vostro sito: avete ben osservato quel manifesto sul 25 aprile? Avete ben guardato le espressioni e le caratterizzazioni dei personaggi? L'attenzione ai dettagli e ai colori? Non credo proprio, siete solo dei poveracci rimasti agli anni 70, cioè all'età della pietra. Non vi piace il manifesto? Non ne parlate o ditelo in due righe, a che serve farsi le pippe mentali? Non vi piacciono i Manga? E chissenefrega, non sono certo il tema del manifesto. ... VOI siete il motivo per cui continuo a festeggiare il 25 aprile, ma non sarò mai comunista, né rosso, né sinistronzo come VOI. Superficiali, incolti, pregiudizi viventi verso le altre generazioni, questo è l'esempio che avete sempre dato, complimenti ancora per l'ignoranza, boicotterò a vita le vostre pubblicazioni, ma tanto a VOI che vi frega, chiusi come siete nei vostri circoletti di quartiere poco vi importa che qualcuno di pensiero diverso si confronti con le vostre squallide e trite idee. Spero che il mondo vi sputi in faccia,

XXX

PS: PRIMA DI PARLARE, DOCUMENTARSI!
Ci siamo affrettati a rispondere. Così:
Egregio XXX, accanto ai tanti apprezzamenti ci è giunto il suo vivace messaggio. Ci piacerebbe pubblicarlo sia per la radicalità della critica sia perché ci sembra illustrare efficacemente l'incomunicabilità tra culture diverse.
Chiediamo quindi il suo assenso - naturalmente senza il suo indirizzo e-mail (e, se crede, senza nome o con un nome di fantasia). Nulla ci vieta di farlo, ma se non ci perverrà il suo assenso non lo faremo.
Grazie.
XXX ci ha prontamente e cortesemente risposto:
"Egregio" ci chiamate qualcun altro, è un appellativo ministeriale che ben si addice alla vostra linea editoriale. Inutile dirvi che non avete certo bisogno del mio assenso per pubblicare quello che volete sul vostro sito, purtroppo internet concede libertà anche ai poveracci come voi. Parlate di incomunicabilità e siete i PRIMI a chiudervi in serraglio, a rendervi impermeabili alla REALTA'. VOI avete più di 50 anni e VOI avete fatto il mondo così come ce lo siamo ritrovato noi "pischelli", ora vi chiedo, con chi dovete prendervela? Con noi? Con i Manga? Con la musica che non capite? Fate come vi pare e firmatemi pure... RANXEROX
C'è poi Genea che scrive:
Volevo chiedere, come mai nell'home page del vostro sito c'è un pippone assolutamente incomprensibile su un manifesto del tutto innocuo e a mio avviso ben disegnato? Inoltre, lei lo sa cosa sono i manga? Perchè da quel che scrive sembra che lei non ne sappia proprio un accidente.
Ah sì, dimenticavo, è la MIA la fogna di generazione, siamo noi quelli che non sanno niente. Quelli che non hanno creato niente e non si inventano niente, sembra di sentir parlare i vecchi che dicono che la musica è stata creata tutta negli anni '70 ed è finita lì. Ma forse siete ancora troppo impegnati a litigare tra chi di voi è più leninista e marxista per accorgervi che il mondo è andato benissimo avanti senza di voi. E di sputasentenze che non sanno cosa dire ne abbiamo abbastanza.
P.s. vi ho un po' sputtanato anche sul mio blog, www.geneastgenea.splinder.com senza rancore.

Genea
C'è infine Alessandro R. che, essendo stato l'unico che si è firmato, si è meritato una risposta articolata che vale anche per gli altri. Sul rozzo anticomunismo diffuso nelle tre lettere di "dissidenti" si dovrà ritornare. Questa cultura giovanile è autenticamente, visceralmente anticomunista. È un fatto che rallegrerà taluno, e preoccuperà qualcun altro. Così è.
oggetto: resistenza e liberazione fuori dal comunismo...
Gentile redazione della Odradek,
vi scrivo perché all'indignazione è subentrata la tristezza, non appena ho letto un breve ma significativo redazionale sul vostro sito dal titolo "Mangava solo questo". E' facile travisare quando si ha la percezione alterata e quando il punto di vista è uno solo, vale a dire quello di chi ha ragione a tutti i costi e di chi ha sempre e solo visto rosso. Il tentativo di modificare il significato del manifesto sulla liberazione è alquanto patetico, antistorico e privo di qualsivoglia fondamento. I personaggi non si stanno allontanando, ma si dirigono, come chi conosce la storia, verso un futuro incerto e insieme ricco di speranza. Se il 25 aprile ha liberato il nostro Paese dalla piaga fascista e dal regime totalitario, ha sicuramente fallito nel facilitare lo scambio e il dialogo e persone retrograde come voi ne sono la testimonianza. La ricorrenza che più di tutte vuol dire libertà è oggi calpestata non dalle infami dichiarazioni di quel bovaro di Calderoli, non dalle sparate di quel trombone di Feltri, ma dalla profonda scarsità di contenuti degli interventi di chi, come voi, dovrebbe tenere a mente gli insegnamenti della resistenza, di chi si è battuto per un libero pensiero. E' pacifico che le generazioni debbano in qualche modo scontrarsi tra di loro, ma non è legittimo attaccare senza conoscere e in questo caso, cari signori della Odradek, avete raggiunto il punto più basso della discriminazione e della critica coi paraocchi. Non sto qui a spiegarvi le norme stilistiche ed estetiche del fumetto cosiddetto "Manga", totalmente estraneo all'illustrazione incriminata che piuttosto si rifà a criteri "underground" e minimalisti con risultati grotteschi nella resa espressiva e nel tratto. Né, anche se ne avreste bisogno, voglio farvi una lezione di disegno, fumetto o di comunicazione, desidero unicamente farvi notare che non solo l'autore del manifesto non è in nessun modo identificabile con il vostro immaginario "Hannibal", ma anche che ha interpretato a suo modo la gioia della celebrazione di un atto rivoluzionario che ha cambiato in meglio le sorti della Nazione. Detto questo, non credo che siate minimamente in grado di comprendere la cultura contemporanea, tanto più se vi rivolgete ai più giovani come a una "generazione della fogna". Complimenti per il vostro atto barbarico, di critica insensata e biecamente partigiana, di isolamento culturale e di chiusura mentale. E' questo che rappresentate e null'altro. Il vostro apporto alla società odierna è pari allo zero spaccato. Ormai sappiamo tutti che per quelli come voi, giudici impazziti della diversità, la rivoluzione è semplicemente la sostituzione di uno standard al quale adattarsi. Mi auguro vivamente che nessuno possa mai darvi retta, mi vergogno per voi e per chi vi conosce.

Alessandro R.
Caro R.,
ai tanti messaggi di adesione si sono aggiunti tre messaggi vivacemente discordanti, ma che sembrano essere in intelligenza tra loro per via di alcuni riferimenti all'autore.
Il suo merita una risposta, innanzitutto perché è firmato. Già, perché questa generazione, allineata e coperta, ama l'anonimato che, sarà d'accordo, tutto comporta meno che l'assunzione di responsabilità.
Il relativismo dei punti di vista - in questo caso, però, delle generazioni - non è una novità.
Sono stati addirittura i Sofisti, contemporanei di Socrate, a porre il problema.
Nel testo poi si fa riferimento ai "ragazzi con le magliette a strisce", i ragazzi che nel 1960 a Genova impedirono il congresso del MSI, vestiti con le magliette che andarono di moda proprio quell'anno.
Ogni generazione ha il diritto-dovere di interpretare il presente, "come può, come sa", con frizioni, lacerazioni e momentanee rotture con la generazione precedente. La quale, peraltro,
ha il diritto di marcare la differenza, di protestare, insomma di dialettizzarsi.
Fin qui, tutto bene. Poi una mattina, uno si sveglia e trova il poster che abbiamo riprodotto. L'unico elemento di continuità con la Resistenza è rappresentato dal camion "partigiano".
Tutto il resto risulta come una
inaccettabile e arrogante occupazione dell'immaginario, riconducibile alla devastazione culturale cui è stata sottoposta l'ultima generazione di venti-quarantenni.
Arrogante occupazione, benché inconsapevole, dal momento che questa vostra generazione, cresciuta nel pensiero unico, nel primato delle immagini, nel pervasivo e totalizzante mondo
mediatico non ha riferimenti "altri", non ha dubbi.
E così prende il camion e lo fa andare via - le foto dei camion della Resistenza ritraggono camion che arrivano -, verso un orizzonte nero e senza speranza.
Per lei è sufficiente che non vada verso il comunismo.
Lo carica di una "moltitudine" tratta dal mondo dei fumetti giapponesi. Non sto a ripetere i passaggi che, nel testo di Odradek, insistono sulla generale
estraniazione che il poster rappresenta, anche perché, se lei appartiene a quella generazione, se non li ha capiti prima non li capirebbe ora.
E allora? Tanti sono i paradossi apparenti in questo mondo, ma questa è una
contraddizione reale.
Non se ne esce. A un reale aumento, esponenziale, della complessità le "moltitudini" reagiscono con la semplificazione, si rassicurano falsificando il fatto storico togliendogli gli abiti del tempo (ma questo sarebbe il meno, anche se l'ignoranza è sempre un difetto), ma soprattutto non riescono a ricontestualizzare un conflitto storico, ad attualizzare la resistenza. Non riescono a indicare nulla di critico o di, magari ingenuamente, positivo: il camion va verso un orizzonte nero, e loro, stolidi e inespressivi, ridono.
A parte il fatto che, sugli stessi muri romani è comparso un manifesto intitolato "La squadra che vince" in risposta a "La squadra del cuore" dei fascisti. È la pura e semplice riproduzione di una fotografia che ritrae partigiani in formazione che sparano. Se l'immagina lei un consimile manifesto affidato alla matita di
quello che continuo pudicamente a chiamare con un nome inventato - come sono usi fare i giornalisti alle
prese con i protagonisti di episodi particolarmente scabrosi?
Si potrebbe lavorare ancora sull'ipertrofico primopiano, sulla prospettiva scelta, sugli scarni particolari, ma insomma, l'autore non è Cranach, e potrebbe anche offendersi per l'accanimento critico-estetico.
Nei tre messaggi critici pervenuti - tra i quali il suo è sicuramente il più civile - ricorre la critica dell'intolleranza. Vede, anche chi scrive è cresciuto a fumetti; ebbene, se poi gli è capitato di pervenire alla loro critica radicale, al riconoscimento dell'effimero acritico di cui sono portatori, della loro carica
omologante e decontestualizzante, allora risulta incongrua la riprovazione di cui dovesse essere fatto oggetto.
Perché chi scrive non è semplicemente portatore di una visione diversa, ma uno che ha faticato a vivere la sua generazione, ne ha trangugiato veleni ed elisir, per giungere a riconoscere una visione più complessa.
Il diverso sono io. Ma non perché appartengo alla generazione precedente. Per quelli della mia generazione non provo alcuna complicità.
Perché dovrei giustificare chi si rinserra in una bolla angusta? chi si dilata artificialmente la coscienza anziché potenziare l'intelligenza? chi si riconosce in un conflitto generazionale anziché in una contrapposizione culturale e politica?
A lettera dura ma civile, risposta civile e non particolarmente dura.
 
Se qualcuno avesse trovato troppo dura, o magari incomprensibile, la nostra risposta, è vivamente pregato di andarsi a leggere la Lettre à nos parents proprio in homepage, nella colonna di sinistra. I giovani francesi sono della medesima generazione di quelli italiani. Ma quale differenza!
Su Indymedia sono comparsi messaggi di insulti - oddìo, qualcuno ci difende - così abbiamo pensato di diramare questo comunicato.
Comunicato
Il manifesto della manifestazione per il 25 aprile a Roma è stato stampato in migliaia di copie e visto da centinaia di migliaia di persone.
Odradek, che è un soggetto politico collettivo, riproduce sul suo sito l’immagine del manifesto accompagnandola con una nota critica, molto critica, rivolta al proprio pubblico. Insomma, è come interloquire con uno che urla al megafono.
Sono giunti messaggi di apprezzamento e tre messaggi molto duri che rigettavano le critiche.
Sono stati riportati sul sito e, alla lettera che proponeva un ragionamento, pur tra durissimi apprezzamenti, si è risposto in maniera articolata, e tale risposta la si può trovare sul sito.
Ciò che ci ha colpito e allarmato è il tenore radicalmente anticomunista di questi messaggi.
Che un manifesto non piaccia, può certamente dispiacere al suo autore e ai suoi amici; che il significato del manifesto risulti come una forzatura, come un’occupazione indebita dell’immaginario può essere motivo di acceso dibattito culturale e politico. Perché le immagini non sono ornamento, e se sì, anche l’ornamento è portatore di ideologia.
Ma non ce la facciamo a discutere, alla pari, con anticomunisti. Queste sono frasi estrapolate dai tre messaggi:
- VOI siete il motivo per cui continuo a festeggiare il 25 aprile, ma non sarò mai comunista, né rosso, né sinistronzo come VOI
- purtroppo internet concede libertà anche ai poveracci come voi
- il mondo è andato benissimo avanti senza di voi
- resistenza e liberazione fuori dal comunismo...

Frasi nelle quali c’è un riferimento adolescenziale a una libertà senza limiti, e in cui il comunismo viene presentato come il limite più pericoloso. La libertà è internet, ma "purtroppo" il prezzo da pagare è l’accesso a chi non la pensa come te. Ma soprattutto, ciò che colpisce maggiormente è l’accettazione pacificata dello stato di cose esistente: il mondo è andato benissimo avanti e il 25 aprile è la liberazione dal comunismo.
C’è un limite tra cultura e sottocultura? Il movimento è un indifferenziato branco? I soggetti politici devono essere soggetti responsabili? Ci siamo posti queste domande nella prefazione alla seconda edizione a "Una sparatoria tranquilla" – la si può trovare su carmillaonline – e di questo vorremmo discutere.
E continueremo a discutere, magari di temi non appassionanti, come l’estetica e la semiotica, ma con soggetti responsabili e riconosciuti, preferibilmente con chi qualche libro lo legge e non con chi guarda le figure.
Odradek
Una replica
Il 2 maggio L. ci ha scritto una lettera pacata e quasi rattristata che tradiva, forse, antiche simpatie.

Avete fatto una cosa grave...si poteva anche dare un giudizio negativo su quel manifesto e su quello stile...un conto è un parere un'altro un' offesa...la lettera che avete scritto e pubblicato è veramente squallida, non è tesa ad aprire dibattito, solo ad offendere...offendere un percorso fatto da tante anime antifasciste, che fanno attività nelle scuole superiori parlando di resistenza e di liberazione, che stanno dentro i quartieri e progettano/resistendo, che con difficoltà hanno prodotto (insieme a tanti altri) un 25 aprile che non si vedeva da anni...questa modalità, fatta di insulti e frecciatine, da parte mia non vi è permessa...probabilmente il fatto che parte del movimento romano sia arrabiata con voi non vi importa, avete l'appoggio delle più alte sfere politiche del paese quelle che (oggi) aborrono conflitto e contestazione e che non vi dimenticheranno...è vero...quel camion simpatico e gioioso va e non viene...va perchè ha tanto da fare...chi si ferma è perduto...e voi siete sulla buona strada
L.
p.s. mi dichiaro ufficialmente comunista_underground, sempre che non vi offenda l'accostamento....
Pubblichiamo la nostra risposta per via di certi spunti teorici, che speriamo non passino inosservati.

Caro L.,
rispondiamo doverosamente a chi si firma. Anche per rimarcare che il problema vero è di chi
continua a dichiararsi comunista, più o meno
underground.
Sono anni che ci non capita di fare incontri col movimento romano. Noi editiamo libri, e loro non
leggono. Tutto qui.
Nel nostro comunicato apparso su Indymedia si rilevava un discrimine, quello sì, grave e su cui
si continua a glissare: un anticomunismo strisciante ed endemico che non fa fatica a manifestarsi.
La differenza che sta apparendo è la stessa che ha fatto sfilare il 1° maggio a Milano due
mondi che non tarderanno a confliggere.
Una differenza che "appare" come culturale e generazionale, ma che sta tutta dentro il salario.
Chi fa conflitto sul salario e le sue forme (dai giovani francesi, ai precari call center, ai lavoratori
Feltrinelli e Ricordi) finirà per individuare come proprio limite remoto chi chiede il salario garantito.
Senza farla troo della bagarre -, ha detto: "Sì, ma dove sta l'antifascismo?". Il tecnico della comunicazione, stabilito che il tema non è stato centrato, e appreso
ppo lunga (distribuzione primaria e distribuzione secondaria del plusvalore),
eccolo il punto vero: gli attori del conflitto, la quantità del contendere e le forme della contesa.
Quanto ci vorrà perché questa frattura risulti evidente?
Personalmente, poi, e sempre in questa prospettiva, non credo più ai percorsi di quartiere.
Temo che ben presto, tali percorsi, si arresteranno davanti al municipio di appartenenza.
Chi erano, gli Assalti frontali a cantare: "Vogliamo denaro, denaro..."?
Come è fin troppo chiaro, l'antifascismo non c'entra per nulla; nemmeno nel manifesto.
Presi da scrupolo, abbiamo convocato un professionista della comunicazione pubblicitaria. Gli abbiamo mostrato il manifesto che teniamo in evidenza in redazione. Ritenendo fosse da noi apprezzato - e ignar
il retroscena ci ha tenuto una dotta lezione sui manga (a casa abbiamo una bibliotechina di volumetti che i figli hanno sfogliato a man bassa) e soprattutto sulla tecnica dei fumetti giapponesi e sulla loro genesi.
Tranquillizzandoci.

Il tragico manifestarsi di una frattura non può essere aggirato con una illazione che non troviamo nemmeno offensiva, ma semplicemente incomprensibile. Quali sarebbero "le più alte sfere politiche del paese" che ci appoggerebbero? Basta ripeterlo, e diventa una leggenda metropolitana.
Se ci si riferisce alla terza carica della Repubblica, è possibile trovare - sul sito, nello Zibaldone - tre note molto recenti (messe lì, scanso equivoci, prima delle elezioni) su Bertinotti, di quelle che non ammettono interlocuzione.
Non viene in mente altro. Possiamo essere aiutati a capire?
Nella speranza di essere stati comprensibili, ringraziamo dell'attenzione.
Buona fortuna.
O.

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* Fascismo russo - La Russia sta attraversando un periodo difficile per diversi motivi. La spinta verso la democrazia ha perduto consistenza e i partiti politici, così come l’opinione pubblica, non riescono più a incidere sulle decisioni del governo. Questo, guidato con mano ferma da Putin, ha scelto un vicolo cieco che lo ha portato a un grave scollamento dalla società all’interno, chiudendo il paese in un isolamento internazionale senza precedenti dai tempi dell’invasione dell’Afganistan (quella sovietica). Con l’uscita di scena di Berlusconi, inoltre, Putin è rimasto senza l’unico amico fidato in Europa. Tutto ciò ha come grave conseguenza quella di aver esposto il paese ai devastanti effetti collaterali della globalizzazione. La Russia, infatti, è attualmente teatro di due fasi diverse della guerra civile globale. Una, piú nota, si sta svolgendo in Cecenia. L´altra, ancora in fase ascendente, si svolge nelle grandi cittá del paese, San Pietroburgo e Mosca innanzitutto, dove milizie armate neonaziste compiono omicidi a sfondo razziale e politico contro stranieri e russi antifascisti che lavorano nel campo della difesa dei diritti civili. L’ultimo omicidio, avvenuto in una stazione della metropolitana di Mosca, risale alla settimana scorsa, ma l’elenco è lungo, in particolare a San Pietroburgo, dove a cominciare dal 2003 sono decine i casi di violenza a sfondo razziale.
Il primo omicidio, una bambina di 6 anni uccisa durante l’aggressione di due donne con le quali attendeva un treno in una stazione periferica, è del 21 settembre 2003. Il 9 febbraio 2004, al grido "la Russia ai russi" è stata assalita una famiglia tagika di fronte a un noto negozio del centro. La figlia di 9 anni è morta in seguito a ferite da arma bianca. Il 13 ottobre è caduto lo studente vietnamina Vu-An-T’uan, colpito da 37 coltellate. Il 13 novembre 2005 di fronte alla stazione centrale di Pietroburgo è rimasto ucciso il militante antifascista e musicista rock Timur Kacharava, assalito da un gruppo di 12 neonazisti. Il 24 dicembre 2005 è stato freddato il camerunense Leon Kanchem e il 7 aprile 2006, infine, alle 5,30 del mattino, mentre tornava da una discoteca con un gruppo di amici è stato ucciso con un colpo di fucile alla gola Sall Samba Lampsar, attivista dell’organizzazione Africa Unita. Sul luogo del delitto gli agressori hanno lasciato l’arma con incisa una svastica.
"Memorial", una delle ONG maggiormente impegnate nella denuncia del neonazismo, asserisce che il fenomeno è in continuità con la storia recente russa e sovietica. Il terrore, che prima era prerogativa dello Stato, sarebbe passato nelle fila della società che combatte una guerra intestina finalizzata alla distruzione della convivenza civile.
Si tratta di una spiegazione che tende a ripetere lo stesso errore della politica putiniana, ossia isolare la Russia dal resto del mondo. Gli stessi neonazisti, del resto, si esprimono in forma diversa a proposito delle loro azioni. Essi non hanno mai rivendicato un omicidio, ma hanno pubblicato su Internet alcune "Istruzioni sul terrore da strada" a cura del Partito della libertà. In esse si legge quale deve essere l’armamento (asce, coltelli, martelli, una corda con cui immobilizzare la vittima al collo), dove colpire (stomaco, collo, gambe), in quanti agire (tre se contro uno, cinque contro due e sette contro tre), come cominciare (la sorpresa, ovviamente, è considerato il primo elemento per il buon esisto dell’aggressione). Vi si legge, però, anche che non si tratta propriamente di una "giostra cavalleresca" ma di una vera "guerra partigiana", e come tale va intesa, preparata e combattuta. Si consigliano, perciò, i partigiani neonazisti di non bere alcolici, non guardare la tv, se non i telegiornali, e di comportarsi in ogni occasione in modo da essere degni di appartenere alla razza dei bianchi.
Dopo l’uccisione di Lampsar un giornalista ha chiesto ai telespettatori di un noto talk show di rispondere alla seguente domanda: si è trattato di uno sparo "contro di me", o "per me", intendendo con la seconda risposta di essere d’accordo con l’omicidio. Il 13% dei telespettatori che hanno preso la linea ha risposto "per me". Si tratta di una percentuale altissima, che dovrebbe preoccupare seriamente le autorità, qualora fossero interessate a reprimere il fenomeno. Ieri, 23 aprile, giorno di pasqua per gli ortodossi, gli occhi di Putin, fermi e inespressivi come sempre, osservavano il vice ministro degli Interni riferire sulla situazione durante uno degli incontri settimanali organizzati per la stampa. Nessun commento, né da parte del presidente, né da parte dei giornalisti. Tanto per non smentire la natura nazionalistica dell’amministrazione, invece, dal 2004 è stata aggiunta una nuova festa al calendario in sostituzione della festa per la rivoluzione bolscevica: il 4 novembre, giorno della liberazione del Cremlino dall’occupazione polacca. Avvenuta nel 1612!!!
In Russia è ufficialmente aperto un nuovo fronte della guerra civile globale. Il processo di atomizzazione e controrivoluzione violenta della società operato dalla globalizzazione sta facendo tabula rasa di solidarietà, impegno sociale, complessità, lasciando ampi spazi agli estremismi neoliberali, rappresentanti in Russia dai partigiani neonazisti. L’aggressione imperialista dell’Iraq ha contribuito enormemente alla realizzazione di questo nuovo clima e la guerra infinita di Bush sta diventando uno dei prodotti vincenti dell’export statunitense, aquistando nuove forme a seconda dell’approdo. Emuli della politica americana, un po’ scomodi perché troppo spicci nei metodi, i neonazisti portano nelle strade della Russia la battaglia finale per la civiltà e la vittoria contro il diverso, il possibile potenziale terrorista, l’attivista per i diritti civili, l’essere pensante socialmente impegnato.
Un adesivo attaccato in diversi luoghi pubblici della città ritrae una donna nuda riversa in terra. La scritta dice che in Cecenia negli ultimi dieci anni una donna su tre è stata violentata e una su dieci uccisa. E San Pietroburgo, si chiede il volantino, tu pensi che sarà tranquillo per sempre?
MC, 15 aprile 2006

 

Avevamo scritto: Sul voto del 9 e 10 aprile
Bisogna dire che questa volta i “destra e sinistra per me pari sono” non si sono fatti vedere troppo in giro, quelli che invitano all’astensione sempre-e-comunque, gli indignati in spe, gli àpoti, i prezzoliniani che la sanno lunga, gli scettico-moralisti, i “Franza o Spagna, basta che se magna”, quelli della zona grigia che se ne stanno dietro le persiane… , o preferivano il mare alla montagna...
Tuttavia sono tanti, e a loro è rivolto l’appello di Giorgio Nebbia e Pier Paolo Poggio al quale diamo, pur non essendo fanatici "appellisti", la nostra adesione, convinti che la prospettiva di diventare l’Argentina o la Jugoslavia (o tutte e due) è più angosciosa di un voto, poniamo, alla Rosa nel grugno.
A caldo - sono 19:48 del 10 aprile -, la maggiore soddisfazione è che gli infiltrati della Rosa non sono arrivati al 3%, Bobo non si sa dove è finito, e i fascisti sono regrediti. Il resto, sono lacrime e sangue. Come promesso da Standard & Poors.
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Il Corriere della sera ha tirato una volata particolare in chiusura di campagna elettorale. Sergio Romano e Aldo Cazzullo hanno rilasciato negli ultimi giorni alcune pagine che meritano qualche parola. L´ambasciatore elencava in un fondo dedicato a Berlusconi i meriti e demeriti dell´ex presidente del consiglio. Tra i primi, quello di essere stato determinante alla polarizzazione dello spettro politico, l´uomo del bipolarismo. Effettivamente lo stadio attuale dello sviluppo capitalistico, il sistema geoeconomico globale, necessita di uno spettro politico che appaia il più razionale possibile. Dunque, il bipolarismo come un must del neoliberismo. Ma Berlusconi è un eversivo liberale, o un liberaleversivo, come sta dimostrando in queste ore. Dapprima ha violato le leggi e l´Italia con le sue televisioni, quindi l´ha spaccata con il suo ingresso in politica, poi violentata cambiando la costituzione, quella uscita dalla Resistenza. Ha realizzato quasi completamente il programma della loggia massonica P2, a cui era peraltro iscritto.
Aldo Cazzullo, da parte sua, commentando il raduno fascista di Roma a pochi giorni da voto, quello con i camion scoperti pieni di camicie nere, stigmatizzava la rozza adunata ma concludeva il suo articolo con un pensiero alla Resistenza. Ecco il passo: “Viene in mente una citazione meno magniloquente, la risposta del partigiano Johnny, eteronimo di Beppe Fenoglio, al fascista che gli chiede: "Che farete ragazzi dell' Italia?". "Una cosa alquanto piccola, ma del tutto seria". Sessant' anni dopo, si può riconoscere che l'obiettivo è completamente mancato”.
Ha tutta l´aria di essere, questo pensiero di Cazzullo, un deliberato, e alquanto gratuito attacco alla Resistenza. Se lo può permettere, mi chiedo, parlando di un´adunata fascista?
MC, 15 aprile 2006

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Commarismo, malattia senile del femminismo.
Ci giunge questo messaggio compiaciuto da un indirizzo mittente di partito di sinistra, frazione italiana della sinistra europea, sia pure da un coté esplicitamente femminile: "Sapete che di solito non giro mai nulla, ma questo è troppo bello! Cris".
La webmastera, ancorché moderatora – si suppone – aggiunge: "Copio la frase di Cristina, vale anche per me, è troppo bello davvero. Linda".
Da non credere. L’ho fatto leggere alle prime tre donne che ho potuto pregare di scorrerlo sopra le mie spalle: non l’hanno trovato per niente bello, sono fuggite inorridite. Su una notazione sono state unanimi: un testo così potrebbe averlo scritto solo la Mussolini. Lo stesso indirizzo mittente mi aveva invitato a una giornata di studio contro il patriarcato. Mi spiace di non essere andato; probabilmente avrei scoperto il commarato.
Il testo allegato è quello che si riporta.

MASTER PER UOMINI

L'importo dei corsi è da calcolare in base alle effettive necessità, si offrirà uno sconto per chi vorrà frequentare tutti i corsi. Obiettivo pedagogico: corso di formazione che permetta agli uomini di sviluppare quella parte del cervello di cui ignorano l'esistenza.

Programma: 4 moduli di cui uno obbligatorio.

Modulo 1: corso obbligatorio
1. imparare a vivere senza la mamma (2000 ore)
2. la mia donna NON è la mia mamma (350 ore)
3. capire che il calcio non è altro che uno sport (500 ore)

Modulo 2: vita a due
1. avere bambini senza diventare geloso (50 ore)
2. smettere di dire cretinate quando la mia donna riceve i suoi amici (500 ore)
3. vincere la sindrome del telecomando (550 ore)
4. non faccio pipì fuori dal water (100 ore + esercizi pratici con video)
5. comprendere che le scarpe non camminano mai da sole fino alla scarpiera (800 ore)
6. come arrivare fino al cesto dei panni sporchi senza perdersi (500ore)
7. come sopravvivere ad un raffreddore senza agonizzare

Modulo 3: tempo libero
1. stirare in due tappe una camicia in meno di due ore (esercizi
pratici)
2. digerire senza ruttare mentre lei lava i piatti (esercizi pratici)
Modulo 4 : Corso di cucina
Livello 1 (principianti): gli elettrodomestici:
ON acceso
OFF spento
Livello 2 (avanzato): la mia prima quick soup senza bruciare la pentola.
Esercizi pratici: far bollire l'acqua prima di aggiungere gli spaghetti.
TEMI DI APPROFONDIMENTO

A causa della complessità e difficoltà di comprensione dei temi trattati i corsi
avranno un massimo di 8 iscritti.

TEMA 1: Il ferro da stiro: dalla lavatrice all'armadio, questo processo
misterioso.

TEMA 2: I rischi di riempire il portacubetti di ghiaccio.
(dimostrazione con supporto di diapositive)

TEMA 3: Tu e l'elettricità: vantaggi economici del contattare un tecnico
competente per le riparazioni (anche le più elementari).

TEMA 4: Ultima scoperta scientifica: cucinare e buttare la spazzatura
NON provoca né impotenza ne tetraplegia (pratica in laboratorio).

TEMA 5: Perché non è reato regalarle fiori anche se sei già sposato con lei.

TEMA 6: Il rullo di carta igienica: "Nasce la carta igienica nel
portarullo?"
(Esposizioni sul tema della generazione spontanea)

TEMA 7: Come abbassare la tavoletta del bagno passo passo.
(Teleconferenza con l'università di Harvard)

TEMA 8: Perché non è necessario agitare le lenzuola dopo aver emesso gas intestinali.
(esercizi di riflessione in coppia)

TEMA 9: "Gli uomini che guidano possono chiedere informazioni ai passanti quando si perdono,
senza il rischio di sembrare impotenti?"
(Testimonianze)

TEMA 10: I detersivi: dosi, consumi, applicazioni pratiche per evitare danni irreparabili
alla casa.

TEMA 11: La lavatrice: questa grande sconosciuta.

TEMA 12: Differenze fondamentali tra il cesto della roba sporca e il suolo.
(esercizi in laboratori di musicoterapia)

TEMA 13: L'uomo nel posto del passeggero:
"E' geneticamente possibile non parlare o agitarsi convulsamente mentre lei parcheggia?"

TEMA 14: La tazza della colazione: lievita [leggi: lèvita] da sé fino al lavandino?
(Esercizi diretti da David Copperfield [che infatti non è un cuoco])

TEMA 15: Comunicazione extrasensoriale:
Esercizi mentali in modo che quando gli si dice che qualcosa è nel cassetto dell'armadio
non domandi: "in quale cassetto e di quale armadio?"


Invito a considerare l’elaborato come una proiezione al fine di risalire alla figura sociale – chiamiamola così – che l’ha ispirato. Non penseranno mica le signore di cavarsela dicendo che “era uno scherzo”.
Se lo scherzo è un momento della negatività, la negatività da cui risulta è particolarmente deteriore, ma soprattutto residuale e scarsamente significativa, se non in qualche piega della società. Basta andare al mercato o aggirarsi tra bagno e cucina per sapere che l’inadeguatezza è trasversale tra i sessi.


La prima notazione è che, ormai, la politica si fa sghignazzando, e ridono, ridono sperando che le loro risate seppelliscano qualcuno. Gli opinion maker più accreditati sono i fratelli Guzzanti – figli di Paolo –, tale Vargassola e cento altri di cui non so il nome. Ah, la Littizzetto so chi è, e le signore vi si ispirano, credo. Ogni canale televisivo ha la sua trasmissione di satira. E Pippo Franco sarà senatore. Orbene, la mia generazione aveva imboccato, magari controvoglia, la strada angusta e mortificante del politically correct, così che anche molti fascisti sono stati indotti a non ridere più in pubblico di ebrei, negri, pazzi e donne. Nemmeno la vicenda delle vignette su Maometto sembra aver insegnato qualcosa. Nella fattispecie, che dovrebbero fare gli uomini che dovessero leggere il testo sopra riportato? Ingegnarsi a compilarne uno corrispondente? Non è difficile immaginarsene uno, o cento.


La seconda è che la tragica incomponibilità dei generi che la lotta di classe ha disvelato – e che solo grazie ad essa può trovare un progressivo e storico superamento – in virtù dell’autonomizzazione dei generi così concepita e perseguita da Cris e Linda, degrada in macchiettismo, in giustapposizione di espèces, in bovarismo politico. Una piccola borghesia egemone e asfissiante, querula e petulante, compiaciuta della propria medietà, rassicurata da qualcuno sul fatto che le classi non esisterebbero più, si autopromuove a “classe generale” e dichiara la guerra tra i sessi. Non in mio nome.
Bachemaster, 1° aprile 2006.

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IL CAIMANO
Né dannoso, né utile alla campagna elettorale della sinistra, che è inesistente nel film appena uscito nelle sale italiane, “Il Caimano” è un film coraggioso, ma riuscito a metà. Una buona regia, infatti, non riesce a recuperare i tanti, troppi limiti che la pellicola presenta. Anzitutto, manca una vera storia. I protagonisti sono Silvio Orlando, produttore di film apprezzati negli anni settanta in Italia dai fascisti e riproposti con successo solo nella Polonia del post-comunismo, dove è giunto il peggio della cultura occidentale; Margherita Buy, sua moglie, per alcuni anni attrice in quegli stessi film, quindi tornata alla prima passione, la lirica. Una giovane regista, Jasmine Trinca, autrice della sceneggiatura del “Caimano”, il film su Berlusconi, che è lesbica e con una figlia concepita in Olanda, tutte notizie che nell’economia della pellicola non hanno alcuna utilità.
Quando si apre la scena, Orlando e Buy sono in crisi senza un motivo apparente. Poco dopo si separano, ma lo spettatore continua a restare all’oscuro del perché. I figli, di nove e sette anni, non sono sconvolti più di tanto dalla notizia, che non li cambia affatto. Si tratta forse dell’incomunicabilità di questa Italia berlusconiana? Siamo in piena sociologia, ma possibile che in un paese nel quale si fa tanto ciarlare, spesso inutilmente, non ci sia nulla da dire su una separazione? Ma, colpo di scena, è solo grazie alle conseguenze della separazione che Orlando riesce a trovare i soldi necessari alla produzione del film sull’uomo di Arcore. La separazione appare necessaria non in funzione della coppia (del primo film), ma di Berlusconi-Caimano (il film nel film); la separazione è il vero deus ex-machina. Geniale, sebbene molto forzato.
Berlusconi, dal canto suo, è il deus ex-machina di Orlando-produttore. Grazie alla sceneggiatura del “Caimano”, infatti, avviene la palingenesi del personaggio che, fallito nella vita e nel lavoro, diventa l’unico produttore, in Italia, che ha il coraggio di un lungometraggio sul presidente del consiglio.
Ma che pellicola è, “Il Caimano”-film nel film? Da una parte è la vera storia del nostro presidente del consiglio, fedelmente raccontata grazie alla lettura filologica del berlusconismo (citazioni tratte da suoi discorsi, interventi parlamentari, dichiarazioni di fronte ai giudici), dall’altra è l’ipotesi di un colpo di stato nel caso di una sua condanna da parte del Tribunale di Milano, l’unico oppositore vero del berlusconismo nel vuoto lasciato dalla sinistra in fuga.
La storia e la realtà si intrecciano con la fantasia, i fatti sono distorti da un’ipotesi e il film, che non è un documentario, non ascende pienamente alla categoria di cinema d’autore.
Eppure, pur non essendo un grande film, resterà una delle più importanti testimonianze dell’era che stiamo vivendo. Un’era nella quale l’opposizione, abbandonata sull’asfalto, è stata raccolta da un cineasta.
Il 10 aprile forse avremo un nuovo governo. Immeritatamente.
MC, Cosenza.

 

### MEMORANDUM

tratto da www.adolgiso.it

Conflitto d’interessi.
Ecco alcune leggi che lo hanno favorito sul piano giudiziario e lo hanno reso più ricco.
•Legge sulle rogatorie internazionali che le rende più complesse;
•Depenalizzazione del falso in bilancio nella disciplina dei mercati finanziari;
• Legge Cirami sul legittimo sospetto;
• Lodo Schifani sulla sospensione dei processi ad alte cariche dello Stato;
• Legge Frattini sul conflitto d’interessi;
• Legge ex Cirielli che accorcia i termini di prescrizione di molti reati;
•Inappellabilità delle sentenze di proscioglimento;
• Abolizione della tassa di successione e donazione per i grandi patrimoni;
• Scudo fiscale;
• Condono fiscale;
• Decreto spalma-debiti per le società sportive;
• Legge Gasparri di riforma del sistema radiotelevisivo nazionale;
• Decreto Salva Rete4;
• Norme sul digitale terrestre che finanziano la vendita di decoder.

Dati. Alcuni dati raffrontati fra il 2001 (anno della vittoria di Berlusconi) e l’anno 2005.
• Pil: 2001 = + 1,7%; nel 2005 = 0,0% (Fonte Istat)
• Produzione industriale: 2001 = - 0,6; nel 2005 = - 1,8 (Istat)
• Occupazione: 2001 = + 2%; nel 2005 = + 0,9% (Fonte Eurostat)
• Occupazione al sud: 2001 = + 2,3%; nel 2005 = - 0,3% (Eurostat)
• Competitività dell’Italia: 2001 = 32° posto; nel 2005 = 53° (Fonte Word Economic Forum)
• Saldo bilancia commerciale: 2001 = + 9.233 mln. _; nel 2005 = -1o368 mln _ ( Istat)
• Delitti denunciati: 2001 = 2.163.826; nel 2005 = 2.415.023 (Istat)

 

### Antiamericani? Perbacco, e perché mai?

 


Che cosa c’è dietro il rettangolo che abbiamo posto a nascondere il soggetto della foto, insomma la foto intera, lo si può trovare su www.carmillaonline.com, sito da cui l’abbiamo ripresa, e che a sua volta l'ha ripresa da Fucked Up, a cura di Gianluigi Ricuperati, postfazione di Marco Belpoliti, edizione BUR.


Proviamo a dirlo: il genere prossimo sono i cadaveri fotografati all’interno dei Lager, la differenza specifica è la partecipazione dei soldati dell’esercito degli Stati uniti, il loro coinvolgimento attivo. Nella foto si vede una testa mozzata che guarda, sì guarda, un arto con tanto di scarpa e calzino e un avambraccio disposto accanto, mentre una mano, distaccata anch’essa, indica non si sa cosa. Guarda, la testa, perché è costretta a guardare: una mano guantata di soldato la volge; oppure la sta disponendo opportunamente per costruire una originalissima natura morta, o still life come amano dire nella loro lingua.
Credevamo di aver raggiunto il fondo con il nazismo. L’orrore è appena cominciato. Più di ieri, meno di domani. Ma sì, un nazista potrebbe proporre ai consumatori una pubblicità comparativa mostrando congiuntamente una qualsiasi delle tante foto di cadaveri riprese in uno dei tanti Lager.
Da una parte, l’organizzazione dell’orrore, la banalità del male amministrato da incoscienti ed efficienti ragionieri, senza partecipazione. Dall’altra, giovani con alle spalle migliaia di ore di film nei quali il corpo umano non è altro che un insieme di pezzi pronti a distaccarsene per “dar vita” a composizioni sempre nuove, ancorché cromaticamente povere.
Se qualche embedded eccepisse che forse si tratta dei resti di qualche resistente che si è fatto saltare in aria, ebbene non coglierebbe, l’embedded, la mancanza di pietas, e comunque di rispetto e nel contempo la familiarità con l’assenza di limiti. Se questo è un uomo.

### I polli e Giordano Bruno
Il 17 febbraio scorso a Roma, sotto la statua di Giordano Bruno, la mattina
durante il mercato mentre una quindicina di persone deponevano fiori al
monumento, si e' avvicinata una intervistatrice della Rai, seguita da una telecamera,
con un microfono in una mano e un pollo di plastica molliccia nell'altra.
Voleva intervistare i presenti per sapere se mangiassero polli, ancora prima
di informarsi su chi fossero.
Mentre l'aiutante si informava su cosa significasse Gamadi [Gruppo Atei Materialisti Dialettici], il sottoscritto ha dichiarato che gli atei mangiano tutto
perché non hanno regole alimentari, un altro ha osservato che l'accostamento
del pollo arrosto con il rogo di Bruno era un ottimo scoop, e la presidente
dell'associazione ha dichiarato che non intendeva parlare con la Rai. Sono
fuggiti a gambe levate e non sono tornati piu'.

F.R., 2 marzo

 

### Secondo lanci di agenzia, pare che il pur insipido Boselli abbia dichiarato:

«Noi non ci siamo fatti promotori di una campagna
per togliere i crocifissi perché riteniamo che la questione debba prima
maturare nelle coscienze del Paese al fine di evitare che possa essere
fraintesa come una sorta di campagna a favore dell'ateismo di massa...
Mi ha fatto una certa impressione che l'onorevole Bertinotti, un libertario
che non si proclama liberale, abbia sostenuto che non va tolto il crocifisso
ma vanno aggiunti altri simboli religiosi… L'incongruenza di questa affermazione
dovrebbe apparire evidente. Innanzitutto, per quanti simboli si vogliano aggiungere non si riuscirà mai a soddisfare la totalità dei cittadini, considerando anche che
vi sono persone che non hanno alcun culto religioso. Al fondo di questa
presa di posizione, io rintraccio una vera e propria adesione ideologica
allo Stato pluriconfessionale, invece che allo Stato laico… Da ciò discende la conseguenza che per assicurare la libertà di insegnamento non bisognerebbe difendere la centralità della scuola pubblica ma – ed è un po' come quando si vorrebbero allineati tanti simboli religiosi – avere tante scuole di confessioni diverse».

 

### da il manifesto del 30 ottobre2005

L'orizzonte limitato del petrolio
Geologi contro economisti e ingegneri al convegno sulle priorità energetiche globali da sottoporre alle scelte dei "decisori politici". Ma il futuro è grigio
FRANCESCO PICCIONI
INVIATO A RIMINI
Dove diavolo andremo a finire, tutti noi? Il paradiso è fatto di business as usual, consumi crescenti, aumento della produzione di combustibili fossili ed emissione di gas serra in quantità devastanti. L'inferno, al contrario, ha il volto della carenza di energia, che si porta dietro la decrescita economica, la crisi, le guerre per il controllo delle riserve, la disoccupazione di massa e la fame. Punti di vista opposti, incompatibili, ma, al dunque, in qualche misura catastroficamente sovrapponibili. Che si sono trovati per la prima volta riuniti intorno allo stesso tavolo - in Italia, almeno - al convegno mondiale in corso a Rimini, promosso dal Centro Pio Manzù. Questa è la novità principale. Fin qui, infatti, nel dibattito italiano aveva vissuto una sola posizione: il petrolio non mancherà mai, o almeno non per i prossimi 40 anni. Quella opposta aveva trovato spazio solo in ristretti circoli scientifici e su pochi giornali (il manifesto, più recentemente Liberazione, qualche articolo sparso). Il tabù è stato rotto. Ora si può - si deve - prendere in seria considerazione l'ipotesi, calcolabile, che i combustibili fossili stiano arrivando molto vicini al "picco" della loro produzione. Che non significa "fine", ma solo "massimo della produzione possibile". Ed è la situazione che sembra in atto sui mercati petroliferi, dove -ormai da mesi - "la produzione non riesce più a tener dietro alla domanda". Facendo così salire il prezzo del greggio alle stelle.
Hermann Franssen, presidente dell'International Energy Associates, ex economista capo della Iea (Ocse), ha fatto da mediatore tra le previsioni opposte di Colin Campbell - geologo, per 40 anni al lavoro con Texaco, Bp, Amoco, Fina, ora responsabile dell'Association for the Study of the Peak Oil (Aspo) - e altri esperti di assoluto valore, come Marcello Colitti, per cui invece "è solo questione di prezzo e di investimenti". La posta in gioco è orientare le scelte dei "decisori politici": le immense risorse finanziarie che possono essere investite per soddisfare il crescente bisogno di energia, come vanno investite? Esponenti di entrambe le tendenze - a riprova del fatto che la divisione non corrisponde a quella politica fra destra e sinistra) hanno rispolverato l'opzione nucleare. Anche perché le "fonti rinnovabili" sono un po' da tutti considerate belle, ma ancora "troppo costose" e comunque "con un rendimento troppo basso" perché possano sostituire fossili o nucleare. Su tutta la discussione, però, pesa l'inconoscibilità del dato fondamentale: quanto petrolio è rimasto sottoterra? E in che proporzione è con la quantità che abbiamo già consumato? Paesi produttori e compagnie petrolifere, sul punto, custodiscono i dati come un segreto militare. Anche se ora, dice Campbell, alcune delle prime, cominciano a rilasciare "dati veri". Per niente allegri.
Ma non è stato affrontato solo l'aspetto" fisico". anche economia e finanza hanno avuto il loro palcoscenico, soprattutto in veste di imputati. In primo luogo, per il peso della "speculazione"; ma soprattutto per la noncuranza della teoria economica nei confronti dei "limiti" fisici di un pianeta che tutto è fuori che "infinito". Per un economista il gioco tra domanda e offerta si risolve sempre con la produzione "ottimale" di una merce, specie quando la domanda "tira". Per un fisico, o un geologo - e comunque nella realtà - la domanda può "tirare" quanto gli pare; se una fonte naturale "non riproducibile" finisce, non c'è nulla che possa rigenerarla.
Un vero capolavoro di critica dell'economia Usa - il baricentro di quella globale - è venuto inaspettatamente dal banchiere e ricercatore Chris Sanders, originario di Dallas. "C'è un'ampia esperienza sull'esaurimento del petrolio. Quando la produzione interna Usa ha raggiunto il suo picco, nel 1970, abbiamo avuto come reazione la fine degli accordi di Bretton Woods e del gold standard. Cioè la fine dello stato di diritto nella finanza internazionale". E' caduto allora "il ponte tra oro e dollaro", e "dai vincoli della trasparenza si è passati all'opacità", all'"arbitrio" giocato su "regole e regolucce aggiustabili a seconda delle necessità". In questo quadro sregolato, la "fine del petrolio a basso costo" viene vista come l'esito di una scommessa nel gioco d'azzardo: "è andata male, ora bisogna raddoppiare". E allora via con le "delocalizzazioni". Ma, si chiede Sanders e tutti noi con lui: se il prezzo del petrolio crescerà in modo inarrestabile, a che prezzo dovremo riportarci a casa le merci prodotte altrove? Ed è solo una delle tante variabili dell'equazione energetica che pesa sulle prospettive dell'economia globale.

COLITTI "Speculazione, non scarsità"
Il punto di vista di un dirigente storico di Eni e Agip
FR. PI.
Marcello Colitti ha i tratti del grande vecchio un po' alla Einstein: abbigliamento "fuori ordinanza", cappello a larghe tese, un papillon multicolore e un'innata comunicativa che lo rende immediatamente simpatico. Ha lavorato all'Eni dal 1956, è stato presidente dell'Enichem e vicepresidente dell'Agip. E' uno dei consulenti più ascoltati nel settore del petrolio. I recenti turbamenti del mercato, secondo lui, dipendono dal "ruolo centrale assunto dai mercati finanziari" anche nel settore energetico; organismi che sono solo "alla ricerca dell'utile immediato e che stanno prendendo il ruolo che prima era dello stato". Fino alla follia degli analisti che considerano "virtuose" le società che "con i profitti fatti ricomprano le proprie azioni per sostenerne i corsi, invece di procedere con nuovi investimenti produttivi". In tal modo, dice, "il denaro non va a salari e investimenti, ma al risparmio finanziario"; così "la produzione e la domanda ristagnano". Nei mercati "emergenti", ricorda, sono finiti "310 miliardi di dollari"; ma per "il 75% sono stati investiti in azioni". La speculazione finanziaria, insomma, ha gonfiato i corsi del mercato petrolifero, considerato "prima poco redditizio", creando il paradosso per cui le società che meno investono nella produzione accumulano ritorni e profitti altissimi. E' "una situazione che nessuno controlla più, nemmeno gli Usa". E fa degli esempi chiarissimi. "La British Petroleum ha nominato un amministratore delegato che viene dai telefoni. Non sa nulla di petrolio, è evidente, ma decisamente sa molto di mercati finanziari".
Tuttavia non vede problemi "fisici" sul mercato, né accetta l'idea che si stia in prossimità di un "picco" della produzione petrolifera. "E' solo questione di prezzo e di investimenti", perché "la produzione è vicina alla capacità massima", specie se si guarda "alla fase della raffinazione". Ma su questo versante numerosi altri mutamenti si sono verificati nel corso degli ultimi 30 anni. I paesi del Golfo prima "investivano all'estero" (chi ricorda i "petrodollari"?), mentre ora tendono a investire soprattutto nel proprio territorio. Un esempio, ancora, è l'Arabia Saudita, passata negli ultimi 30 anni da 7 a 22 milioni di abitanti; e che ha quadruplicato l'utilizzo in loco del petrolio (da mezzo a due milioni di barili al giorno, mbg) senza aumentare davvero la produzione totale (intorno ai 10 mbg).
Ma il problema, per Colitti, prima ancora che finanziario "è politico": "chi governa cosa?". Annuisce con forza quando Franssen ricorda che "se il barile resta intorno ai 70 dollari, il deficit Usa di parte corrente salirà presto a un trilione di dollari". Una cifra "insostenibile, perché gli Usa sono un acquirente sul lungo termine, e a lungo andare uno degli equilibri che tengono in piedi questa situazione verrà a cadere". Ancora più insostenibile è quel prezzo per i "paesi emergenti": come reagiranno quando vedranno che non possono più sperare di raggiungere, causa il prezzo dell'energia, il nostro standard di vita?
Ed è un problema politico anche stabilire con certezza "quanto petrolio c'è ancora". Per lui, infatti, esiste soltanto "la difficoltà di fare una mappatura precisa, perché i governi non accettano di far fare verifiche indipendenti sulle proprie riserve"; ma "non c'è un problema di scarsezza". E quando, su nostra domanda, si arriva a soppesare il valore delle "sabbie petrolifere", anche qui trova conferma alla sua tesi: "è una risorsa lenta, ma reale; estrarla è solo questione di prezzo". Ottimista irriducibile, Colitti prende in giro tutte le previsioni: "perché, lei sa quand'è che morirà?". Ma qui non stiamo parlando delle sorti di un individuo, ma di quantificare la dimensione di una risorsa fisica. Di limiti, insomma, relativamente indifferenti alla politica.

CAMPBELL "Il picco si sta verificando ora"
La produzione è ormai vicina al suo limite massimo
FR. PI.
Colin Campbell, geologo irlandese da sempre nel settore petrolifero, ha la pazienza di chi crede senza mediazione "nei fatti" ed è abituato da anni a veder sbeffeggiate le proprie previsioni dagli economisti e "dagli ingegneri petroliferi". Salvo poi prendersi grandi soddisfazioni, come quando un altro professore, nella sala del Teatro Novelli, si alza per ricordare che "nel 1996 lei disse che nel 2005 il prezzo del greggio sarebbe arrivato tra i 70 e i 100 dollari". Come sappiamo, è arrivato a 71 un mese fa. Non è l'unica, e ricorda quando, da giovane "esploratore" per conto della Bp, trovò una promettente area all'interno della Colombia; la compagnia preferì investire per cercare il greggio in zone più vicine al mare a ai porti, senza trovarne. 25 anni dopo, un'altra società scavò dove lui aveva detto, con grande successo. E' per questo che la mette giù dura: "i re ascolteranno adesso i navigatori (gli scienziati, ndr) o ancora i monaci (ingegneri ed economisti che `hanno fede' nell'inesauribilità a medio termine del petrolio, ndr)?". Così come quando, alla fine del Medioevo, si discuteva ancora se la terra fosse piatta o tonda.
Se la prende con gli economisti, incapaci a suo giudizio di accettare o concepire la "finitezza" delle risorse non riproducibili; cita Adelman, che avrebbe scritto "i minerali sono inesauribili". Nel tentativo di spiegare gli alti prezzi del greggio, per esempio, "il geologo dice che sono stati violati dei limiti fisici", mentre "l'economista dice una volta che mancano gli investimenti, un'altra che c'è la guerra, un'altra ancora che è colpa degli uragani". Riassume il tutto in un concetto: "è una diatriba tra dottori e guaritori. Da chi vi fareste curare?".
I suoi dati sono impietosi. Le "stime sulle riserve" fornite dai paesi produttori sono "gonfiate" a partire dalla metà degli anni '80, con improvvisi aumenti non corroborati da nessuna scoperta di nuovi giacimenti di grandi dimensioni. La "fede" nelle capacità taumaturgiche delle "nuove tecniche di estrazione" è immotivata, perché "tecniche più efficienti aumentano la produzione entro una certa quantità di tempo, e quindi esauriscono più velocemente i giacimenti". La "fede" in "altri 40 anni di petrolio" è dovuta a un calcolo elementare che le compagnie propongono al pubblico: dividono le "riserve stimate" (gonfiate) per il consumo annuo attuale. Un doppio errore, perché con la crescita economica aumentano anche i consumi di greggio; e perché nessun giacimento può mai essere sfruttato "fino all'ultima goccia". Buona parte rimane irrangiungibile, sotto terra. Invita a guardare ai tassi di scoperta di nuovi giacimenti: il "picco", qui, c'è stato alla fine degli anni '60; da allora se ne scopre sempre meno. Dall'inizio degli anni '80 la quantità dei consumi è superiore a quella delle scoperte.
E' il fondatore e coordinatore dell'Aspo, l'associazione che studia il "picco" della produzione petrolifera, e quindi è obbligato a rispondere alla domanda che un po' tutti gli fanno: "quando ci sarà il picco?". La risposta non piacerà a nessuno: "quest'anno". Come se ne esce, se ha ragione? "Si tratta di una condizione senza precedenti", perché "davanti al declino di una risorsa per la prima volta non ne abbiamo una migliore a disposizione". Per questo propone una serie di misure chiamate "Il protocollo di Rimini", secondo cui bisognerebbe tagliare le importazioni di greggio al tasso del 2,6% l'anno, convincere i produttori ad accettare verifiche scientifiche sulle proprie riserve, investire in altre fonti energetiche (anche lui cita il nucleare). Altrimenti "rischiamo di prendere anche noi posto nella serie delle specie fossili per eccesso di adattamento all'era del petrolio". Pure ironico, l'irlandese.

da il manifesto del 14 ottobre

Atenei in offerta speciale
Studenti contro il "tre più due", le tasse alte e una formazione ormai svilita FRANCESCO PICCIONI

Aria nuova, comunque sia. Arrivi tra questi nuovi studenti e molti degli schemi mentali che ti porti dietro risultano abbastanza fuori luogo. Non è il `68, tantomeno il `77, e pure la Pantera sembra un film d'altri tempi. Di prima mattina c'è chi dipinge striscioni all'ultimo minuto, discutendo in circolo cosa metterci sopra. Più in là un ricercatore precario ha portato una lavagna sulla scalinata del Rettorato e tiene lezione a una sessantina di ragazzi; un insieme molto variegato. Parla di struttura ed età media dei docenti (alta), trova l'applauso con una notazione che sembra banalmente giovanilista ("si capisce che a volte vi annoiate"). Poi butta lì le date in cui la metà dell'attuale corpo docente andrà in pensione (per il 2017) e svela il nocciolo segreto, il vero buco nero, della lunga riforma dell'università da Berlinguer-Zecchino a Moratti: "come si fa a sostituire un'intera classe docente?". Perché "qui si spezzerà la catena del sapere per una
generazione, ma l'effetto prodotto durerà per un numero imprecisato di generazioni". Semplice, vero, drammatico. Pensiero da far volare alto, non si sorride più tanto.
Altro giro, altra facoltà. Due ragazzi sull'ingresso, dreadlocks e "cannone" in mano, parlano nel megafono soprattutto delle tasse alte, della necessità di finanziare l'università, dei "ritmi assurdi tra lezioni ed esami". Parecchi ragazzi tirano dritto, qualcuno afferra il volantino. Altri si fermano, si conoscono già. Sulla scalinata di Geologia trovi ragazzi che vanno più lontano: "sì, i ritmi sono a volte pazzeschi, ma alla fine scopri che non hai imparato niente". Il discorso centra "lo svilimento della formazione", perché "col `3 + 2' ti può capitare di arrivare al diploma senza aver mai visto un libro, ma solo
dispense e appunti". Una critica studentesca del "sapere bignamesco", devo dire, non me l'aspettavo.
Fisica e Matematica hanno aperto la mobilitazione, raccontano. Lì la "dequalificazione" è stata notata prima. Sono passati anni dall'introduzione del "nuovo ordinamento", ma solo ora si è riusciti a capire che prometteva cose impossibili e "realizza soltanto un sapere precario". Un ragazzo è drastico: "Fisica non si può fare con la `formazione professionalizzante'". Ti chiedi se è un problema sentito solo nelle facoltà scientifiche, ma un ragazzo ti stoppa subito: "sono arrivato al quarto anno di filosofia e non ho ancora letto un libro di un filosofo; solo appunti, paragrafi, capitoletti o citazioni". Dà l'idea di un sapere che dovrebbe fissarsi nelle teste senza avere una struttura, un patchwork dall'esistenza breve. Ricercatori e professori entrano ed escono dai capannelli, alcuni sono guardati come "leader" naturali della protesta. E anche questa è una novità. Le divisioni nel nascente "movimento" non sembrano passare tra i ruoli all'interno dell'"industria della conoscenza", ma nel modo di
concepire l'"utilizzabilità" a breve e lungo termine della conoscenza. "In molte facoltà - rivela un ricercatore - si sta pensando di tornare al vecchio ordinamento". Anche perché, interrompe una studentessa, "i professori all'esame ti devono chiedere se sei col `vecchio' o col nuovo ordinamento; a seconda della risposta l'esame diventa approfondito oppure qualche domanda buttata là, come nei quiz". Un gruppo arriva al grido di "rompiamo tutto", si piazza dietro il camion col sound-system e quando parte la musica si mette a ballare. Altri gruppi si mettono più dietro, con striscioni anche diversi ("Nessuno difende l'università, la difendiamo noi"), c'è chi scuote la
testa. Anime differenti che vivono nello stesso luogo la stessa condizione. Uno della Digos, mezz'età, mentre con i fotografi siamo fermi a un incrocio, ci butta lì "ah, i cortei di una volta, tutta un'altra cosa...". Ci sono occhi che l'aria nuova, per ora, non riescono a vederla.

 

 

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Romanzo (davvero) criminale

Potrebbe avere ragione Lucarelli, che sul "Manifesto" di domenica 2 ottobre difende il film di Placido "Romanzo Criminale" dall'accusa di essere un attacco alla sinistra. Le polemiche, lo si sa, in Italia durano il tempo di un colpo di tosse, e questo è un male, almeno in certi casi. E nel film dura come un colpo di tosse la frase che non va giù alla sinistra, quella nota
biografica secondo la quale un ragioniere al servizio degli stragisti di Stato era stato nel movimento studentesco del 1968. Ma, accidenti, nel film c'è ben altro! Anzitutto un bel cartello come incipit che avverte lo spettatore: nella pellicola troverà fatti reali. Quindi, in modo cinematograficamente riuscito, l'intreccio della vicenda "criminale", con avvenimenti storici non solo, "criminali": il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, la strage di Bologna del 2 agosto 1980, l'attentato a Giovanni Paolo II, la caduta del muro di Berlino. Ed è con la vicenda Moro che ci troviamo di fronte a un attacco alla sinistra italiana; la sinistra rivoluzionaria, violenta, delle fughe in avanti, ma pur sempre sinistra.
Secondo "Romanzo Criminale", infatti, la banda della Magliana viene incaricata da un ufficio, (ovviamente non meglio identificato, probabilmente dello Stato, capite, è tutto sul "si dice", "sembra che", "il nome lo dia lo spettatore" ecc.) di trovare la prigione in cui le Br tengono il presidente della Democrazia Cristiana. Perché lo si chiede proprio a questi criminali?
Perché allora lo si chiese a tutti? Perché Moro, si seppe poi, stava alla Magliana? Non ci è dato di sapere. Comunque, non si sa come, questi trovano l'appartamento di via Montalcini, e lo comunicano al referente: "Il mobile che cercate sta dalle parti della Portuense". Senza ulteriori spiegazioni,
però, l'operazione di liberazione di Moro viene fermata. Accidenti, viene da pensare, lo Stato sapeva, la Banda della Magliana sapeva, e nessuno ha fatto nulla, anzi, lo hanno fatto morire. E le Br (la sinistra rivoluzionaria)?
Semplici manichini. Eppure, a rigor di logica (interna al film), qualcosa non torna; anzi, non torna nulla. Se, infatti, la banda della Magliana è incaricata di trovare la prigione, vuol dire che la stessa non è nota. Ne deriva che le Br agiscono da sole. Vengono, però, scoperte (incaute, neanche se ne accorgono), ma poi nessuno agisce. Lo spettatore capisce: volevano
Moro morto, dunque chi sa non lo libera. Ma se si voleva Moro morto (sempre secondo il film), perché rischiare di vederlo comparire di nuovo in Piazza del Gesù, liberato dai suoi sequestratori? Non era più sicuro fare irruzione
nella base-prigione e far cadere l'ostaggio, colpito per errore durante il conflitto a fuoco? Ma la logica non conta, in certi casi.
Per quanto riguarda Bologna, invece, sarò più breve: la ricostruzione del film scagiona i neofascisti a oggi condannati. E tanto basta.
MC, 3 ottobre, Roma.

Romanzieri criminali
Il cinema italiano ha da tempo perso i maestri dell’"impegno civile", quelli di "Mani sulla città" e "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto". Su piazza sono rimasti gli epigoni di quarta fila in cerca di successo. Gente incapace di fare un film guardabile a partire da una storia originale o da un’opera letteraria. Gente che perciò raccoglie storie dalla Storia per disporre, senza troppa fatica, di un canovaccio appetibile, già "noto alle cronache" e quindi ai potenziali spettatori.
La Storia, però, è un oggetto pesante, spigoloso e "puntuto", dai bordi taglienti. Difficilmente si lascia manipolare senza ferire qualcuno. Per gestirlo senza farsi male i "nostri" debbono avvolgerla in bozzoli confortevoli, in manicotti di bambagia, edulcorando il giusto e sacrificando sempre il "fatto" alla fantasia, il "vero" al "possibile".
La solita accoppiata diessina – Rulli e Petraglia – già si era distinta per alcuni feuilleton indigeribili sullo sfondo degli anni ’70 (La meglio gioventù, per esempio). Stavolta ha tagliato la dose scegliendo un oggetto che deve essere parso loro più "maneggevole". Una "bella" banda criminale, decisamente legata alla destra fascista e largamente disponibile a far manovalanza per conto dei servizi segreti. Il materiale era già stato filtrato da un addetto ai lavori al di sopra di ogni sospetto come il magistrato garantista (talvolta può non essere un ossimoro) Giancarlo De Cataldo, con un romanzo asciutto e teso come una cronaca dal vivo. Ma senza troppo "romanzare", come si suol dire.
Ma il diavolo della pochezza, se ce l’hai nella testa o nel dna, non ti lascia scampo. Potevano farne un film aderente al romanzo. Ma si sarebbero esposti agli attacchi del centrodestra, che con quel premier lì controlla pur sempre i canali determinanti per il successo o il fallimento di un film: il circuito delle sale, le televisioni e persino (per un periodo, in comproprietà) la distribuzione su dvd. E allora, devono essersi detti, mischiamo un po’ le carte, tiriamo in ballo un po’ di "sinistra" di quegli anni, tanto la minestra l’abbiamo già scaldata con i nostri colleghi (Giuseppe Ferrara, per dirne uno). Che problema c’è?
Il gioco sarebbe persino riuscito, se fossero stati più attenti nel dosaggio. Buttarci dentro le Br e Moro funziona sempre, il pubblico su questo è ormai mitridatizzato; ma... Ma la "cottura" è sfuggita al controllo. Un personaggio di fantasia di troppo (tale Carenza, mai esistito), per di più con un esibito curriculum di "appartenente al movimento studentesco" (non si sa se con la maiuscola o la minuscola), ha fatto saltare il tappo dei complimenti di prammatica e la coscienza di Roberto Silvestri (il manifesto). Non è questa la cosa più interessante, ma la reazione della coppia piovresca: "Carenza è un’unione tra due nostri personaggi, Zeta e Pigreco. E’ inventato, ma poteva esserci". "Poteva", dunque c’è. La Storia, in fondo, non è per costoro che un pretesto per raccontar storie, che è poi il loro – ben remunerato – lavoro.
Se cercate di incastrarli con il mancato rispetto del rigore storico-filologico vi risponderanno che loro sono degli "artisti", dei "creativi", che non debbono perciò rispettare la Storia reale.
Se, invece, ne criticate la sciatteria di scrittura cinematografica, la pallosità infinita dei loro micro-macro-complotti giallistici in cui anche il più fesso degli spettatori scopre "l’assassino" già alla prima inquadratura, vi risponderanno che il loro interesse non era fare un’opera "patinata", ma una "denuncia civile e morale".
Inafferrabili come anguille. Un modo comodo di far soldi senza faticare troppo, né sul piano storiografico né su quello cinematografico. Semplicemente geniale! Chi l’ha detto che il crimine non paga? Basta rielaborare fantasiosamente quelli veri, ed ecco un perfetto "romanziere criminale" lanciato verso il successo "bipartisan". Dubito che lo scomparso Elio Petri, oppure Ugo Pirro o Francesco Rosi, possano accettare di essere accomunati a così ambigua compagnia.
Casimiro, 4 ottobre

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*«VIVA FIDEL ! VIVA FIDEL !» I musicisti osannano Fidel: La Russa ferma il concerto da Milano Luca Telese Il Giornale, 25 settembre 2005
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=31045&START=0

La scena è di quelle che non si dimenticano: il gigante nero con la tromba, che poco dopo risulterà rispondere al nome di Ramon Martinez è lì, sul palco della festa tricolore, proprio sotto la fiamma del simbolone di An. Alza il suo strumento al cielo, avvicina la bocca al microfono e grida: "Vi-va Fidel! Vi-va Fidel!". Possibile? Castro osannato alla festa di An? Che si tratti di uno scherzo, o forse della scena di un film girato in piena città? No, tutto vero.
In una serata con due colpi di scena, il primo è quello del gigante nero; il secondo quello di Ignazio La Russa, che un minuto dopo il trombettista, afferra anche lui il microfono e, a sorpresa, dice.... No. Cosa fa La Russa ve lo diremo solo alla fine dell'articolo. Infatti, per raccontare le cose con ordine bisogna partire dall'inizio della serata e dall'equivoco che la segna. Gli uomini di An hanno invitato a parlare nella loro festa alcuni dissidenti cubani per un dibattito sulle libertà negate a Cuba. L'ospite principale è l'intellettuale Carlos Caballero, occhialini da miope, baffi e fisico minuto. A seguire - per restare in tema - è prevista una serata di musica cubana. Per l'occasione gli organizzatori sono riusciti a ottenere la presenza dei Sabor Tropical di Santiago de Cuba - trent'anni di storia e note - una delle migliori orchestre dell'isola caraibica. Solo che i musicisti non sanno nulla della festa in cui stanno per suonare, né del dibattito che precede la loro performance. Quando Caballero inizia a raccontare che Cuba vive sotto una dittatura, dietro il palco iniziano le prime concitate discussioni. Forse alcuni musicisti temono la presenza di qualche diplomatico dell'ambasciata, sicuramente molti di loro sono sinceramente fidelisti e lo vogliono dire. Discutono animatamente con il loro manager, decidono che suoneranno solo se potranno dissociarsi pubblicamente dalle parole dei dissidenti: "Noi siamo una orchestra con trenta anni di storia, facciamo musica - dice Martinez a nome degli altri al microfono - ma siamo anche patrioti, crediamo nelle conquiste della nostra rivoluzione. Suoneremo lo stesso, ma viva Fidel!". Tutti gli altri musicisti alzano i loro strumenti e gli fanno il coro: "Vi-va Fidel! Vi-va Fidel". La platea è gelata, e non sa cosa fare: difendere i dissidenti? Tacitare i musicisti? Come conciliare l'ospitalità e l'identità del partito? Mentre tutti si stanno facendo questa domanda, una figura piomba sotto il palco con
tempismo impareggiabile. È lui, La Russa. Prende il microfono e dice con tutto il fiato che ha in corpo: "Questa è casa nostra, e noi siamo persone corrette non possiamo nemmeno accettare che si esalti un dittatore! Allora vi ringraziamo, vi pagheremo lo stesso, ma non vogliamo sentirvi suonare, qui, stasera!". Boato della platea, facce scure dei musicisti che scendono
dal palco. Accorre un cordone di agenti, il responsabile delle forze dell'ordine teme incidenti (che non ci saranno). Civilmente divisi i due schieramenti si ritirano: i giovani di An a chiacchierare con gli antifidelisti, i musicisti e le loro famiglie con il manager, Lucio
Laganà: «Siamo dei musicisti, non dei mercenari - ripete Martinez - io sono iscritto al partito comunista cubano da trent'anni, non potevo tacere". Passata la rabbia e chiarito l'equivoco, in tempi di grandi contestazioni la soluzione della festa tricolore potrebbe diventare un piccolo modello: An non accetta il comizio dei suonatori, ma vuole pagare egualmente; gli oppositori anti-castristi riescono ad ottenere il massimo della visibilità; i suonatori castristi hanno difeso le proprie ragioni e anche loro non hanno accettato il compenso. Potrebbero rifarsi con il marketing involontario: vuoi vedere che ora li invitano a tutte le feste di Rifondazione e del Pdci? Sarebbe bello, se accadesse davvero, che si ricordassero di ringraziare La Russa.

Caro Bachemaster,
apprendo con piacere, dal sito dell'Odradek, la notizia relativa alle circostanze in cui, nei pressi di Alleanza Nazionale, si è diffuso il grido "Viva Fidel" e ne traggo il destro per una serena riflessione. Una volta tanto, bravi tutti, o quasi.
Infatti, bravo - dal punto di vista narratologico - è stato Luca Telese a centellinare l'evento creando attese, mantenendole vive e soddisfacendole al momento opportuno. Bravo - dal punto di vista ideologico - è stato La Russa. Finalmente qualcuno che fa la parte che deve fare, senza recitare battute altrui a fini di quieto vivere. Leggermente meno bravo, lo stesso La Russa, dal punto di vista strettamente grammaticale. Non le sarà sfuggito che ha detto: "Non possiamo accettare che si esalti un dittatore" e lì, ahimé, manca qualcosina che gli dobbiamo ascrivere a demerito. La frase corretta, infatti - ovviamente -, era: "Non possiamo PIU’ accettare che si esalti un dittatore".
Bravi - anche loro, dal punto di vista ideologico - i compagni cubani nel durante e, forse, nel dopo. Leggermente meno bravi nel prima: Alleanza Nazionale, d'accordo - storia del movimento operaio alla mano -, è un nome che può ingannare, ma, volendo, con un granello in più di acume avrebbero potuto evitare...
Un caro saluto
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Felice Accame, 3 ottobre 2005

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* Queer - Alla festa di Liberazione, lo stand dei Giovani comunisti si intitola: GC-QUEER.
"Queer" non è parola dell’inglese scolastico. Deve essere slang giovanile, ci siamo detti; una parola scelta per attirare i giovani. Mah!
A casa, sul dizionario Sansoni, abbiamo trovato per queer, i seguenti significati:
aggettivo: 1.bizzarro, strano; 2. eccentrico, stravagante; 3. sospetto, dubbio; 4. indisposto; 5. frocio.
sostantivo: 1. frocio, finocchio; 2. lesbica; 3. bisessuale; 4. transessuale.
verbo: rovinare, mandare all’aria.

Poi ci è tornato in mente il seguente dialogo da Full Metal Jacket (1987) di Stanley Kubrick:

Sgt - Where in the hell are you from?
Sldr - Sir, Texas, sir!
Sgt - Holy Dogshit, Texas!! Only steers and queers come from Texas, and
you don't much look like a steer to me, so that narrows it down!!

[libera traduzione]
Sergente - Da dove cazzo vieni?
Soldato - Dal Texas, Signore.
Sergente - Cazzo!! Solo tori e checche vengono dal Texas e tu non mi sembri
proprio un toro, quindi il cerchio si restringe!!

Se non si tratta del verbo, il cerchio si restringe.

CDB, 17 settembre 2005

 

>>Bacheca (pagina 3)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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