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*** A proposito dell'"attentato" di Tartaglia a Berlusconi, avevamo scritto, il 18 dicembre 2009: «Alta chirurgia o spessa cosmesi? O acqua e sapone? Profezia: non ci sarà mai un processo. Un misericordioso perdono renderà inutile la lettura in aula dei referti ospedalieri».

Il processo effettivamente non ci sarà perché il PM di Milano, Armando Spataro – ma non era una toga rossa? –, ha chiesto l'assoluzione perchè il fatto è stato commesso da "persona non imputabile per incapacità di intendere e volere al momento del fatto". Non sapremo mai se e come il proietto raggiunse l'augusto grugno. O., 2 giugno

*** Crollo - New York Times e Der Spiegel stanno chiedendo le dimissioni dell'attuale sommo pontefice. La Chiesa cattolica è al collasso. Il genere prossimo è la caduta del muro di Berlino. Ma la portata è di molto superiore. Non ce la fa, non ce la può fare a convivere con gli Stati moderni. Deve tornare ad essere la sètta che era. Il problema, con ogni evidenza, non è la pedofilìa, ma, come scrive lucidamente don Enzo Mazzi sul manifesto di sabato 26 marzo, il pervicace sottrarsi alla legge in virtù del secretum pontificium, imposto dall'allora cardinale Ratzinger ai religiosi di tutto il mondo nell'Epistola de delictis gravioribus (18 maggio 2001).
I libri che sicuramente abbiamo letto sono quelli che abbiamo pubblicato. Il cattolicesimo reale di Walter Peruzzi ci conforta in questo giudizio. Non sappiamo se don Mazzi possa davvero sperare in una rinascita del cristianesimo, fatto sta che una gerarchia infallibile che si rifugia nel segreto, in questi tempi, non può durare. Amen.
O., 26 marzo 2010

*** Classe dirigente
Un direttore di telegiornale viene convocato da un giudice che gli deve chiedere come abbia saputo di un’indagine su carte di credito riciclate di cui si sta occupando. Gli chiede anche se per caso abbia subito pressioni da qualche pubblico ufficiale su come deve dare le notizie, a chi dare ragione torto, chi censurare e chi mettere in prima pagina. Quello si preoccupa di affermare che «sono un professionista indipendente», in cuor suo pensando a come tener fuori il suo adorato premier da questi fangosi sospetti, e non fa troppo caso al fatto che il giudice, per potergli fare quelle domande, qualche cosa la deve sapere già. In qualche modo, il giudice lo stava mettendo a conoscenza del fatto che le sue chiacchierate per telefono non sono proprio un segreto di stato.
Siccome è un giudice che conosce le regole, prima di mandarlo via gli rammenta – a un giornalista professionista e per di più direttore dovrebbe essere superfluo – che la deposizione fa parte di un atto istruttorio, coperto da segreto fino alla consegna degli atti alle parti in causa e che, quindi, il giornalista «indipendente» non deve farne menzione con nessuno.
E il «Minzo» che fa? Ancora sul portone del tribunale prende il telefono in mano e chiama il Cavaliere (o un suo sanciopanza) per informarlo di tutto quello che il giudice gli ha chiesto. Mettendo ancor più nei guai il suo datore di poltrona.
Manco l’ultimo dei ladri sarebbe stato così imbranato.
Casimiro
, 16 marzo 2010

*** Napoleone versus Carlomagno ovvero Da Tartaglia a Carlomagno: quando un premier in crisi e ormai in mutande diventa una calamita per picchiatelli.
Viviamo tempi tragici scanditi con metro comico. Abbiamo un presidente del consiglio che si compra – pare – un letto di Napoleone, viene colpito da un Duomo maneggiato da un Capitan Tartaglia e maramaldeggia con un tale che si chiama nientepopodimeno che Carlomagno.
La vertigine può cogliere l'incauto che si avventuri in questo assurdo intreccio tra nomi altisonanti di epoche scomparse e misere cose del caravanserraglio presente.
Sta di fatto che, mercoledì 10 marzo, il premier Berlusconi sia uscito dai gangheri perché ruvidamente interrogato da tale Rocco Carlomagno, autoqualificatosi giornalista free lance. Insomma: uno che nessuno tiene a stipendio. Per sovrappiù, addirittura un ministro della difesa – al secolo Ignazio La Russa – si è lanciato sul malcapitato. Non si è capito bene se per fargli sentire il peso delle istituzioni democratiche, l'antico afrore dell'olio di ricino o – più modestamente – per acquisire punti agli occhi del Gran Capo.
Sta di fatto che l'innocuo Carlomagno del terzo millennio non è un giornalista, né un “contestatore”, né una figura di benché minimo rilievo. Nel giro delle redazioni giornalistiche romane è relativamente noto per l'assillo con cui accompagna improbabili proposte fondate sul nulla. Per la logorrea incontenibile priva di un centro comprensibile. Per l'abitudine a interloquire su cose che non lo riguardano, di cui non ha competenza alcuna, finché non viene allontanato. Con modi urbani, in genere, perché il personaggio è fastidioso – sì – ma evidentemente non in possesso delle facoltà di medio intelletto proprie di un giornalista, foss'anche professionista. L'unico suo divertimento personale, simile in questo ai Paolini o altri anonimi aspiranti all'inquadratura televisiva posteggiati spesso dietro questo o quell' "inviato sul campo", sta nell'alzarsi in conferenza stampa e fare domande “scomode” al protagonista della session.
Qualche mese fa fece lo stesso con Guglielmo Epifani, in piazza del Popolo, chiedendogli addirittura se non ritenesse giusto – per alleviare la povertà dei lavoratori – alienare buona parte del patrimonio immobiliare della Cgil. Ricevette una risposta sorridente e ironica (i balzani si vedono da lontano, se uno è minimamente lucido), e si acquietò sulla sedia, un po' frastornato.
Sta di fatto che questo ometto non fortunato, arrivato per evidente innocuità a sedersi tra i giornalisti davanti al premier (la cui “vigilanza armata”, tra una D'Addario e un Tartaglia, mostra ben più di una smagliatura), è diventato per avventura “hero, just for one day”.
Il problema, sia chiaro, non è lui. Il problema è un paese che ha per leader e ministro della difesa due uomini così fuori di testa da non vedere una minorità che tutti vedono. E che riescono a nobilitare la mattata di un dropout mettendo se stessi al di sotto di quel livello.
Che non siano capaci di presentare in tempo una lista perché dietro le quinte si stavano scannando su chi far fuori (tra quelli della propria banda), può essere quasi comprensibile. Che si faccia di un Carlomagno, nel 2010, il Cristo di un'opposizione demoniaca, sembra davvero eccessivo. Ma forse persino appropriato...

Casimiro, 10 marzo 2010

*** CUSTODI – Non è la prima volta che accade. E ogni volta che accade può esser l'ultima. Basterebbe che ci fossero  popoli in grado di ricordare. Ma anche questo non è più dato. La scuola non si occupa di memoria, al massimo di propaganda per conto del governo in carica (la propaganda è mutevole, quanto al contenuto, non alla forma). E l'informazione dipende dal denaro.
Già una volta abbiamo visto le forze della reazione attaccare apertamente la Costituzione. Anche quella volta, a difenderla, era rimasto un Custode. E nient'altro.
Allora cedette il passo, e si chiamava Hindemburg. Oggi si chiama Napolitano. Ma si è dimostrato della stessa pasta. Frolla.
casimiro, 6 marzo 2010

*** AUTOGOLPE Quello che non è riuscito al comandante Borghese nel 1970, ai generali e ammiragli della Rosa dei Venti in precedenza, ai tintinnatori di sciabole nel 1973, tutta gente rigorosamente munita almeno di una maglia della salute nera, è potuto accadere in una stupida notte di marzo del 2010 nelle stanze del colle più alto, grazie alla firma di un ex comunista, che nel 1956 aveva appoggiato i carri armati sovietici a Budapest, nel 1969 radiò dal Pci Pintor e la Rossanda, nel 1978 appoggiò la linea della non trattativa con i sequestratori di Aldo Moro e dopo la morte di Berlinguer contribuì al tramonto di quel partito dentro il quale aveva militato per circa mezzo secolo. Ora passerà alla storia come il becchino della democrazia. Anche lui vestito di nero, come gli altri, infine. MC, 6 marzo 2010

Eh, sì. Viene in mente che Oscar Luigi Scalfaro, magistrato e partigiano, nonché cattolico praticante e un po' beghino, non lo avrebbe mai fatto. O.

***Todos caballeros!  
Prima che si scateni l'Armageddon, è utile ricondurre i casi di Formigoni e Polverini alla crisi dei partiti e, in ultima istanza, alla crisi della Costituzione, che sui partiti poggia. Senza funzionari, burocrati quanto si vuole, il partito non esiste, come non esistono eserciti senza sottufficiali. Te lo do io il partito leggero... Però, continuano imperterriti ad usare le loro ridicole metafore belliche: militanti, battaglie, tattiche, strategia... senza sottufficiali.
Ne so qualcosa per essere stato iscritto per più di dieci anni al Partito della Rifondazione comunista - ne sono uscito accostando la porta, ho preso a camminare lentamente per non dare nell'occhio, poi con passo sempre più spedito, fino a correre a perdifiato. La gestione dell'infausto Bertinotti, puntando su travestiti, ragazzotti di periferia svelti ad allungare la mano, signore con uso di salotto, ha marcato un punto di non ritorno. Nei vecchi partiti, qualche bravo funzionario veniva promosso deputato, poi sono stati i deputati a sostituire i funzionari. Paolo Ferrero, per risparmiare, ha licenziato gli ultimi, tenendosi stretti i maneggioni a titolo personale, uomini politici in sedicesimo, amministratori di infime clientele. Il risultato è che nessuno conosce le procedure della democrazia, come si raccolgono le firme,... il regolamento.
Un conto è l'antipolitica, altro conto è constatare la fine della politica.
Angosciante torna alla memoria la battuta di Antonio Scannagatti (Totò) all'onorevole Cosimo Trombetta (Mario Castellani) - «Lei onorevole? Ma mi faccia il piacere, mi faccia!». In un'altra versione dello sketch, all'onorevole che propone: «Ma se non vi riesce di chiamarmi Trombetta... chiamatemi Onorevole...», Totò risponde: «Non posso... La mia coscienza... non me lo permette!».
Debbo confessare che non ho mai riso a questa battuta, riconoscendovi l'anima profonda della piccola borghesia eversiva e qualunquista. Ma ormai ci siamo. Il populismo ha tracimato. L'elettore vota sereno riconoscendosi negli osceni grugni che ammiccano dai manifesti in un rincorrersi di rispecchiamenti mutui, progressivi e inarrestabili. E i partiti, anziché selezionare e cooptare, aprono le cateratte e permettono le autocandidature. Come Alfredo Milioni, l'idealtipo di funzionario mancato, promosso a presidente di municipio e autopercepitosi come uomo politico.
Morale: Costituzione formale e costituzione materiale hanno finito di confliggere: non hanno più nulla in comune, nemmeno le minime regole per la presentazione delle liste elettorali.
O., 3 marzo 2010

Un illustre collaboratore ci fa notare:
Il tema è quello lì e l'analisi precisa. La rivalutazione di Totò, però, si è fermata a metà e la cosa non mi è piaciuta. Quando dice «la mia coscienza non me lo permette», non c'entra il qualunquismo. Totò non ce l'ha con l'istituzione parlamentare o con "gli onorevoli", anzi, ce l'ha solo con l'onorevole Trombetta. Prima gli dà del tu e gli dice «ma diamoci del tu, ... sono democratico, democrazia!». Ma quando Trombetta ha una posa alla Mussolini con le mani sui fianchi, Totò gli infila un braccio dentro. Non crede che sia onorevole, anzi all'inizio aveva paura che fosse un ladro. Infine, nella versione in bianco e nero, lo prende in giro perché secondo lui non lo fanno entrare alla Camera, dove ci sono i deputati "veri" e, quando vuole parlare, «il presidente prende il campanello e lo ferma». MC, 5 marzo 2010


Il discorso – su Totò – resta aperto, ma la precisazione sembra decisiva. Trattandosi dell'unico Principe che NON ci siamo meritato, pretende attenzione e rispetto.

*** CONTR'ORDINE - Massimo Gramellini, nel commentare i noti fatti che vertono intorno alla Protezione Civile Spa, osserva sulla "Stampa" del 13 febbraio che "un sistema in cui le persone che ricoprono ruoli di responsabilità dedicano le migliori energie alle relazioni invece che ai prodotti è superficiale e mediocre". Siamo d'accordo e comprendiamo che sul giornale del prodotto-Italia per eccellenza, l'auto, si possano prendere con decisione le distanze dai tanti furbetti che ormai sono usciti dal quartierino e dilagano per il paese. Ciò che, al contrario, non è accettabile è la conclusione: "superficiale e mediocre: due aggettivi che ben si adattano, purtroppo, alla civiltà dei consumi". Caro Gramellini, abbiamo da poco ricordato il ventennale della caduta del muro. Quella società, che non era dei consumi, era "sbagliata". Lo si è detto e scritto ovunque, e si era quasi tutti d'accordo. Per prendere le distanze dai corrotti in denaro e sesso, vogliamo bloccare la ripresa dei consumi? Che abbiamo combattuto a fare? MC, 14 febbraio

*** Gli avvenimenti di ROSARNO permettono finalmente una riflessione di massa sulla differenza tra SCHIAVI (non raffig.) E SERVI.

Magari a partire da questa provocazione di Ennio Abate. Anche se ormai l'attenzione si è spostata su Haiti.

foto la Repubblica

La carne da macello è la stessa, povera e negra, ma la produzione mediatica è statunitense. Su questo sito non abbiamo mosso un muscolo per Barack Obama, nonostante gli sdilinquimenti più sinistri. Per noi il presidente degli Stati uniti è sempre il portavoce di un comitato d'affari. La sua politica è preconcordata, sovradeterminata e viene da lontano. Specialmente se riguarda il continente americano, e in particolare Haiti. Cosa loro, a far tempo dai Duvalier e i Tonton Macoutes, passando per i due golpe contro Jean Bertrand Aristide. La qual cosa è ben rappresentata dalla foto che ritrae Obama tra Clinton e Bush jr, chiamati a raccogliere e coordinare gli aiuti, una volta estromesse l'Onu e la Francia. Poi è arrivata - per ribadire la continuità - Hillary Clinton, bolsa e trucida,  a chiedere il coprifuoco garantito dai Marines. Nessuno che abbia eccepito: coprifuoco? in un territorio in cui tutte le case sono crollate?! cdb-gennaio 2010

* * *

*** Ineffabili misirizzi della sinistra immortale Oggi Rossana Rossanda sul manifesto scrive un articolo contro il suo giornale perché rileva una qualche equidistanza nei confronti del vaudeville pugliese - in realtà l'equidistanza riproduce la spaccatura della redazione politica, 60% PD, 40% SeL. En passant, si dispiace che D'Alema non sia andato a fare il ministro degli esteri in Europa, perché solo così avrebbe allentato la presa sulla politica italiana: questo sì che è disprezzo per le istituzioni europee. Rossanda si guarda bene dal ricordare che Vendola - e il suo suggeritore Bertinotti - è il massimo responsabile dell'assenza di una sinistra in Parlamento. Un evento devastante, checché ne pensino gli estremisti in servizio permanente. E questo in virtù di sporchi traffici - con Mussi e non so chi altro - del suddetto Vendola finalizzati a fare da sponda al PD. Se ora i ladri di Pisa litigano a livello locale si vorrebbe che l'elettorato di sinistra, in Italia, prendesse partito. Tra Vendola e D'Alema.
Maddài. O., 6 gennaio

p.s. all'indomani della vittoria di Vendola alle primarie pugliesi, permangono alcune certezze. 1. l'ottusa ferocia di D'Alema non fa diventare un poeta, sia pure immaginifico - insomma uno che sceglie con cura gli aggettivi, considerando optional i sostantivi - un generale; 2. la Puglia - struttura produttiva, composizione di classe, rapporti tra i partiti - non rappresenta il resto del paese. E allora? O., 24 gennaio

***

La cura Tartaglia

foto Corriere della sera

Alta chirurgia o spessa cosmesi?

O acqua e sapone?

Profezia: non ci sarà mai un processo. Un misericordioso perdono renderà inutile la lettura in aula dei referti ospedalieri.

* * *

Intanto le ipotesi si sprecano. Dopo quelle di MC e FA, (vedi) ecco quella di Paola Z. A Pittsburg, fa il numero di Totò con Mina:

– Piacenza!

Secondo Paola Z., a qualcuno non è piaciuto.

*** La Bella Statuina Finalmente abbiamo il colpevole, l'istigatore d'odio, il mandante del folle gesto di Piazza Duomo. E chi si ferma agli anni Settanta sbaglia. La storia è molto più lunga. Nell'inverno del 1943 circa 80.000 italiani caddero prigioneri dei sovietici dopo la rottura del fronte a Stalingrado e l'inizio della ritirata dell'Asse dalla Russia. Di questi ne sopravvissero circa 10.000. Nell'Ottobre del 1943, nel tentativo di aprire con essi un dialogo, i vertici dell'Armata Rossa chiesero a Togliatti, già importantissimo dirigente del Comintern, di organizzare un giornale per i prigionieri di guerra italiani, sulla base di analoghe esperienze fatte con soldati di altre nazionalità. Il giornale fu organizzato e venne chiamato "l'Alba". Accanto a notizie dal fronte e dall'Italia, proprio per far sentire più vicini a casa quei soldati, Togliatti fece pubblicare le fotografie dei maggiori monumenti italiani e la prima fu proprio quella del Duomo di Milano. Da allora qualche comunista ha visto in esso non solo il simbolo di Milano, ma anche uno dei simboli, un po' ambigui certo, del comunismo. MC, 18 dicembre

Togliatti 1943? Di più: Tartaglia 1554!! Che nelle locali Questure e che nei Servizi vi siano state inadempienze e gravi superficialità che possono anche indurre a più gravi sospetti è evidente. Come minimo, nel piano di prevenzione, è stato omesso quanto segue. Nel 1554 – si noti la data, non l’altro ieri, nel 1554 – Niccolò Tartaglia (1499-1557) – si noti il cognome, nemmeno al dr. Watson sarebbe sfuggito – pubblicò Quesiti et inventioni diverse – si noti l’oggetto del saggio, “invenzioni”, c’è della tenacia nel modo in cui si ripete la storia. Orbene, se loro eccellenze fossero state morse dal sacro zelo che occorre per badare davvero alla Massima Dignità di chi volere o volare ci rappresenta, si sarebbero accorte che nel primo libro di detta opera si tratta “delli tiri & effetti delle artegliarie, secondo le sue varie elleuationi, & secondo la uaria position delle mire con altri suoi strani accidenti”.
Inutile dire che un buon piano di prevenzione avrebbe dovuto da ciò prender le mosse onde mettere chi di dovere nelle più opportune condizioni di non nuocere prima che abbia nuociuto.
FA, 20 dicembre

*** La Polonia e il comunismo - Il senato polacco ha approvato una legge che equipara i simboli del comunismo a quelli del nazismo e che prevede forti multe, sino a due anni di carcere, per detiene o acquista simboli comunisti. L’uso della falce e martello è permesso solo a scopi educativi, artistici e per collezionismo. La Polonia si affianca così alla Repubblica Ceca, dove è reato negare i crimini del comunismo. L’Europa sta morendo. La governano tanti uomini che recriminano sul passato, respingono le responsabilità e sono alla ricerca del nemico interno.
Vive, invece, l’America Latina. Dopo Lula, Chavez e Morales, ci regala la giornata più bella: José Alberto Mujica Cordano, detto El Pepe, 74 anni, ex guerrigliero Tupamaro, è stato eletto presidente dell’Uruguay; «Popolo – ha detto - dovresti essere tu qua sopra, e noi li sotto ad applaudirti». Lasciamo la Polonia ai polacchi. La storia non è finita.
MC, 1 dicembre 2009

*** quello 'stronzo' di Fini
Era rimasto il vero tabù, scatologicamente parlando. A "merda" aveva provveduto
il generale Cambronne - nemmeno Trapattoni aveva osato tanto, preferendo la sua traduzione maccheronica: Strunz. Chi usa più pène, o gònadi? Con tanti derivati in giro? Per non parlare di "vagina". Sdoganato lo stronzo - corsi e ricorsi storici: lo sdoganato, sdogana - sono saltati i tombini. Calderoli non aspettava altro: a Storace, Gasparri, La Rutta e er Pecora - da cui" pecoreccio" - si dischiude la coprolettica. La prossima pandemia sarà il turpiloquio generalizzato, e Cencio alla parolaccia diventerà una catena internazionale, proprio come Mac Donald. Il "laboratorio degli orrori" - l'Italia, s'intende - è sempre all'opera. Il privato è politico, anche per la terza carica dello Stato: solo che è diventato "parla come mangi". Ne ha fatta di strada il '68. Mavaffanculo!, verrebbe di concludere.
O., 22 novembre

*** Saviano, un colpo di Stato, nel suo piccolo

Roberto Saviano scrive una lettera aperta a Berlusconi e la Repubblica on line raccoglie le firme in suo sostegno. Il documento non è banale, come invece sono spesso gli scritti di Saviano; esso apre una nuova pagina in questo martoriato paese, perché riconosce implicitamente a Berlusconi la qualifica di primus super pares (per dirla come i sostenitori del Lodo Alfano) o di monarca, mentre Saviano è il suddito che lo prega di non esercitare il suo potere assoluto in tutta la sua potenza. Saviano, e con lui La Repubblica, sconvolgono i ruoli: scavalcano il presidente della Repubblica, al quale spetta la competenza di apporre la firma su un provvedimento di legge emanato dalle Camere e svuota le Camere della loro funzione legislativa. Il suo è un "colpo di Stato dell'opposizione contro se stessa", operato con argomentazioni vuote, tanto che lo stesso autore ammette: "Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica. Non è una questione ideologica".

Le lettere e gli appelli che i sudditi russi scrivevano allo zar provenivano da gente semplice, che non aveva studiato e che credeva nel monarca-piccolo padre buono, circondato da nobili serpenti. Un intellettuale difficilmente cadeva nell'equivoco. Preferiva la prigione, l'esilio interno o la fuga all'estero, da dove continuava a occuparsi del suo paese. Saviano, mai perseguitato dal potere e protetto dal nostro Stato con una scorta, con il suo appello suggella la stagione di antipolitica condotta da la Repubblica dall'aprile scorso. E lo fa nel modo peggiore: senza incidere, senza assumersi un rischio, senza un minimo di coscienza di classe, privo di qualsiasi senso civico. Si tratta solo di una quarantina di righe scritte in attesa dell'applauso. E niente più.

MC, 14 novembre 2009

Santo subito!
«Non mi stupisco più di niente» è un intercalare ormai vanamente propiziatorio. In realtà, lo stupore è n+1, più di ieri meno di domani. Veniamo a sapere che questo testo di MC ha suscitato scandalo tra i suoi colleghi, e qualcuno gli ha tolto il saluto. Intanto, la repubblica computa in duecentomila le adesioni alla lettera di Saviano [sono arrivate a oltre quattrocentomila]. Una firma, un logo, che viene dal nulla. Cinquecentomila furono le firme all'appello di tre stimati giuristi, in punto di diritto: ma l'ordine di grandezza è lo stesso della supplica di Saviano. La democrazia diretta si manifesta ormai nelle forme accelerate della rete: dalla democrazia cantonale a quella retale. Tutti a ignorare allegramente la Costituzione, tanto c'è Vespa, tanto c'è Santoro. Troppa partecipazione? Ora basta un click su Saviano, e la democrazia è salva.

O., 17 novembre 2009

***due pezzi facili Dal covo all'alcova

Il pubblico televisivo degli anni ’70 era abituato al volto e alle cronache di Giuseppe Marrazzo, giornalista del Tg2 (altra cosa rispetto ad ora…). Gran conoscitore delle storie di mafia e camorra, venne dirottato ad un certo punto alla cronaca antiterrorismo. Non era un “dietrologo” e ciò torna a suo onore. Era uno che sapeva distinguere tra cose che spesso vengono amalgamate alla rinfusa, con professionale malizia e intenzionale disordine. Ciò nondimeno, fu costretto a trattare “misteri”, citando docce rotte, tavolini tremanti agitati da spiriti, prigioni improbabili.
Il figlio, italianamente avviato alla stessa carriera e nella stessa azienda del padre, ha respirato l’aria non salubre di quei tempi, restandone forse “democraticamente” affascinato soprattutto dal lato misteriosofico, immaginando perversioni là dove fischiavano più prosaiche pallottole. Per questo forse, più ancora che per il sesso incerto delle sue attribuite frequentazioni, deve essere entrato tutto eccitato – ovviamente sotto il controllo degli amati carabinieri - in un portone della mitica via Gradoli.
Casimiro

Gli avvenimenti storici, diceva Hegel, si presentano sempre due volte; Marx, nel 18 Brumaio di Napoleone III aggiunse: la prima volta come tragedia e la seconda come farsa. Questa massima si attaglia perfettamente all'indirizzo di via Gradoli 96, dove nel 1978 dormiva Mario Moretti nei giorni del sequestro Moro e dove nel 2009 un ometto ex presentatore televisivo, passato poi alla Politica nella grande famiglia dei DS-PD, si incontrava con trans e veniva inconsapevolmente filmato. Dal covo all'alcova di via Gradoli.
MC

*** Tornando da piazza del Popolo...
Ma sì, la voglia di cachinno e sberleffo viene. E molti sono accorsi con cartelli con su slogan e vignette. L'osceno Priapo impotente, il presidente Pierino, l'Alvaro Vitali della scena politica ne dà occasione ogni giorno, soprattutto da qualche tempo, da quando il giocattolo s'è rotto. Ma l'enumerazione non è il concetto, e fare il contrappunto a un simile individuo risulta ormai deprimente, avvilente e frustrante. Per non parlare della circostanza, altrettanto ripugnante, di ritrovarsi in piazza con una simile opposizione, con quel Pd che si è ben guardato dal far cadere il governo, facendo disertare la votazione sullo scudo fiscale a un ben calcolato numero di suoi parlamentari. Questi: Ileana Argentin, Paola Binetti, Gino Bucchino, Angelo Capodicasa, Enzo Carra, Lucia Coldurelli, Stefano Esposito, Giuseppe Fioroni, Antonio Gaglioni, Dario Ginefra, Oriano Giovanelli, Gero Grassi, Antonio La Forgia, Marianna Madia, Margherita Mastromauro, Massimo Pompili, Fabio Porta, Giamomo Portas, Sergio D'Antoni, Linda Lanzillotta, Giovanna Melandri, Lapo Pistelli. Nell'Udc gli assenti erano Francesco Bosi, Amedeo Ciccanti, Giuseppe Drago, Mauro Libè, Michele Pisacane, Salvatore Ruggeri. Nell'Idv, Aurelio Misiti.

Giunge a proposito questa nota di Casimiro:

Lo sceriffo di Nottingham veste Prada
L'Italia è una paese meraviglioso. Governato da un vecchio piduista affetto da satiriasi, ma padrone di televisioni e quindi di carriere. Dove l'opposizione residua è affidata a sciamani ahinoi altrettanto televisivi. Con una novità: non si era mai visto che qualcuno trascinasse in piazza qualche migliaio di precari per garantire il rinnovo del contratto a un Santoro.
casimiro
, 3 ottobre

*** Epilogo annunciato Forse siamo giunti a una svolta, perché lo scandalo Noemi rischia di travolgere Berlusconi. “Repubblica” sta svolgendo un lavoro giornalisticamente perfetto e non molla la presa. Ma non possiamo essere contenti. Che la nostra politica sia malata è noto a tutti, e non da oggi. Ma non dobbiamo cadere nella tentazione di attribuire tutti i mali a un solo uomo. Se tra le candidature per le Europee ci sono le veline e come ministre delle amanti, a sinistra troviamo l’altra faccia della medaglia: alcuni candidati, come De Magistris, sono “le vittime” del sistema Berlusconi. In Italia oggi basta dare del puffo a Berlusconi o tirargli un treppiedi per ottenere notorietà, quindi diventare una vittima, poi un candidato e infine un deputato. Perché l’uomo di Arcore è davvero re Mida, e quello che tocca trasforma in oro, velina o toga rossa che sia. Fino a che dura.
Perché sento un sinistro tintinnio di monetine, che mi porta addirittura a rimpiangere quello delle spade. Si sta preparando la resa dell’invenduto e presto assisteremo a un nuovo Hotel Rafael, quando ci fu la prima uscita pubblica dei deleteri girotondini. Perché presto il mostro cadrà, e io andrò a soccorrerlo, porgendogli una mano. Per quella pietas che egli non ha mai dimostrato di avere, come nel caso di Eluana, ma anche perché diffido di chi prima l’ha usato, anche dai banchi dell’opposizione, e quindi lo rinnega. Vedremo allora l’affanno di quanti cercheranno una nuova collocazione in attesa di ricominciare con un nuovo padrone. Vedremo il sudore di quanti negheranno di avere mai partecipato ai baccanali sardi di fine anno, e i giornalisti ora a servizio plaudire a Veronica. Vedremo ad Anno Zero la sfilata dei vincitori con gli occhi lucidi, non tanto perché hanno sconfitto la Bestia, ma perché la ex minorenne responsabile di questa catastrofe può ora entrare in politica con tutti gli onori, lei, povera ingenua vittima di un sistema che tutti rinnegano ma dove tutti trovano il loro posto al sole, come in una soap senza fine. Ma, allora, conviene proprio che Berlusconi cada? No, ma è nelle cose.
Marco Clementi, 24 maggio

*** Siamo a un momento di svolta. Mi ricorda, per importanza, la crisi del 1924-1925 legata al delitto Matteotti, quando Mussolini rischiò di perdere per sempre il potere. Sappiamo com'è andata. Ebbene, Berlusconi non aveva mai affrontato una crisi come questa. Molti media stranieri lo accusano di essere un pericolo per la democrazia, la sua credibilità conosce un freno, qualcuno, specie se cattolico, si chiede se davvero sia pensabile lasciare educare i propri figli da uno così.
Qualche giorno fa pensavo che fosse l'inizio della fine. Lo può ancora essere, ma esiste una variabile, in Italia, che ora mi preoccupa. Sono gli italiani, anzi, più precisamente, gli elettori.
La formazione delle "libere opinioni individuali" è infatti gravemente compromessa sia dalla prevalenza, a questo fine, dei mezzi televisivi, sia dall'impoverimento inarrestabile degli strumenti critici, sia dalla pervasività delle relazioni clientelari e servili (o mafiose in senso lato).
Se Berlusconi supera il 40% dei voti alle prossime Europee supererà la crisi di volata e probabilmente gli si apriranno le porte della presidenza della Repubblica.
E sarà spietato con i suoi nemici, che proprio oggi ha elencato: magistrati, giornalisti e delinquenti. Tra questi ultimi, evidentemente, saremo in tanti. MC, 28 maggio

Io la mano al porco non la porgo ovvero Bastonare il cane che affoga

Non so se è nelle cose, ma lo sapremo presto. I giochi Usa-Russia si fanno in Germania sui gasdotti e sulla Opel. E non è detto che l'amico Putin non lo scarichi. La geopolitica è tutto, le minorenni niente. In effetti, sembra avviato verso Giulino di Mezzegra con il suo caravanserraglio di amanti che brandiscono siringhe di Caverject, con i fidi Fede, Bondi e Minchiolini "ultima raffica" e le borse colme di book fotografici di ville e veline. Ma nessuna pietà, ora come allora. Se in questo paese un grassatore e un corruttore può essere cacciato solo con metodi extraparlamentari, e grazie a una ben orchestrata campagna di stampa con l'aiuto di consorterie internazionali, il giudizio più benevolo rimane quello della moglie: un malato bisognoso di cure. Il cittadino non può far altro che mettersi a calcolare i danni. Il danno maggiore è quello causato a livello internazionale, pagato da ciascun contribuente-consumatore: che il Tragico Pagliaccio sia diventato la barzelletta di mezzo mondo e dell'intero mondo diplomatico non è che sia stato senza conseguenze nella valutazione delle istanze e nella spartizione delle risorse. Che il Priapo Impotente abbia piazzato tre ben note ministresse nel Governo, chissenefrega del Turismo alla Brambilla e delle Pari opportunità alla Carfagna, ma scuola, università e ricerca alla Gelmini non si potranno più riprendere. L'Anatra Zoppa ha poi intrigato l'Opposizione, i cui strateghi per troppo tempo hanno pensato di tenerlo in pugno. Il Presidente Operaio infine è andato a farsi osannare dal parterre di Confindustria per le sue battute populiste e cesariste. Nessuna pietà a chi ci lascia questa opposizione, questo padronato, questa scuola e questa stampa. O.

### Iniezioni di ottimismo
Dice il Tragico Pagliaccio: «la crisi è una questione psicologica». E tutti a ridere, o peggio a indignarsi. Sbagliando. La crisi è una questione psicologica. C'è stata una carestia? La siccità? Un terremoto che ha scosso l'intero globo? No. Tralasciando le cause della crisi, sulle quali si discuterà a lungo, non c'è alcun dubbio che se da domani tutto il mondo riprendesse a spendere come nel 2006, la ripresa inizierebbe dopodomani. Dunque, cosa trattiene questo miliardo di imbecilli dal fare le file nei negozi pagando anche a rate merci di cui non hanno bisogno? Ovviamente la psicologia. Forse è stata una modifica del tasso di sconto soggettivo dell'utilità futura – quanto preferisco una gallina domani a un'uovo oggi? È presto per dirlo, ma di fatto il TP ha ragione: è tutta una questione psicologica. Il problema è che lo dice come se non fosse una cosa grave. Avete mai provato a dire «sù, esci un pò e goditi la vita» a un depresso, oppure «no, non c'è nessun ragno gigante nel frigorifero» a uno schizofrenico? Sorge il dubbio che il TP confonda lo stato mentale delle masse con lo stato della sua esuberanza artificialmente indotta.
brambilla, 17 maggio

### Problemi politici
Ero nello spogliatoio della palestra, tra italiani (maschi) assolutamente nella media. Bla-bla su calcio, carriera e donne.
Mi distraggo quanto basta per fare la doccia e rivestirmi senza interloquire (come fai a destrutturare un "senso comune" in poche battute frettolose?).
Poi sento uno insinuare un po' di ammirazione per il Priapo Impotente, Berlusconi, che una ne dice e cento (donne, ovviamente) se ne fa. Mi scappa, non faccio apposta. Senza alzarmi, gli chiedo: "Ma se un vecchio di sett
antatré anni avvicinasse tua figlia diciassettenne, tu che fai? Lo mandi affanculo o a palazzo Chigi?".
Ho una certa età e il gelo non lo sopporto più tanto. Sono uscito che ancora aspettavo una risposta. Gli altri (maschi e padri) ruggivano dentro. La voglia di sciupar bambine, per incanto, era scomparsa.
Datevi da fare, gente. Tornate a parlare in pubblico. Si può fare qualcosa di meglio di Veltroni. Casimiro, 12 maggio

### respingimenti e appiattimenti Il voto degli operai non è altro che una piccola parte di quella grande sconfitta storica patita dalla sinistra italiana in questi anni. Le radici sono lontane nel tempo, ma quello che si dovrebbe sottolineare è l’uso della terminologia politica, che mai come in questi mesi si deve solo ed esclusivamente alla destra. “Respingimenti” è l’ultima di una serie di espressioni e locuzioni che sono entrate nel gergo non solo degli italiani, ma dei politici dell’opposizione, i quali evidentemente non sono più in grado di contrapporne di proprie. Non farò l’elenco delle locuzioni, "mi si consenta". Tutti le conosciamo, "meno male che la televisione c'è". Mi interessa, invece, notare che l’opposizione non può contrapporre una propria determinazione della realtà, perché un neologismo non si inventa a tavolino, ma è l’espressione finale di un predominio culturale, di una egemonia che in questo momento è della destra. Sono miseramente falliti i think tank dei vari Veltroni, D’Alema, Rutelli ecc., i “rosso”, i “red” e altri esperimenti similari. Non è certo “Repubblica” a resistere al degrado e ormai non passa giorno che non ci sia un fondo su Berlusconi. Il quale è riuscito a monopolizzare tutta l'informazione, controllata e non, in campagna elettorale. Nel bene, come nel male, il popolo si dividerà tra berlusconiani e veronichiani, tra Arcore e Macherio. A questo proposito, la polemica di Di Pietro sul ruolo degli intellettuali italiani è curiosa nei termini in cui è stata posta, ma inquadra il problema, e la risposta, per esempio, di una come Rina Gagliardi, che si autodefinisce “intellettuale comunista”, fa sorridere di tristezza: “Di Pietro non ha alcuna autorità culturale per giudicare gli intellettuali di questo Paese”. La solita risposta di chi guarda il dito e non la luna. La Gagliardi, che ha frequentato le redazioni di tutti i giornali di sinistra, dal Manifesto fino a Liberazione, ora scrive su un giornale nato per morire presto, già dal nome, “l’Altro”. Fondato da sansonetti, che evidentemente se non fa il direttore si sente poco bene, sembra la sintesi di un triangolo amoroso.
Ebbene, per restare ai quotidiani di sinistra, l’unico esempio vero di ricerca seria di una "nuova" via è quella che ci offre ogni mattina “il Riformista”, giornale influente e che fa opinione, sebbene sia letto da ottomila persone. “Il Riformista” è la sinistra berlusconiana. Sostiene ormai da tempo i provvedimenti di questo governo, ma da sinistra, con dei distinguo; ce li spiega, ce li rende commestibili, usando il lessico della destra che ineluttabile ci penetra di nuovo. È un piano realizzato, un progetto molto avanzato, che viaggia spedito sull’olio, e senza alcun respingimento all’orizzonte.
Marco Clementi, 15 maggio

### Gli equiparatori, una ne fanno e cento ne pensano.
Il 9 maggio è il giorno della memoria delle vittime del terrorismo in Italia. Di tutte le vittime, senza distinzione di matrice, tipologia di attentato, obiettivo. Per l'occasione, la vedova Pinelli è stata invitata al Quirinale, dove ha incontrato la vedova Calabresi e la vedova Tobagi ("il giornalista ucciso dalle Br", secondo Il Sole24ore).
L'iperbole è complessa, ma va analizzata e spiegata. Da tempo, ormai, il calendario italiano si è riempito di giorni della memoria e da tempo si cerca di far passare tacitamente che la memoria e la storia siano coincidenti, anzi, che la memoria abbia maggiore dignità della storia. Forse perché la memoria appartiene alle vittime, mentre la storia ai vincitori. In realtà non è così. La memoria appartiene alla sfera privata, mentre la storia è pubblica. La memoria non si può verificare, mentre la storia attende il riscontro di altri studiosi. La memoria non sostituisce la storia, né si affianca ad essa, ma le offre delle fonti, tutte da verificare. Non vale di più della firma di un ambasciatore sotto a una nota scritta per il suo ministero. Solo in un contesto di memoria può avere luogo un incontro tra la vedova Pinelli e la vedova Calabresi. Perché nella memoria si perdono i ruoli e Pinelli e Calabresi sono visti semplicemente come vittime. Nella storia, però, è ben chiaro che Pinelli è stato ucciso alla Questura di Milano e che solo dopo alcuni anni da quella morte qualcuno ha sparato a Calabresi. Non sono due vittime sullo stesso piano. L'assassinio di Pinelli è stato perpetrato all'interno di una struttura dello Stato nel corso di un'indagine surreale sulla prima strage di Stato fatta in Italia. Pinelli è un martire della libertà e una vittima di quella strage. Calabresi è, per l'appunto, un servitore di quello Stato e non è morto per la nostra libertà. Il suo assassinio rientra in un contesto diverso e qualcuno che potrebbe spiegarcelo non vuole farlo. Nella storia, due vedove non si incontrano e, per la storia, non sono state le Br ad uccidere Tobagi.
Marco Clementi, 11 maggio

### Attricette e puttanieri

I giornalisti e la famiglia Berlusconi

La stupidità e una evidente dose di malafede hanno reso una bega di famiglia un nuovo caso nazionale. Il risultato di tutto questo è che per un'altra interminabile giornata l'Italia non ha parlato di altro, se non di Berlusconi e consorte. Ora credo che sia giunto il momento di dire chiaramente alcune cose a questa specie di oche starnazzanti che osano ancora farsi chiamare opposizione. Le dico in ordine sparso, ma cercando di dare una certa gerarchia alle stesse. Un regime esiste non perché una persona lo crea, ma perché il popolo gliene dà la possibilità. Fare di ogni problema personale di qualcuno un caso nazionale significa contribuire in maniera determinante a creare le condizioni per un regime, che sia culturale, politico, mediatico o tutto questo insieme.
In una democrazia ogni partito è libero di candidare chi si ritiene opportuno. Criticare le candidature di un partito sulla stampa per giorni e giorni o, addirittura, dalle segreterie di altri partiti è qualcosa di abberrante, fuorviante, malfatto. In democrazia ognuno, per giunta, è libero di votare chi vuole. Se viene eletta una velina non vedo il problema in termini generali.

In una democrazia seria, i partiti di opposizione si sarebbero voltati dall'altra parte, stufi e schifati da un tale modo di incedere, da un tale approccio da tabloid alla questione e non avrebbero neanche commentato, per misura, continenza e rispetto della Res Pubblica.

Questi leader, questi "giornalisti", questa sinistra salottiera e impasticcata di se stessa, tutti costoro presi insieme non solo non vinceranno mai, ma porteranno il paese verso lo sfascio, molto più di quanto non stia facendo l'attuale governo.

Sono loro i primi, veri e forse unici nemici della nostra democrazia.

MC

Gli intellettuali e Alvaro Vitali

Mi affianco a un intervento decisamente distaccato, lunare, british addirittura, con la reazione viscerale di chi, avendo smesso da tempo l'esercizio dell'indignazione, non riesce tuttavia a perdere di vista l'escrescenza, la neoformazione rappresentata dall'Osceno di Arcore, dal Tragico Pagliaccio, dal Re Buffone che non si appaga a nominare senatore un cavallo - pur sempre una elegante operazione simbolica - ma fa eleggere deputati i suoi legali e i suoi commercialisti, il suo medico personale e - la notizia è di oggi - la propria massaggiatrice, nonché nominare ministre ragazzotte svelte di lingua.

Più di ieri meno di domani, in un crescendo irresistibile, il capocomico ha sostituito la legge dello spettacolo allo spettacolo della legge. Fellini lo avrebbe fatto interpretare da Alvaro Vitali.

Resta il fatto che non di bega di famiglia si tratta, ma della ricaduta, di un effetto collaterale, del collasso costituzionale in atto.

Ed è significativa la circostanza per la quale non si riesce a mettere a fuoco l'oggetto, che non si riesca ad usare le stesse categorie, che non si riesca ad avere lo stesso atteggiamento, oscillando tra il distacco unilaterale e la partecipazione becera nei confronti di ... questo luridissimo porco.

CDB

 

Un nostro stimatissimo autore ci scrive per dirsi d'accordo con CDB, e in fiero disaccordo con MC quando individua in «questi leader, questi "giornalisti", questa sinistra salottiera e impasticcata di se stessa... i primi, veri e forse unici nemici della nostra democrazia». Si dà il caso però che CDB è critico solo in parte con l'intervento di MC, e comunque più per il tono che per la sostanza. E allora?
Partiamo dalla fine. Tal Franceschini – pur sapendo che il Pd è in caduta di consensi e sul punto di spaccarsi, e che anche per questo non beneficerà mai del premio di maggioranza – invita a votare Sì ai referendum voluti da Mariotto Segni (ne vogliamo parlare?), proprio come fa Berlusconi che invece accetta graziosamente l'insperato dono. Confermo quello che ho scritto, rilevando che, al punto in cui siamo, è molto difficile individuare un comportamento politico razionale da parte degli elettori e dei cittadini. Finché questi non si convinceranno che è il pci-pds-ds-pd – in combutta con il gruppo repubblica-l'Espresso – il massimo responsabile del quindicennio berlusconiano, soprattutto per le leggi non fatte quando potevano essere fatte: conflitto d'interessi e regolamentazione delle frequenze televisive; e ora per quelle elettorali che faranno. Il problema sono gli strateghi che hanno fatto cadere Prodi, puntando tutto su Veltroni e il pd. La mia viscerale avversione per Berlusconi non mi acceca a tal punto da farmi dimenticare i veri responsabili della sua, quella sì, resistibile ascesa. Ne riparleremo quando sarà riuscito a farsi eleggere presidente della Repubblica.
Sono d'accordo con Curzio Bettio che così conclude le sue "considerazioni sui prossimi referendum" [che abbiamo integralmente riprodotto nel blog] contro gli strateghi di cui sopra – D'Alema in particolare: «Ancora confidano di ribaltare la frittata e di godere loro dei “premi di maggioranza”: e intanto diventano partecipi del suicidio dell’assemblea rappresentativa del Parlamento Italiano, aprendo irreversibilmente le porte ad un regime di oligarchi autoritari».
CDB, 2 maggio

post scriptum – Insisto: non si tratta di una bega famigliare ma del monstrum rappresentato da un partito personale: circostanza che deve essere ricondotta alla mancata regolamentazione dei partiti e dei sindacati a partire dalla Costituzione. Se non si legifera sulla base dei rapporti di forza, e nello spirito del patto costituzionale – per es., l'art. 39 – poi arriva un Sacconi qualsiasi e fa strame dei diritti acquisiti ma non regolamentati. Analogamente, furbizia e incuria hanno permesso i partiti-fai-da-te – come quello di Di Pietro, peraltro – nei quali la conduzione è legata alla proprietà. Nell'art. 49 si parla fugacemente di "partiti", non meglio definiti. Il problema non sono i "partiti della bistecca" o "delle casalinghe disperate", ma le regole democratiche del loro funzionamento.
Ecco perché, se il leader può far eleggere chi vuole, e la moglie del leader eccepisce, non si tratta di una bega coniugale ma, appunto, di un collasso costituzionale. O no?
CDB, 4 maggio

*** In questo paese ci si spacca su tutto, mai prendendo in considerazione le alternative che invece la complessità non cessa di offrire. Anche Scalfari si domandava: È figlia o amante? E se fosse tutte e due?

 

### Antigone, un mito infranto

Quando un mito s'infrange – "un archetipo, una forma originaria, un'esperienza universale" – una costrizione millenaria viene meno e i componenti della relazione si autonomizzano perdendo l'identità coatta perché un'altra urge.
Il mito infranto è quello che legava Creonte e Antigone imponendo a ciascuno sottomissione a leggi contrapposte e incomponibili. L'anfibolia paralizzante e sempre riproducentesi era quella che opponeva la legge pubblica a quella del sangue, il bene comune alla legge del cuore, lo Stato alla famiglia, il generale al particolare, il diritto alla pietas, il diritto di tutti a quello di ciascuno.
Successivamente queste polarità sono state sempre meglio rappresentate dallo Stato e dalla religione, segnatamente da quella cattolica, che ebbe buon gioco a perpetuarsi rappresentando il sussistere e il persistere delle tradizioni nei confronti delle leggi dello Stato, storiche, contingenti, transeunti, talvolta tiranniche, spesso arbitrarie.
Ebbene, un certo giorno, un signore diritto e corretto, un uomo, un padre, scompiglia questa relazione millenaria – che tra l'altro imponeva alla donna, e solo a lei, la cura delle relazioni parentali – e pretende che sia la legge dello Stato a riconoscere e tutelare la pietas che, nel frattempo, ha trovato forme più adeguate al sistema delle mutate relazioni umane. Lo Stato è stato riluttante nel riconoscere le giuste richieste di un cittadino, la Chiesa ha perso le staffe e si è lanciata in una furibonda campagna denigratoria – il quotidiano dei vescovi ha titolato: "Il padre si è fatto giudice e boia". La religione ci perde, ma lo Stato non vuole guadagnarci; mentre la politica e le arti della mediazione vedono diminuire la propria sfera d'azione.
Il mito in questione ha certamente permesso all'individuo di resistere, in passato, al prepotere dello Stato, ma nel contempo ha sancito la sua minorità, una sua illecita sopravvivenza nell'ombra di "leggi non scritte".
Il signor Englaro, rifiutando la pratica dell'illecito, peraltro seguita da tutti coloro che si sono trovati nelle medesime circostanze, non volendo perdere la sua dignità di cittadino, ha preteso che lo Stato garantisse l'esercizio della sua pietas, del suo amore paterno e dei doveri che esso, a giudizio non solo suo, comporta. Congedando la Chiesa, una volta per tutte.
Claudio Del Bello, 10 febbraio 2009p.s.- Vedi su http://cattolicesimo-reale.blogspot.com/ quanto Walter Peruzzi scriveva lo scorso anno sul caso di Eluana Englaro.

### SESSO E MONETA Tommaso de Berlanga, scrivendo la sua pagina di Diario della crisi, sul manifesto del 3 dicembre, riferisce di una ricerca fatta in Australia, secondo la quale «la crisi farà aumentare del 10% il numero di quanti/e si prostituiscono; le entrate sono però in calo del 5%, ma nei prossimi anni potrebbero crollare del 20%».
Mercato del lavoro senza capitale, braccianti erotici senza strumenti (Ricardo, al più, parlava di uomo-con-vanga), specializzazione nessuna, unskilled. Ma soprattutto, senza produzione di plusvalore.
Già me le sento le truppe cammellate reichiane di ritorno, i postmodernisti della produzione desiderante, i giovani queers di rifondazione comunista, i transgender e gli operaisti, andare in deliquio: abolita la produzione di merci, pervasività della fabbrica diffusa, abolizione del capitale fisso... Ci siamo! Il comunismo è a un passo.
Resta il piccolo particolare della moneta. Lungi dall'essercene liberati, resterà in eterno lo stigma dei rapporti umani. In fondo, a quanto pare, nemmeno il sesso riesce a sostituirla. Anzi...
claus g. dekodra, 14 dicembre

###b/n. Un nero entra sorridente alla Casa bianca. Un bianco ne esce incazzato nero. Antonio A.
diavoli di americani. Dopo Osama, ora provano con Obama. M.C.

### CAMORRA, GOMORRA E SAVIANO - Se qualcuno dei camorristi vuole uccidere lo scrittore napoletano Saviano, si tratta di un problema serio: Saviano va protetto dallo Stato, a lui deve andare la solidarietà di tutti e la lotta alla camorra va condotta anche perché nessuno possa, né oggi, né in futuro, minacciare di morte qualcuno solo perché abbia scritto. Saviano deve poter vivere da uomo libero in una società libera.
Se ciò fosse realizzato, potrei forse argomentare con più serenità quello che sto per scrivere e che non posso, nonostante il momento, anzi, proprio per il momento, non dire. Saviano scrittore e il fenomeno Saviano non mi piacciono.
I motivi sono tre: il primo riguarda proprio la lotta alla camorra. Ridurla a Saviano, identificarla con il giovane scrittore napoletano, significa rischiarne il discredito qualora il libro “Gomorra” fosse discreditato o il personaggio Saviano perdesse di veridicità e dunque di stima generale.
Il secondo motivo è più propriamente pertinente al suo mestiere. Non mi piace come scrive e non mi piace il libro “Gomorra”. Non è un romanzo, ma non è neanche un saggio. È un saggio in fiction dove i fatti vengono raccontati per sentito dire o per averli visti di persona. Si ha l’impressione che lo scrittore abbia frequentato gli stessi ambienti dei camorristi, non come un alieno, bensì dal di dentro, pur ovviamente non essendo mai stato un camorrista. Era lì, osservava. Lo conoscevano, lo lasciavano osservare. Poi, ha scritto il libro. Perché dovrei fidarmi? Perché dovrei identificare veridicità e verità? Solo perché si tratta della camorra, che è il male. Non può bastare e a me, che faccio lo storico, non basta. Dunque, “Gomorra” non aggiunge nulla di nuovo a quello che già conoscevo. Lo fa di più una sentenza di un tribunale di Napoli.
E, infine, il terzo motivo. Da quando è uscito il libro Saviano ripete sempre le stesse cose. Da un lato afferma che lo si vuole uccidere non per lo scrittore in sé, ma per il libro, perché la camorra avrebbe paura della pubblicità. Un lettore, afferma in ogni occasione, prende coscienza e se tutti avessero coscienza la camorra non potrebbe più continuare a fare le sue operazione nel silenzio. In due anni non è mutata la situazione? E comunque, non tornano i conti. Perché se egli avesse ragione, ucciderlo significherebbe dare il massimo di pubblicità al suo libro.
MARCO CLEMENTI, 16 ottobre 2008

###Cari di Odradek, voglio mettervi a parte di una acquisizione abbastanza certa dopo aver interpellato filologi, latinisti, storici antichi e studiosi di diritto romano. È da escludere, e comunque non esistono registrazioni in proposito, che Caligola abbia fatto senatore il suo cavallo Incitatus come ricompensa per prestazioni sessuali di tipo orale. Manco a dirlo, non ha senso domandarsi se tali prestazioni fossero di tipo attivo o passivo. Saluti.
C.G. Dekodra, ottobre 2008

### TeleKabul Ricordate TeleKabul? Il Tg3 accusato di essere filosovietico ai tempi della "gloriosa" guerriglia talebana in Afghanistan? La globalizzazione non risparmia niente e nessuno. Stando in zona, si è diversificata in TeleTblisi e TeleLhasa. Dall'Ossetia, per TeleTblisi, due giovanotti in quota AN, zoomando nelle cucine e nei sottoscala, vanno interrogando quasi sempre gli stessi profughi sulle nefandezze dell'esercito russo, ma sempre tacendo sulla dinamica degli avvenimenti, e sulle responsabilità georgiane. Allineati e coperti. Da Pechino, la corrispondente di TeleLhasa, tale Maria Cuffaro - nota più o meno per aver esclamato "porca puttana" in diretta da Nassirja, mentre scoppiava un qualche ordigno Usa lì vicino - fa il contrappunto alle gare sportive con interviste ai dissidenti incentrate sui lesi diritti umani. Si suppone che i primi passi li abbia fatti a TelePietralata, con la sua voce greve, gutturale, ormonica, più che armonica. Dovrebbe diventare un cult la sua intervista a una facoltosa rockstar cinese, la quale lamentava che il Partito gli avesse contestato che in una sua canzone venisse pronunciata una quarantina di volte la parola "Io". La critica - da parte di un partito che invita a coniugare in tutti i modi i verbi "accumulo" e "sfrutto", meglio se in prima persona singolare - è con ogni evidenza stilistico-letteraria. Più che di deviazionismo ideologico, il Partito si preoccupava della patologia del linguaggio: egolalia. c.g.dekodra, 19 agosto

### Questioni di lingua - L'Italia goliardica e postribolare, del fescennino e dell'avanspettacolo è in festa. Se si digita "Carfagna" + "pompinara" escono 808 occorrenze. Un tripudio. E l'osceno massone di Arcore gongola. Ma perché - è una questione di lingua, dopo tutto - il romanesco pompinara e non già il più italiano pompinaia? Lo chiedo al motore di ricerca, ma lui, che conosce le frequenze, mi domanda suadente: «Forse cercavi: pompinara». Non replico, ma tento il più austero pompinista: tre sole occorrenze. Suona bene, e così mi distinguo quando mi riferisco alla «ministra pompinista». cdb

- Zante, 14 luglio. Gara di sesso orale sulla spiaggia, arrestate nove aspiranti (è il caso di dire) ministre. - Cari Odradekki, allora, vi prego di rendere pubblico questo mio dubbio chiastico: «Aspiranti ministre o ministre aspiranti»? Grazie, Claus G. Dekodra

Sì, sì, tutti a parlare delle ministre pompinare, ma degli squadristi ministri nessuno parla.

### Se non ora, quando? - Una risata li seppellirà! Questo futile slogan, ripetuto come un broccardo, o come un mantra, ci accompagna da quarant'anni. Questa è l'ora. Si concéntrino, elàborino, combìnino i tanti elementi che si vanno aggiungendo. Muovere al riso è pur sempre la costruzione di un meccanismo, di un congegno che integra automatismi. Per es., il tragico pagliaccio porta i tacchi, e siccome i cavalieri lo fanno in piedi con le mani sui fianchi, l'altezza di detti tacchi sarà da porre in relazione col busto delle dame con l'aggiunta della lunghezza della tibia, a meno del riporto di un cuscino; ricostruire la prestazione ove avvenga con ministra accovacciata al riparo di un podio durante un discorso, con susseguente malore; diversificare le "suzioni ambientali" [un calco da "dazioni ambientali" di dipietriana memoria] a partire dalla dislocazione istituzionale: ministre, sottosegretarie, fino alle sotto-segretarie... - Notizia di oggi. Rocco Siffredi vuole la sottosegretaria Brambilla come sua partner in un film dei suoi.- Cari Odradekki, mi pare di capire che state proponendo La grande succhiatrice come riedizione de Il grande dittatore. È già una diminutio, un sequel. Ma mentre Adenoid Hinkel era la riduzione in farsa di Hitler, Bonito Napoloni vi era già farsa di suo. Qui siamo alla parodia della parodia della parodia. C.G.Dekodra

### Questione di stile «La cloaca del Csm», così ha voluto esprimersi il senatore Gasparri, tradendo così la sua formazione elitaria, fatta di frequentazioni esclusive: sale biliardo, il Bagaglino, la curva dello stadio, il salotto di donna Assunta. Non potendo sostenere di essere stato frainteso, ha dichiarato: «Non volevo denigrare». La formula di questa neodiplomazia potrebbe essere quel colloquiale insulto romanesco che suona: «A fijo de na mignotta, salvando tu madre».

### Il quotidiano della borghesia legaiola ha invitato i suoi degni lettori a rispondere sul suo sito alla domanda: «Prendere le impronte ai bimbi rom: siete d'accordo?».Nonostante l'ammiccante "bimbi", il 63,7% ha risposto SI'.Vedrete, domani Claudio Magris scriverà un toccante articolo riparatore.cdb, 28 giugno (Sbagliato. Passano i giorni, ma l'articolo riparatore non compare)

# Dopo le elezioni, nella tribù delle scimmie c'è stata grande agitazione, culminata nella folgorante parola d'ordine: "Allora, facciamo come la Lega!", visto che all'apparenza "gli" operai votano Lega. Occorre che qualcuno glielo spieghi alle scimmie: non sono gli operai a votare Lega, sono alcuni legaioli che vanno a lavorare in fabbrica. D

### Allegre brigate. Sconti per comitiveRoma, 13 giugno 2008.

FELICE PER RISULTATO VITTORIA DEL NO A REFERENDUM IN IRLANDA, SALUTO COMPAGNI SIN FEIN. Paolo Ferrero, esponente Prc ed ex ministro alla Solidarietà Sociale.
"I Giovani padani stanno già organizzando per l'estate un viaggio in Irlanda". Paolo Grimoldi deputato leghista.MILANO (ANSA) - Con in mano lattine di Guinness, la caratteristica birra scura di Dublino, alcuni esponenti della Lega Nord hanno brindato stamani a Milano, davanti alla sede di rappresentanza della Commissione Europea, per festeggiare l'esito del referendum con cui l'Irlanda ha bocciato il Trattato di Lisbona.
ROMA (ANSA) - UE: TRATTATO; CAPEZZONE, ORA RAFFORZARE LEGAMI CON USA.
Daniele Capezzone, portavoce di Fi, sollecita un
rafforzamento dei legami transatlantici, in particolare con gli Usa. «Troppe volte - spiega 'Bruxelles' è divenuta sinonimo di vincoli, di gravami burocratici, di appesantimento, di procedure farraginose, con scarsa verificabilità democratica e ancora minore comprensibilità immediata da parte dei cittadini. Ecco perchè serviranno più coraggio e innovazione per rilanciare la costruzione europea: e la prima cosa da fare è rafforzare i legami transatlantici, in primo luogo con gli Usa».
Poi ci sono altri "radicali", quelli delle "radici cristiane", che non mancano di alzarsi in volo:Città del Vaticano 15 giugno (Agr) - Monsignor Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede al Consiglio d'Europa di Strasburgo, ha commentato l'esito del referendum in Irlanda definendolo "un segnale da cogliere". "L'Europa - ha detto in un'intervista a Radio Vaticana - deve ritrovare i suoi fondamenti, le sue radici. Deve trovare il fondamento dei valori". Poi c'è Kaczynski1 luglio PARIGI (Reuters) - Il presidente polacco Lech Kaczynski, nel primo giorno della presidenza di turno francese, ha detto oggi che non ha intenzione di firmare per ora il Trattato di Lisbona che riforma il blocco. Non stupisce, ma è da rimarcare, la consonante esultanza di questi signori. Che cosa accomuna Ferrero e la lega? - lasciamo perdere Capezzone, le cui motivazioni sono profumatamente condizionate. Facciamo seguire queste

### Riflessioni eterodosse su capitalismo, globalizzazione ed Europa.La bocciatura dei (pochi) elettori irlandesi all'adesione al trattato di Lisbona è un evento che non deve sorprendere affatto. Esso va inquadrato in una fase storica del capitalismo, non nuova ma ciclica, meglio conosciuta col termine giornalistico "globalizzazione". La sinistra mondiale ha tentato di analizzare questo fenomeno in modo del tutto miope, ragionando con categorie a-marxiane e pregiudizi di maniera. L'utilizzo manieristico della categoria di multinazionale (brutta e cattiva), che schiavizza i poveri lavoratori dei paesi sottosviluppati, ha infatti impedito di capire quale fosse la reale portata dello scambio internazionale delle merci e dei fattori produttivi. Tralasciando il fatto che tale sinistra sia assolutamente marginale e non rappresentativa del panorama mondiale, l'atteggiamento "radical scic" di empatia nei confronti dei "poveri sfruttati" ha impedito di capire l'entità spaventosa della vera rivoluzione portata dalla globalizzazione: il raddoppio in pochi anni della forza lavoro mondiale. E soprattutto non ci si è affatto interrogati sugli effetti che questo processo sta avendo sulle remunerazioni dei fattori produttivi (salario, profitto e rendita), che dovrebbero invece essere centrali in una analisi che si voglia definire comunista, antagonista, marxista, o come diavolo si voglia chiamare.
Prescindendo da Marx, l'economia borghese (negli anni trenta e quaranta, non ieri) arriva a delle conclusioni interessanti. Il modello Hecksher-Ohlin, reso dinamico da Stolper e Samuelson, in breve, teorizza che i paesi relativamente abbondanti di disponibilità di lavoro, tenderanno a specializzarsi nella produzione di beni che richiedono una alta intensità di lavoro (ad esempio produzione di scarpe: un uomo, una macchina da cucire, 30 tomaie al giorno), mentre i paesi ad alta disponibilità di capitale si specializzeranno nella produzione di beni che richiedono molto capitale (un uomo al computer, venti macchine controllate dal computer, un laser ad alta precisione). Questo perché i prezzi dei fattori sono diversi: sia il lavoro che il capitale costeranno relativamente meno dove sono relativamente abbondanti. Ciò avviene in un mondo statico. In un mondo dinamico, nel tempo cambiano le remunerazioni dei fattori. Nel paese abbondante di lavoro aumenteranno i salari, mentre nel paese abbondante di capitali, diminuiranno. In breve, i prezzi relativi dei fattori, tenderanno ad essere uguali in tutto il mondo. Tale tendenza è sotto gli occhi di tutti, e spiega sia la vittoria dell'asse Tremonti-Lega, sia il revival della parola "protezionismo" nella campagna elettorale americana, sia il voto irlandese (e prima ancora francese e olandese). E specularmente spiega anche l'amore dei paesi emergenti per il libero commercio.
Secondo una recente ricerca, da prendere con le molle ma interessantissima, nei sondaggi di opinione, il giudizio sul libero commercio e la globalizzazione stanno cambiando proprio in questa direzione. In occidente la percentuale di "favorevoli" alla globalizzazione è diminuita, mentre è aumentata in oriente e nei PVS (Paesi in via di sviluppo). Chi dovesse interpretare questo sondaggio con l'aumento della sensibilizzazione delle masse europee verso lo sfruttamento dei paesi poveri, è meglio che abbandoni il campo al più presto.
Molti economisti (guarda caso la maggioranza sono cinesi e indiani), contestano questa impostazione, mostrando, a ragione, come in realtà i salari reali in occidente non siano diminuiti affatto. Anzi, sarebbero aumentati di molto, per il lavoro specializzato, e di pochissimo per il lavoro non specializzato. Ma in ogni caso sono aumentati. La spiegazione più ovvia a tutto questo è che la tecnologia evolve, aumentando la produttività del lavoro e quindi i salari. Ma ciò non cancella la tendenza di fondo. I salari reali dei paesi emergenti crescono infatti proporzionalmente di più di quanto non lo facciano i salari occidentali.
Ovviamente non tutti i salari sono direttamente influenzati dal commercio internazionale, ma di fatto lo sono indirettamente. Se infatti i produttori di beni e servizi commerciabili, non specializzati, vedono una depressione salariale, tale depressione toccherà anche i produttori di beni non commerciabili internazionalmente (barbiere, baretto sotto casa, organizzatore di eventi), non specializzati anche essi. Insomma, se le classi in occidente sono diventate via via sempre più spurie, non c'è da stupirsi del fatto che l'operaio voti come il bottegaio e il padroncino, ovvero voti per l'asse Tremonti-Lega. Dopo tutto, i loro salari sono legati a filo doppio. Questo in Italia, ma nel resto delle nazioni non è affatto diverso. Tremonti e la Lega assumono nomi differenti. Nei paesi emergenti intanto se ne fregano, e sognano solamente i livelli di consumo occidentali, che vedono sempre più a portata di mano e di portafoglio.
Cosa vuole quindi questo nuovo asse di interessi convergenti neo-mercantilisti, di cui i "no-global" di sinistra sono inconsapevoli supporters, grazie alle loro sviste sentimentali? Semplice: provare a tutelare gli interessi (reazionari) di questa nuova piccolo-borghesia spuria , minacciata nel reddito dal commercio estero e dalla mobilità del lavoro (l'immigrazione è solo un altro canale che va a deprimere le remunerazioni del lavoro non specializzato). Senza contare che già è tardi: il tessile del Guangdong è strategico per la Cina come il distretto calzaturiero di Barletta lo è per l'Italia. Alla competizione fra capitali internazionali (brutti, sporchi e cattivi), sono quindi tutti d'accordo nel preferire la competizione fra stati nazione (belli, e romantici), come se non avessero già coinciso, nel corso della storia, come entità. Ma come competono gli stati? Barriere doganali, svalutazione del cambio, imperialismo. Guerra. "Arricchire" a spese del vicino, mors tua vita mea, eccetera. Proprio ciò che l'Europa di Lisbona, "liberista e amica dei banchieri" non vuole. Non per cattiveria o ideologia, ma perché sarebbero misure pericolose e inutili.
Tutto ovviamente già visto e già sentito. Sembra già di vedere le folle acclamanti intorno ai treni dei militari in partenza. Che schifo, la Lisbona "dei banchieri", molto meglio Sarajevo. O Danzica.

brambilla, 14 giugno 2008

### Eutanasia della gauche

Questi signori – un miscuglio di dottori, studenti e socialisti accademici – che sotto il profilo teorico sono degli zeri e che praticamente non servono a niente, vogliono spezzare i denti al socialismo (che è da loro concepito secondo la ricetta universitaria) e illuminare i lavoratori o, come essi dicono, inculcare in essi "elementi di istruzione", mentre essi stessi hanno solo nozioni molto confuse. Costoro, con questo incarognimento della teoria e del partito, si propongono anzitutto di innalzare il significato del partito agli occhi della piccola borghesia. Insomma, sono soltanto dei miseri chiacchieroni controrivoluzionari, già a tal punto toccati dal cretinismo parlamentare che credono di trovarsi al di sopra della critica, respingendola come reato di lesa maestà. [Karl Marx, Lettera a Sorge (19 settembre 1879)].


In questo sito la campagna elettorale è stata ignorata. A risultati conclamati, vale la pena commentarli recuperando questa icastica citazione, per cogliervi quell'«inculcare elementi di istruzione» ai lavoratori come elemento caratterizzante la politica quotidiana degli appena scomparsi rappresentanti del popolo: richiama la fatua rivendicazione dei Dico mentre, loro al governo, aumentavano le morti sul lavoro; la richiesta a gran voce dei diritti per i transessuali (operazioni di chirurgia plastica gratuite) mentre l'impoverimento dilaga.
Nessuna prece.
Resta il fatto che un parlamento che non riproduce la realtà politica e sociale è un'aula sorda e vuota, bivacco per cameramen.
Come è vero. Mi riferiscono che un'operaia abbia detto in assemblea che, a lei, l'impianto non sapeva bene di che cosa, perché una manager quarantenne potesse figliare, non interessava minimamente. Fatto sta che al momento del voto operaie e manageresse non hanno fatto massa critica.G.C. Dekodra

*** Bastonare il travestito che affoga!

Pare che tale Piero Cassonetti, direttore di un giornale free press distribuito ai semafori da strilloni extracomunitari, abbia lanciato un appello per la grazia ad Anna Maria Franzoni con queste parole: «Noi non sappiamo se Anna Maria è colpevole o innocente, ma ora dovrebbe prevalere un sentimento di pietà, di solidarietà. Non è un sentimento ignobile, anche se negli ultimi anni, mesi e giorni, tutti stanno cercando di convincerci di questo». E tale Russo Spena, che passa per autorevole giurista del partito di Cassonetti, anziché eccepire che la grazia può essere concessa solo se a richiederla è il reo confesso, invoca la compassione contro la vendetta per "Anna Maria" (non sfugga quel familiare "Anna Maria" - in quota AN - col quale il lettore viene irretito con un legame di complicità, talché una via intitolata a "Giorgio" risulterà oggetto del prossimo appello di Cassonetti). Ma quale rifondazione? Trasformismo (à la Fregoli), semmai, travestitismo, ermafroditismo politico.

### M'hanno rimasto solo, 'sti quattro cornuti!Vittorio Gassman, L'audace colpo dei soliti ignoti, di Nanni Loy, 1959

Che dire? Veramente, noi l'avevamo detto per tempo. In Segnalazioni [clicca] si può trovare un'analisi accurata che un "collettivo di pensiero" aveva fatto del Veltroni-pensiero. Poi abbiamo pubblicato Modello Roma. L'ambigua modernità, sulla prassi veltroniana. Tendiamo ad escludere che la nostra attività editoriale possa avere pesato sugli esiti elettorali. Ci piace ritenere che le nostre analisi abbiano còlto la corrispondenza tra il pensiero e la prassi dell'Insulso capitolino.

### Secessione e transessualità. Dopo la Kossova, tocca al Padanio.

### Non chiamateli dottori. Per stare vicini alla ggente, per coglierne gli umori e i pruriti, non si sono nemmeno laureati. Niente libri, allora, solo cine e tv. La Storia? Quale storia? Inutile chiedere loro chi era Gavrilo Princip.Dekodra, 25 febbraio 2008

### We can, se po' ffa'.

Sfidando Felice Accame, gran censore di barzellette – e di chi le racconta – riportiamo quella che racconta di un vecchio stuntman di Cinecittà ormai ridotto a passare i pomeriggi al cinema parrocchiale. Durante la proiezione di un film d'azione particolarmente eccessivo nella sua inverosimiglianza, un'americanata, al pubblico che rumoreggiava irridendo le azioni più assurde, la vecchia comparsa, alzatasi in piedi e rivolta verso il fondo della sala con un'espressione di sufficienza e di commiserazione, controllata da una contenuta bonomia, ripeteva annuendo: "Se po' ffà! Se po' ffà".
Le storielle guai a spiegarle, pretendono di essere ostensive, icastiche e autosufficienti; gli apologhi invece guai a non chiuderli con qualche sentenza, che per il momento potrebbe essere la formula che compare nei titoli di testa (o di coda) dei film, quella che avverte gl'ignari della circostanza non banale per la quale "i fatti e i personaggi descritti sono frutto di fantasia" e che, comunque, sono coperti da copyright
.CDB,15 febbraio 2008


### Il quotidiano "comunista" Liberazione ha proposto un affascinante percorso: dal comunismo al consumismo. Riportiamo una riflessione di Casimiro.

Viviamo immersi in un universo di opportunità. Ma "leggero", depurato di ogni pesantezza implicita del concetto di scelta. Anzi, questa nozione stessa ha perduto il suo significato originario, tutto interno al contesto del "tragico".
Lì "scegliere" vuol dire "perdere molto" perché l'atto stesso del cogliere una opportunità implica nello stesso momento la rinuncia a tutte le altre che si pongono come alternative. Si salva qualcosa pagando prezzo, si ottiene qualcosa pagando prezzo. Il centro del tragico sta nel prezzo da pagare, nella consapevolezza dell'unicità irreversibile di quel momento, nell'inevitabilità delle conseguenze dell'atto che si sta per compiere. E anche dell'opposto, il non fare la scelta che la vita reale ci ha posto di fronte. Dire sul serio "ti amo" è rinunciare a molto e implica conseguenze durature (l'insostenibilità del rifiuto, l'incendio infinito della corresponsione). E così il tirare o no uno schiaffo, l'opporsi o no a un'ingiustizia, frenare o no allo stop. L'agire o no. La scelta è in questo contesto un investimento ad alto rischio, ma non evitabile. In cui "si investe" tutto il capitale. Ossia se stessi. Il bello è che si sceglie (e si paga) comunque, magari senza accorgersene ("anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti").
Vedo i miei figli crescere e ho paura per loro. Li vedo intrappolati in una rete invisibile dove "scegliere" è la frettolosa selezione sugli scaffali del superstore, ognuno per conto suo. Se poi scopro che non mi piace o non mi serve, domani torno e prendo un'altra cosa. Non rinuncio volontariamente a niente. Se ho i soldi in tasca, certo. Il "prezzo da pagare" c'è scritto sul cartellino. Ma "il rischio" è tutto sommato piccolo, misurato, reversibile. L'investimento di sé, zero. La consapevolezza e la maturazione, conseguente. Non scegliendo mai, perdo me stesso.
Qualcuno potrebbe chiamare questa condizione consumismo e persino definirla il campo di gioco da cui la politica deve ripartire, anziché - come in realtà è - l'approdo terminale in cui la politica (a suo modo un'arte delle scelte "tragiche", ossia gravide di conseguenze quasi sempre irreversibili) non ha letteralmente più nulla da dire.
La realizzazione di sé attraverso i consumi è una vecchia e remunerativa idea che sta alla base dell'industria della pubblicità. E bisogna avere una ben misera considerazione della natura umana (e una altrettanto indecente dell'agire pubblico) per assumere questa idea come un "punto di partenza" per una "nuova politica". Il campo di esercizio del consumo è infatti il campo dei prodotti, del "già fatto". Realizzare se stessi - la nostra individuale, seppur piccola, unicità - attraverso il rimasticato industriale è come credere di essere artisti nutrendosi di immaginario invece che mettendo all'opera l'immaginazione. E non è neppure una pensata innovativa: l'ha già fatto Berlusconi, trasformando un'impresa di raccolta pubblicitaria (Publitalia) in un partito col nome di uno slogan da curva.
Stiamo allevando - come "occidentali capitalistizzati" - generazioni per cui tutto è teoricamente possibile. Persino "un altro mondo" (basta non essere troppo precisi o troppo critici). Generazioni che annegano nella precarietà contrattuale ed esistenziale, esposte alle sirene assassine che ti presentano l'instabilità come "opportunità", sottacendone accuratamente la sostanza pratica minacciosa e annichilente. Non mancano gli esempi per indorare la pillola (fare sesso invece di fare coppia, che figata! non si paga e non ci si lega! Fino a che non arriva un figlio, e allora…). Pubblicità, nulla di più.
Generazioni, voglio dire, per cui tutto è possibile ma niente è fattibile. Le vedo smarrire i migliori anni in questa attesa fremente di momenti ognuno insignificante, scambiabile con ogni altro; così come lo è un "lavoretto". Private della possibilità di fare scelte. A cominciare da quella della ribellione, of course. Private della possibilità di sapere che una scelta vera ti mette davanti all'irreversibile. Dove il prezzo da pagare è il senso e il modo di una vita: la tua. E la domanda è una sola: la investi o la consumi?
Casimiro, 28 10 2007

###Lavoratori veri Anche a sessantanni si può non sentire la fatica.
E' proprio vero. Perché andare in pensione a sessantanni? Specie quando tutti concordano nel giudizio: Lui è il migliore. Anche i giovani
rampanti lo guardano dal basso in alto. Sono passati decenni, un diluvio di nuove tecnologie ha scavato nel terreno delle sue specialità. Ma non lo hanno superato. E' uno preciso, sembra ancora fatto a mano (ed è anche vero, a volte si vede). Ed è indifferente al clima: regge con
disinvoltura polvere, pioggia, fango, temperature tropicali e tormente siberiane. Nemmeno il capitalismo lo ha reso più efficiente.
E dire che è nato al tempo dell'«uomo di marmo» e dello stakhanovismo.
Perciò gli saranno dati tutti gli incentivi che servono per mantenerlo in attività. Nonostante non sia propriamente un pacifista. Del resto, è
pur sempre il Kalashnikov.
fucik

### a proposito di modello Roma«le proteste devono essere misurate rispetto ai disagi che si ripercuotono nei confronti dei cittadini. Bisogna trovare il modo per protestare che sia meno insopportabile per la vita dei cittadini» W. Veltroni, 25 giugno, a proposito dei pendolari alla stazione Tiburtina che protestavano per l'aumento del biglietto ferroviario, più che raddoppiatopresto diventerà modello Italia

### Chi è sicuramente impresentabile è proprio Bertinotti, indipendentemente dal capitalismo italiano - "Quando figure di primissimo piano delle istituzioni - sostiene Montezemolo - si spingono a dipingere come 'impresentabile' il capitalismo italiano, senza che si alzi una sola voce dal mondo della politica a smentire una autentica falsità", il mondo industriale "deve rivendicare a viso aperto capacità di saper fare il proprio mestiere". (ANSA, 24 maggio 2007)
Per carità, la logica del patron dei padroni è risibilmente tautologica, ma nel febbraio dello scorso anno, in questo Zibaldone (vedi sotto), avevamo rilevato un gioco a parti rovesciate:

# L'opposizione di sua maestà(II). “Dal Corriere della sera, 7 febbraio, p. 31, apprendiamo che il lieve Bertinotti, ospite de Il Sole-24ore, si è lasciato andare a una stupefacente e sconveniente difesa del capitalismo italiano; secondo colui che vuole diventare presidente della Camera «non è straccione» e non c'è «una condizione genetica di inferiorità della nostra borghesia imprenditoriale». È toccato al liberista Francesco Giavazzi ristabilire un po' di decenza ricordando che «in Italia molti imprenditori non innovano più perché lavorano in settori protetti».

### Meglio due Inquisizioni che nessuna – Dall'alto prima fisico e poi morale della sua rubrica sul "Corriere della Sera", Ernesto Galli Della Loggia porta giorno dopo giorno il suo sassolino alla pietraia dell'oscurantismo reazionario. Sabato, 10 marzo scorso, ce l'aveva con Piergiorgio Odifreddi in quanto "star dell'ateismo italiano". Dall'ultimo libro di costui, Perchè non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), Galli Della Loggia ha colto affermazioni come quella che "lo stesso termine cretino deriva da cristiano" o quella relativa al fatto che "se Gesù fosse risorto ad Haiti non sarebbe altro che un letterale Zombie". Invece di provarsi a dimostrarne l'infondatezza, Galli Della Loggia le definisce "battute da trivio" e, già che c'è, va oltre - impegnando tutto il suo senso civico per impedire che l'Odifreddi possa continuare a nuocere. S'indigna del fatto che gli sia stata affidata la direzione scientifica di un imminente "Festival della Matematica" di cui non specifica se condotto da Pippo Baudo o no, e pone al sindaco di Roma, tal Veltroni, una domanda cospicuamente retorica: avrebb'egli affidato a Qualcuno tale prestigioso incarico se questo Qualcuno, invece che a proposito del cristianesimo (che lui scrive con la maiuscola, lo sa Dio perché), avesse parlato a proposito dell'Islam?
Ovviamente no, è la risposta implicita. E allora? Del perché non si cura. Implicita è anche la certezza che contestare la religione islamica sia pericoloso, mentre contestare il cristianesimo sia facile e gratuito. E invece di chiamare a gran voce tutta l'umanità ragionevole e sensata perchè si unisca per garantire libertà di opinione per tutti, l'intellettuale Galli Della Loggia si accontenterebbe di privarne almeno uno - uno dei pochi - della libertà della sua opinione. Meglio due Inquisizioni che nessuna - è il suo motto.
Felice Accame, 11 marzo 2007

### Una gioia violata - Antonio Carioti, sul Corriere della sera di oggi, firma una recensione a La gioia violata di Federica Saini Fasanotti, libro che tratta dei - state bene attenti - «crimini subiti dagli italiani durante il secondo conflitto mondiale per mano di forze della coalizione antifascista». Quando? Nel 1944. Dove? In Grecia. A ridosso del "giorno della memoria", il Carioti così rincara la dose: «I partigiani greci, nazionalisti o comunisti, non furono inferiori per determinazione e ferocia a quelli di Tito nel combattere le truppe del regio esercito che occupavano il loro paese». Dove sta la notizia? La solita, feroce, iniqua, trasversale e popolare resistenza all'invasore. Ogni commento sarebbe sproporzionato alla miseria della circostanza: un giornalista che deve scrivere il suo pezzullo nel giorno in cui si celebrano gli "Italiani brava gente". Rimane, lancinante, la domanda relativa al titolo del libro: "Gioia violata", quella degli aggressori?Dekodra, 9 febbraio

### Servitori - La morte dell’ispettore Raciti avvenuta venerdì scorso nell’ospedale di Catania è una di quelle morti che pesano, al punto di essere riuscita a fermare una delle maggiori industrie italiane, la calcistica, che ha un giro d’affari pari a circa mezzo punto di Pil. Una settimana prima, in un oscuro campetto di periferia della periferia d’Italia, la Calabria, era morto un dirigente di una squadra di terza categoria. Aveva pesato meno, non si era fermato il calcio, ma aveva suscitato scalpore e un certo sdegno. Non mi interessa qui “misurare” i due episodi, che un certo collegamento ce l’hanno e forse qualche riflessione in tal senso potrebbero anche indurla, ma mi vorrei soffermare sul significato politico del primo e del perché il secondo è apparso subito più leggero. La risposta è ovvia: nel primo caso è morto un servitore dello Stato, nel secondo un cittadino qualunque.
Servitore dello Stato: quante volte si è usata questa locuzione sui media e nei discorsi dei politici? Da Calipari a Dalla Chiesa, da Calabresi a Falcone e Borsellino, si è sempre usata questa espressione per volerne sottolineare una qualità, metterne in evidenza la caratteristica pubblica più evidente, più facilmente comprensibile per l’opinione pubblica. Ma cosa dice davvero questa espressione, che negli anni Settanta veniva addirittura storpiata, ma dunque accettata, in servo dello Stato? Cosa cela dentro di sé? Un baco? Se sì, di che tipo?
Ebbene, l’espressione è un ossimoro, un controsenso, un falso. Lo Stato è la mediazione del complesso di molteplici interessi di varia natura. È lo Stato che serve affinché queste contraddittorie tensioni si tengano assieme. Chi lavora per lo Stato, nell’interesse dello Stato, non difende un’idea astratta, ma un preciso patto che serve alla conservazione, al mantenimento e alla proliferazione di un determinato interesse specifico di classe. Carlo Giuliani durante il G8 di Genova stava difendendo, quando venne assassinato, uno specifico interesse di classe opponendosi alla violazione dei diritti civili perpetrata in quel momento più in generale dagli otto governi riuniti nella illegale zona rossa e, in particolare, proprio dalle forze dell’ordine che proditoriamente avevano attaccato una dimostrazione pacifica interrompendo le garanzie costituzionali. In quel momento, in quel dato contesto, se si vuole parlare con le parole di cui si tratta in questo pezzo, essi non erano servitori dello Stato, mentre lo era Carlo. Ma, in realtà, non lo era neppure Carlo, in quanto lo Stato non prevede per sé dei servitori. I servitori sono previsti solo se si parla di potere. Le forze dell’ordine erano, a Genova, servitori del potere in assenza dello Stato. L’espressione servitore dello Stato, in realtà, significa proprio questo: si è servitori di un determinato potere in uno specifico contesto, quando il potere non è più mediazione di interessi diversi ma rappresentazione violenta di un solo interesse particolare. Ed ecco che la differenza tra servitore del potere e servo del potere decade nel senso che il potere vuole solo accoliti.
Morire per una partita di pallone, invece, c’entra poco con il senso del dovere e dello Stato. È una morte inutile, stupida, tragica. È un nuovo tassello della guerra civile globale, un terminale di questa società che non è tenuta assieme ormai più da niente e che si sgretola in ogni occasione nella quale potrebbe perdere il suo equilibrio. È la rappresentazione dell’altra faccia del potere, ossia dell’assenza dello Stato. Lo si è visto nelle reazioni del dopo Catania. I nostri politici lasciano che si arrivi al parossismo per poi cercare di governare l’emergenza. Nessun progetto per il paese. Totale assenza.
L’ispettore Raciti faceva parte delle guardie d’onore della famiglia sabauda, quelle che si vedono dentro al Pantheon in un giorno qualsiasi mentre fanno il picchetto d’onore alle tombe dei nostri re. Dove c’è uno Stato questo non è strano. A Istanbul (Turchia) le tombe di alcuni sultani e della loro discendenza sono un monumento nazionale. È il passato, concluso, al quale si è riconoscenti se ha reso prestigioso lo Stato. Da noi, invece, il passato non passa mai. I Savoia non sono morti e far parte del picchetto d’onore a quelle tombe ha un significato politico, perché i Savoia rappresentano ancora un potere, che si contrappone a un altro potere. Che ci fa un poliziotto tra quei volontari? Di chi è servitore, quando osserva i turisti dalla tomba di Umberto I, ucciso dal compagno Gaetano Bresci nel 1900 a Monza?
MC, 8 febbraio 2007

### Mercoledì 31 gennaio 2007, il quotidiano della borghesia riflessiva pubblica con grande evidenza lo sfogo di una casalinga frustrata nei confronti del marito che la trascura e che rientra a tarda notte appagato da incontri galanti. La sera stessa, Rai1, Rai3, Canale5 e La7 dedicano al fatto la seconda serata. Domani il paese-Paese non parlerà d’altro.
Cercando di interpretare il più autentico pensiero del filosofo Massimo Cacciari, ci domandiamo: «Perché la donnetta non si è limitata ad aspettarlo con i bigodini in testa e il matterello in mano?».
O., 31 gennaioUn lettore protesta: «Eh, no, cari Odradekki, il minipezzosfogo è una caduta. Le riflessioni erano altre, ghiotte, preoccupanti. Salvo solo l'incipit, come ai vecchi tempi: "il quotidiano della borghesia..."».

### La memoria, la memoria, la memoria... e la logica?È vero che molti antisemiti sono anche antisionisti. Ma siccome ci sono antisionisti che non sono antisemiti, mentre si sono dati i casi di sionisti antisemiti e soprattutto di semiti antisionisti, NON si può concludere che tutti gli antisionisti sono antisemiti. Non si può. Aridatece Ciampi! (e due)

### La irragionevole fermezza e la guerra civile globale
La conclusione della vita di Piergiorgio Welby ha dimostrato in modo drammatico una continuità storica nelle posizioni della classe politica italiana, capace di ripetere medesime strategie a distanza di decenni. Come nel caso di Aldo Moro nel 1978, infatti, anche oggi il parlamento italiano, il governo e le istituzioni sono rimaste ferme nel non decidere, mistificando nel contempo lo stato delle cose attraverso un uso mirato di una terminologia ambigua. Questa classe politica, in altre parole, ha dimostrato la propria trasversale inadeguatezza a misurarsi, in un paese in cui spesso si discute di futilità, con i grandi temi del nostro tempo, che riguardano anche il rapporto tra l’uomo e la vita. In Italia ogni passo in avanti sul piano sociale e civile è costato lacrime e sangue, defaticanti battaglie parlamentari e referendarie perché una sacca molto ampia di inetti ricattabili inseriti all’interno di un sistema di potere consolidato da decenni non si cura degli interessi della comunità che purtroppo rappresenta.
È questo che i radicali italiani, che in diverse occasioni si sono battuti anche con coraggio per l’affermazione del diritto in questo paese, non hanno ancora compreso. La società civile, infatti, non ha nulla da chiedere a questo governo e a questo parlamento. In nome di cosa dovrebbe? Di una legalità che esiste solo nella mente di chi la propone, vista l’impossibilità oggettiva di coniugare in modo adeguato le decine di migliaia di leggi che sono oggi in vigore? Non è un caso, del resto, che la gestione del caso Welby abbia aperto una serie di importanti contraddizioni all’interno del potere, scoprendo proprio dicotomie legislative, vuoti normativi e conflitti di competenze che hanno finito per coinvolgere anche la Chiesa la quale, venendo meno alla ragione stessa della propria esistenza, quella della misericordia, ha negato il funerale religioso a Welby. Si tratta di un fatto inaudito, che per la sua gravità è indice di quanto il potere si regga su un ampio patto che presenta, visti gli innumerevoli interessi in campo, sensibili lacune. Solo la magistratura, come tradizionalmente è accaduto anche in passato, ha cercato di mantenere un equilibrio, nonostante le spinte centrifughe e a volte eversive della politica; con la quale, è evidente, non si può dialogare e alla quale, lo ripeto, non si può chiedere nulla. La società civile deve continuare a provocare contraddizioni, allargare le falle dove queste si aprono, ma smettere di attendersi dai notabili di regime qualcosa che essi, per la loro stessa natura, non possono dare al paese. Siamo su due piani differenti, è bene rendersene conto. La guerra civile globale continua.

MC, 23 dic. 06

Fila liscia l'argomentazione di MC. Troppo. Si salverebbe la magistratura, e addirittura i radicali! Non sequitur. La democrazia parlamentare non si è certo giovata dell'azione dei radicali. Mandarono Cicciolina e Toni Negri in Parlamento, e volevano candidare anche Licio Gelli e Pasquale Barra detto "'o animale". Con le loro raffiche di referendum, mentre contribuivano a delegittimare il Parlamento, avviavano un processo di populismo istituzionale, una democrazia just do it e in presa diretta in cui le decisioni vengono prese sotto pressione emotiva e dopo che le questioni siano state convenientemente drammatizzate e spettacolarizzate: legislazione ad hoc e ad personam. Legiferare in queste condizioni non si può e non si deve. Questa classe politica fa ribrezzo (vedi qui sotto), ma dopo di essa ci sono le squadracce, le ronde padane e la guerra civile, appunto. Z.

### Il feroce comunista ha gettato la maschera

Alle 20:31 di lunedì 18 dicembre le agenzie hanno battuto la notizia secondo la quale Bertinotti avrebbe dichiarato: «I poveri hanno diritto alla solidarietà umana». Dopo il liberismo compassionevole, ecco a voi il comunismo solidaristico! Il punto vero non sta tanto nella personale interpretazione che si dà del comunismo. Poco male, rimanendo il comunismo - scientifico o meno che lo si voglia - pur sempre un'istanza, e innumerevoli marxismi si sono avvicendati a modulare il concetto proponendo rappresentazioni largamente incompatibili tra loro. La gravità dell'affermazione sta nel significato che surrettiziamente viene offerto del concetto di DIRITTO. C'è stato accordo, negli ultimi duecento anni, sul fatto che le leggi e le norme che regolano la vita sociale dipendono da una stipulazione e rappresentano i rapporti di forza, risultando il diritto, anche quello soggettivo, la misura della dignità e dell'identità, comunque raggiunto in un conflitto, e quindi strappato alla controparte. Gesticolando e avvotando la evve, Bertinotti - cioè la terza carica della Repubblica - s'inventa i "poveri", li enuclea dal proletariato e li priva di ogni diritto, se non quello di aspettarsi una qualche elemosina. Bush e i teocon sono molto più seri.cdb, 19 dicembre

Quella dei "poveri" è l'ultima spiaggia. Se non ci riattestiamo sulla linea dello sfruttamento, magari pronti a ripiegare su quella dell'emarginazione-disoccupazione, la prossima battaglia sarà contro lo scempio che faranno dei loro cadaveri, e a favore di una dignitosa sepoltura nelle fosse comuni. No caterpillar! Z.

### Sempre in culo all'ortolanoIl Corriere della sera di mercoledì 13 dicembre pubblica con molto risalto e una certa compunzione i risultati di un sondaggio tra gli studenti delle scuole milanesi, secondo il 43% dei quali sarebbero state le Brigate rosse a mettere la bomba alla Banca dell'agricoltura. Nell'articolo di p.25 («Sono state le Br, o la Mafia») si dà conto della giustificazione addotta da una "liceale del Parini": «A scuola non si parla mai della storia degli anni Settanta!». Eh, no, stronzetta. Non con la scuola te la devi prendere, ma con la famiglia, e magari con la tua in particolare, perché certe notizie si apprendono a casa, tra un boccone e l'altro. Lasciate stare la scuola. Delle due l'una: o l'informazione viene direttamente da papà e mammà, o dal sistema dei media, che di guerra ai terroristi campa da trent'anni e che continua a sbattere mostri in prima pagina. Come Azouz Marzouk, sospettato di strage, perché tunisino e uscito per indulto. cdb, 15 dicembre

### Ogni caduta è buona

Rispetto al passato tristemente noto, la nostra epoca sa proporci anche casi di caduti pronti a ricominciare.
Domenica 29 ottobre, Valentino Rossi cade nel Gran Premio di Valencia e perde il titolo mondiale. Lunedì 30 ottobre "La Gazzetta dello Sport" annuncia in prima pagina il fatto e vari articoli di commento. Tra questi, uno in particolare sfrutta con consapevole disinvoltura le potenzialità metaforiche del fatto incorporando indistricabilmente commento e commentatore. "Benvenuto tra noi mortali" a firma di Lapo Elkann. Cocaina e transessuali - categorizzati come "caduta" metaforica (non dico la prima, ma almeno i secondi farebbero bene ad adontarsene) - autorizzano competenze in materia di cadute dalla motocicletta - a condizione, s'intende, che la classe sociale o, meglio, la "famiglia" sia quella giusta.
E' così che l'ex giovane "in cerca di se stesso ma che intanto trova qualcos'altro" produce letteratura socialmente edificante, permettendosi di schiacciare a più riprese sul pedale metaforico - "la vita è come un 'circuito' con cadute e trionfi", dice Lapo, e "la mia esperienza personale mi dà la certezza che, quando gli obiettivi sono forti e giusti e quando il 'team' è combattivo e leale, si può ricominciare immediatamente". Tutte brutte notizie, peraltro, per il suo entourage.
F.A., 30 ottobre
# L’onorevole stupefatto
Sosteneva Edgar Allan Poe (Suggestions, IX) che ci sono pochi uomini, fra coloro che risultano provvisti di quella sensibilità particolare che è la radice del genio, "che non abbiano, nella loro prima giovinezza, profusa molta della loro energia mentale ‘vivendo’, come si suol dire, ‘troppo presto’". Più tardi, in costoro, "sopravviene il desiderio di spronare l’immaginazione fino al punto verso il quale non si dovrebbe normalmente arrivare in una vita comune e ben regolata". L’oscuro desiderio di stimolanti artificiali può allora essere riguardato come un bisogno o come una necessità fisica – un conato per ritrovare ciò che fu perduto, una battaglia dell’anima per riafferrare la posizione che, in altre circostanze, gli sarebbe stata dovuta".
Poe non aveva in mente i membri del parlamento italiano. Quale che sia l’idea che ciascuno di noi si può esser fatta della genialità – tocco divino, tara genetica, psicopatologia sessuale, privilegio biologico o sociale -, in nessun caso saremmo propensi ad individuarla in un membro del nostro parlamento – anche se, a onor del vero, se si pensa all’incredibile capacità di qualcuno di loro di essersela cavata nella vita, e cavata lautamente, c’è davvero da fargli tanto di cappello. Quel loro consumo di droghe che pare accertato in questi giorni andrà spiegato diversamente – e comunque incoraggiato, se volessimo proprio pensare al nostro tornaconto, perché un’eventuale loro tossicodipendenza non ci costerebbe mai quanto una spedizione militare nel Libano, un traforo del Brennero, un ponte sullo stretto di Messina o una Tav.
Tuttavia, incocciando prontamente nell’affettuosa comprensione di un Garante della loro privacy – una privacy che, com’è noto, se non altro già per il potere d’acquisto è molto diversa dalla nostra – sono riusciti ad ottenere un velo pietoso sugli schermi televisivi. Il che, a dire il vero, potrebbe sovvertire tutte le nostre certezze, perché – sempre a parere di Edgar Allan Poe (Marginalia, XLIII) – "il vero genio rabbrividisce alla manchevolezza – all’imperfezione – e di solito preferisce il silenzio al dire qualcosa che non è tutto ciò che dovrebbe dirsi". Perché – mi permetto di aggiungere –, se si potesse dir tutto ma proprio tutto di chi ci dovrebbe rappresentare in parlamento, questa debolezza risulterebbe forse il male minore.
Nota
Per le citazioni di Poe, cfr. Marginalia, Mondadori, Verona 1949, pagg. 219 e 63.
F.A., 15 ottobre

### La storia di Vika
Ringraziamo M.C. per questa nota sulla vicenda che ha visto una bambina bielorussa vittima ignara di un indecente balletto mediatico e nazionalpopolare.

Una bambina bielorussa di nome Vika (vezzeggiativo di Viktorija), affidata per un breve periodo allo Stato italiano attraverso l’amministrazione locale di Cogoleto, è stata ospitata da una famiglia italiana per alcuni giorni. La stessa l’ha sottratta, nascondendola per circa tre settimane e impedendone il rientro in patria fino al suo ritrovamento da parte della polizia italiana.
Si tratta di una vicenda esemplare, perché in essa si delineano alcuni tratti, sia dell’italianità, sia del tempo nel quale viviamo.
Un tratto dell’italianità è il cambio del nome: da Vika a Maria, che suona certamente più cristiano. Gli italiani lo hanno fatto spesso in passato: hanno cambiato in nomi delle strade, delle città e dei luoghi naturali in Istria, Dalmazia e Suedtirol e hanno costretto molti di quegli abitanti a "italianizzare" il proprio cognome.
Per quanto riguarda i tempi che corrono, si noti l’incidenza dell’iniziativa privatistica a discapito di quella di uno Stato che dovrebbe essere il garante del diritto.
Esiste, ha detto la mamma di uno dei componenti della coppia, una legge superiore a quella degli uomini, una legge morale simile a quella che contrappose Antigone a Creonte. Nulla di più falso. Anche Creonte evoca la morale e non giustifica Antigone perché, afferma, i morti non sono tutti uguali. Chi è morto tradendo non può aspirare a una degna sepoltura. Antigone, che viola questa disposizione, VOLUTA dagli dei, si assume però tutta la responsabilità del suo gesto, e in questo acquista dignità.
Nel caso di Vika, invece, la coppia di Cogoleto non si è assunta nulla. Ha sottratto un minore, nascondendolo, non dandogli la possibilità di parlare e spiegare, ma svolgendo il ruolo di suo portavoce e arrogandosene un altro, quello di "genitori affidatari" che non solo i due non hanno, ma che è stato addirittura distorto nella sua valenza.
Il parlamento italiano, infatti, ha adottato nel 2001 la legge 149 con la quale il minore ha acquisito nuovi diritti. La legge prevede la chiusura degli istituti per i minori e la loro sostituzione o con case-famiglia e l’assegnazione dei minori a genitori affidatari, cosa assolutamente diversa dall’adozione, direi praticamente opposta. L’affidamento, infatti, ha come fine ultimo la conservazione della famiglia di provenienza del minore, che mentre lo stesso si trova presso un’altra coppia, dovrà essere sostenuta grazie all’intervento dei servizi sociali e degli enti locali. L’affidamento, dunque, è assolutamente temporaneo e non recide in alcun modo le radici del minore, come accade, invece, nel caso dell’adozione, dove il bambino diventa, per così dire, "proprietà" dei nuovi genitori.
Si tratta di una legge innovativa rispetto al passato, perché, come dice all’articolo 5, il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell'ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di LINGUA, di RELIGIONE, e nel rispetto della IDENTITA’ CULTURALE del minore e comunque non in contrasto con i princìpi fondamentali dell'ordinamento italiano. La coppia di Cogoleto, e dietro lei tutto il comune rappresentato dal sindaco, hanno violato la lettera di questa legge, tentando di sottrarla al suo retaggio culturale attraverso l’impedimento al ritorno in patria dove, peraltro, vive un fratello.
La risposta dello Stato italiano a questo tentativo è stata affidata alla sola magistratura, mentre la politica ha latitato, soprattutto a sinistra (si ricorderà il caso del piccolo cubano Elìan, riconsegnato infine al padre a Cuba dopo il tentativo dei parenti di naturizzarlo statunitense. Le autorità di Washington, alla fine, decisero. Da noi, nulla. Si è atteso "il ritrovamento").
La magistratura, dal canto suo, ha evitato di procedere a provvedimenti restrittivi nei confronti della famiglia autrice del rapimento, quindi ha respinto il loro ricorso in quanto quei due signori, non essendo neanche "affidatari", non avevano i titoli per un’azione legale, di nessun tipo. Ciò, però, è accaduto con grave ritardo, quando già Vika si trovava in Bielorussia.
Il governo di Minsk, con grande dignità, ha reclamato il ritorno della sua cittadina in patria. "L’ultimo dittatore" Lukashenko, non ha proferito parola al riguardo, lasciando che fossero i ministeri competenti ad occuparsene. Che hanno ribadito, ieri, la possibilità che la bambina possa venire adottata, secondo le procedure previste dalla legge. Una lezione, l’ennesima.
MC, 3 ottobre 2006

# La morte di Oriana Fallaci tra storia e memoria
Oriana Fallaci ha costituito uno dei maggiori casi letterari che l'Italia abbia avuto negli ultimi decenni e che dopo la sua morte è destinato probabilmente a rinnovarsi; io stesso, che mi ero fermato a "Un uomo", forse finirò per leggere qualcosa di più rabbioso e orgoglioso.
Si conosceva bene la giornalista. Essa aveva un ego ragguardevolmente ipertrofico che le imponeva di dividere con la sua scrittura. Talentuosa, scrupolosa, concepiva la sua professione come una missione e si era convinta, specialmente negli ultimi anni di vita, di essere nel giusto (per inciso ricordo che ci lascia in eredità una Fallaci con i pantaloni, Magdi Allam, che ieri difendeva il diritto del papa di dire quello che gli pare, cosa ovvia - e da ridere detta da un egiziano, cattolico - se non fosse pericolosa e potenzialmente tragica). Prigioniera di questa sua convinzione, la Fallaci ha prodotto molti danni e ha contribuito alla polarizzazione dell'opinione pubblica italiana in un momento nel quale sarebbe servito soprattutto ragionare. Si considerava, peraltro, una storica e non apprezzava gli storici di professione - gli studiosi, insomma - in quanto, diceva, essi arrivavano a occuparsi di un avvenimento due o trecento anni dopo e pretendevano di ritrovare la verità leggendo fonti scritte da così tanto tempo e probabilmente manipolate da altri interventi. Il giornalista, invece, che osserva direttamente i fatti che descrive, è l'unico portatore di verità e, dunque, non si deve dubitare di ciò che ci viene detto quando si ascolta la Tv o si legge la stampa.
Si tratta di una grave mistificazione della realtà. Il giornalista che racconta un fatto crea nel migliore dei casi una "Cronaca" (o parte di essa). Quello che intervista un uomo politico ecc., o compie un'inchiesta, crea un documento. Sia la Cronaca che l'intervista o l'inchiesta diventano delle fonti e possono essere usate dallo storico, che si differenzia dal giornalista e dal cronista proprio per la possibilità che egli ha, e offre agli altri, di controllare le fonti non solo in quel momento, ma sempre, anche a distanza di cento anni da uno storico di un'altra epoca. Quando non è possibile fare ciò, si esce dall'ambito scientifico e si entra altrove. Ciò è dirimente, in quanto è proprio la possibilità di controllare le fonti (che corrisponde in fisica a quella di ripetere un esperimento in laboratorio), a fare della storia una scienza, a differenza del giornalismo, che è una professione.
I danni provocati dall'esaltazione di certe argomentazioni della Fallaci, proveniente del resto essenzialmente da suoi colleghi, contribuisce alla mancanza di chiarezza che contraddistingue le pagine dei giornali italiani negli ultimi anni sulle quali, troppo spesso, si parla sempre di "altro". Da storico ritaglio e conservo i quotidiani, ostinandomi a non dare retta a Kraus, per il quale il giornale del giorno prima era buono solo per incartare il pesce. Ma forse aveva ragione lui.
17 settembre 2006, MC

# Lessicografia fantastica

Da oggi puoi apostrofare i tuoi amici con un nuovo termine positivo:
"zecca", infatti mentre ci siamo distratti è diventato un complimento.
se hai dubbi infòrmati:
http://it.wikipedia.org/wiki/Zecca_%28stile_di_vita%29
Presto rettificheranno anche altri termini e locuzioni:
olio di ricino: bevanda analcolica, assai gradita dagli oppositori al
regime fascista che la utilizzavano per fraternizzare con i loro aguzzini
e brindare al duce
cornuto: complimento rivolto, in senso di rispetto, dalle mogli e dagli
amici ai mariti, che letteralmente tradotto significa: visto
che già lavori tutto il giorno vuoi faticà anche di notte?
Marco S., 8 settembre 2006

# Notizia di oggi. Facciamoci un Forum6 settembre 2006: Città del Vaticano, 10:35
PAPA: CAPPELLO NUOVO ROSSO A TESA LARGA, LOOK RONCALLI

Un cappello rosso a tesa larga sul capo di Benedetto XVI, questa mattina, al suo ingresso in piazza San Pietro per l'udienza generale. Ancora una volta il Papa sembra richiamarsi al look di Giovanni XXIII, indossando accessori caduti in disuso nei pontificati degli ultimi quarant'anni. La spiegazione di queste scelte e ' probabilmente da ricercare nel fatto che essendo gia' settantanovenne il Pontefice vuole salvaguardarsi dalle punte di caldo e di freddo.
Conseguente domanda di Guido Ruzzier, tanto per cominciare:

Con la scusa delle punte
Benedetto fa il retrò;
è una moda transeunte
quel cappello, oppure no?

G.R., 6 settembre

### Una risata ci seppellirà.
Domenica, inserto culturale del Sole-24ore ha inaugurato una nuova rubrica, "Caccia alla battuta". Ne ha diverse, il giornale di Confindustria, di rubriche scherzose e leggere. Dàgli a spremere umori. Recuperiamo, così, e riproponiamo il testo auto-critico di Dekodra, pubblicato in questo Zibaldone il 17 febbraio dell’anno scorso. La battuta, il motto di spirito, il lampo fulminante che pretende di immortalare il mondo in una sua contorsione, in caricatura. Con violenza sadica. Gli opinionisti più ascoltati sono comici e cabarettisti. Ogni canale televisivo ha la sua trasmissione di satira. Le vignette su Maometto sono costate svariati morti. O no? Ma non è questo il punto. Come dice Dekodra, aforismi e battute paralizzano il pensiero, e la disposizione a ricercarle scarta i temi che riluttano a farsi ridurre in comico, scansa le argomentazioni più distese. Cioè il ragionamento. Pensiamoci, seriamente.
Z., 10 luglio 2006.


* Caro Zibalmaster, è sera. Anche della mia vita. Le risposte si assottigliano mentre le domande aumentano. Per es. questa. Che ci faccio io in questo salotto in cui si affastellano umori e secrezioni in forma di aforismo? In cui è germogliata la mala pianta infestante del dialoghetto, filosofico, per di più [...] "L’aforismo è un calcolo renale". Ecco, vedi?, me ne è scappato uno anche a me. Un sintomo, se si vuole. E non sarò certo io a pigliarmela con i sintomi. Certo è che, fin da giovane, mi sembrava di cogliere, nel genere – in Horkheimer e Adorno, per es. – una sorta di commutazione, uno scarto, un décalage, una scorciatoia, un "vorrei ma non posso" del pensiero, una sorta di ritirata strategica, una scelta opportunistica epocale, un "mordi e fuggi", un "colpiscine uno per educarne cento". Mica vero, mai stato vero. Poi è arrivato il postmodernismo e ha fatto di necessità virtù. Ma ormai i giochi erano fatti. Aforismo? Nichilismo! Amen.
Tuo, G.C. Dekodra, 17 febbraio 2005.

Ha ragione Dekodra.
Girellando per il vostro sito ho trovato temi importanti, trattati con intelligenza, ma anche significative omissioni.
Temo abbia ragione. Il motto di spirito, prima di stabilire se sia simulazione o dissimulazione, è parlar d’altro, è elusione. Ha ragione quando sostiene che, quanto meno, la forma trasceglie quei temi che si prestano ad essere tagliati con l'accetta.
Se si tratta di calcio o dei Savoia, dàgli con l’umorismo, ma se l’oggetto non è politicamente corretto, lo si ignora, semplicemente. Non sembra anche a voi? Volete che faccia qualche esempio?
Vostro, S.C., 23 luglio

Inni: pubblicità comparativaAux armes, citoyens !
Formez vos bataillons !
Marchons, marchons !
Qu'un sang impur...
Abreuve nos sillons !

La Marseillaise

Altro che «calpesti e derisi... uniti per Dio, chi vincer ci può?»

Fratelli d'Italiacdb, 14 luglio 2006

Aridàtece Ciampi!
«Stamani da Umberto Bossi ho ascoltato parole di grande realismo e responsabilità sui temi delle riforme». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, parlando durante la visita alla redazione del Corriere della Sera del vertice che il capo dello Stato ha avuto con il leader della Lega a Milano.
cdb, 8 luglio 2006.

### Per Bruno, medaglia d'oro, sùbito!

Pare che prima di morire abbia gridato:«Adesso vi faccio vedere come muore un orso (naturalizzato) italiano».

### B XVI
Viva il papa neo-teo-con
ch'è un tetesco di Cermania
e rintuzzerà la smania
dei filosofi fellon

che propugnano, i tapini,
il globalrelativismo
e col lor noto cinismo
preferivano Martini.

L'alemannico molosso
cambia il pel, ma non il vizio:
qual novello Torquemada

sarà rigido e ortodosso,
come detta il Sant'Offizio,
bene o male che vi vada.

Guido Ruzzier X

(X = ICS = Indegno Coglione Schifoso)

### Vittorio Emanuele, Luciano e Umberto per le rime

Vittorio Emanuele di Savoia
a settant'anni non frena la sua foia:
Si tromba le puttane,
e paga le mezzane
truccando slotmascìn, quel tal Savoia.

C'è un certo Moggi (di nome fa Luciano)
che afferma di parlar col cuore in mano:
se l'hanno intercettato,
fu il senso equivocato,
perché ce l'han con lui, Moggi Luciano.

Umberto Bossi ha detto che a Pontida
non chiamerà la stirpe sua più fida:
vada la Lega al mare,
ché lui deve pensare.
Il verde stinge al giallo, lì a Pontida.

G.R., 28 giugno

 

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