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Fabio Simonetti


VIA TASSO
Quartier generale e carcere tedesco durante l’occupazione di Roma


Prefazione di Giovanni Contini Bonacossi

Collana Blu

ISBN 978-88-96487-55-6

pp. 330 € 25,00

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dalla quarta di copertina

Roma, settembre 1943. In seguito all’occupazione della città da parte delle forze armate tedesche, le SS di Herbert Kappler si installano nella vecchia sede dell’Ufficio di collegamento tra le polizie italiana e tedesca, in un anonimo edificio situato in una stradina nei pressi di San Giovanni: via Tasso.
Centro nevralgico dell’occupazione, da questo momento via Tasso diviene la sede dell’Aussenkommando Rom der Sicherheitspolizei und des SD (Comando estero di Roma della Polizia di Sicurezza e dello SD) e del carcere provvisorio delle SS. Qui dal settembre 1943 al giugno 1944 passeranno centinaia di oppositori che saranno imprigionati, torturati o condotti a morire alle Fosse Ardeatine, a La Storta o a Forte Bravetta.
L’aura di mistero che cresce intorno all’edificio, lungi dallo svanire dopo la liberazione, porterà alla nascita di una cupa leggenda.
L’intera storia dell’Aussenkommando Rom viene qui ricostruita assumendo il punto di vista sia dei tedeschi occupanti sia dei prigionieri del carcere grazie a una serie di testimonianze e interviste che permettono di riportare alla luce la sua doppia faccia: quartier generale delle SS e temuto luogo di tortura per i patrioti romani.

Fabio Simonetti, Roma 1984, laureato in Scienze Storiche, si occupa di storia orale, sociale e militare e attualmente lavora presso l’archivio dell’Imperial War Museum di Londra. Di recente ha curato un volume che raccoglie le lettere di un soldato italiano disperso durante la ritirata di Russia nella seconda guerra mondiale: Il ragazzo con i baffi. Lettere
dal fronte russo
(Roma, 2015).

Lidia Piccioni recensisce approfonditamente il libro sul n° 285, 2017, di Italia Contemporanea, FrancoAngeli editore, alle pp. 279-281 qui

Armando Adolgiso si occupa di Via Tasso su www.nybramedia.it Sez. > Cosmotaxi.

A seguire, Armando Adolgiso intervista Fabio Simonetti.

« A Fabio Simonetti ho rivolto alcune domande.
Dei tanti misfatti nazifascisti sui quali potevi indagare, da quale principale ragione la tua attenzione è stata attratta proprio da Via Tasso?
Via Tasso è un argomento assolutamente centrale nella storia e nella memoria dell’occupazione di Roma. Tuttavia, il fatto sorprendente è che ben poco si sapeva delle attività che si svolgevano al suo interno, finendo spesso con il focalizzarsi solo sulle testimonianze dei prigionieri del carcere e le torture che vi si praticavano. Ma Via Tasso significa molto di più. Da qui la mia decisione di analizzare tutte le sue “facce”: usando per lo più fonti orali, memoriali e deposizioni, ho dato la parola ai protagonisti stessi di questa vicenda. Alle testimonianze dei detenuti del carcere, che descrivono la vita all’interno delle celle e le torture che subiscono, si unisce così la ricostruzione delle importanti attività svolte all’interno dell’Aussenkommando Rom fatta dalla Gestapo e dallo SD stazionate nell’edificio; fra questi Erich Priebke, che ho potuto incontrare personalmente e che fu fra i primi ad essere assegnati a questi uffici. Affascinante è inoltre lo studio della peculiare memoria che si elabora attorno a questo luogo, portando alla creazione di quella che ho chiamato la “leggenda” di Via Tasso, la formazione di quell’aura di mistero e terrore formatasi grazie soprattutto alla rappresentazione che ne viene data nell’immediato dopoguerra. Un luogo di cui si teme persino di pronunciare il nome, preferendo dire semplicemente “laggiù”.
Il fascismo quali responsabilità dirette ha avuto nei nove mesi d’occupazione nazista di Roma e delle atrocità di Via Tasso?
Il ruolo del fascismo repubblicano durante l’occupazione di Roma è di attiva collaborazione. Nonostante non ci sia dubbio che la città di Roma sia governata dagli occupanti tedeschi e che Via Tasso, ad esempio, sia interamente gestito da personale delle SS, non si può non tenere in considerazione il ruolo fondamentale assunto dagli italiani nella gestione dell’ordine pubblico all’interno della città o in episodi cruciali quali il rastrellamento del ghetto o l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Allo stesso modo, per quanto riguarda Via Tasso, i fascisti ricoprirono un ruolo di secondo piano ma di cruciale importanza ai fini delle indagini operate dai tedeschi. La figura di Federico Scarpato, ad esempio, mostra come questi collaborazionisti agissero sia come interpreti, anche durante interrogatori e torture, sia come delatori. È certo, infatti, che la Gestapo avvia la maggior parte delle sue indagini grazie all’attività di italiani o alle informazioni ottenute attraverso la tortura.
Perché non c’è stata una Norimberga italiana? E, anzi, perfino amnistie per i repubblichini da quella di Togliatti (contestata da parte della base e da altri movimenti antifascisti) ai successivi ampliamenti varati da governi Dc?
Sin dall’inizio del conflitto gli Alleati corteggiarono l’Italia e la trattarono in maniera molto differente rispetto alla Germania. Il piano era infatti quello di addossare su quest’ultima tutte le colpe della guerra e dipingere il suo alleato come vittima di Mussolini, colpevole di essersi legato ai nazisti. In questo modo si ritagliava uno spazio per una trattativa di pace separata con l’Italia, da ricostruire sotto l’egemonia della sfera occidentale. Questo portò inoltre alla nascita del mito del “bravo italiano”, un soldato incapace di commettere le atrocità di cui si era macchiato il “cattivo tedesco” e che, anzi, solidarizzava con le vittime dell’occupazione nazista, essendo lui stesso vittima dell’alleato-nemico. Questa auto-rappresentazione causò seri problemi nell’elaborazione della memoria dei delicati eventi bellici in Italia e di un sano confronto con il suo passato nero. L’atmosfera da guerra fredda che caratterizzò l’Europa a partire dall’immediato dopoguerra, inoltre, contribuì a sviluppare queste teorie permettendo all’Italia di rientrare nel circolo dei “giusti”. Dopo Norimberga e Tokyo venne deciso che il mondo occidentale non aveva più bisogno di ascoltare le atrocità italiane commesse in Africa, in Unione Sovietica o nei Balcani.
Come ho accennato in apertura, il tuo libro è benvenuto in un momento storico in cui si assiste ad una recrudescenza del neonazismo e dell’antisemitismo. A chi attribuire le maggiori colpe nel non avere previsto e prevenuto quanto oggi assistiamo?
Ritengo di fondamentale importanza lo studio e la valorizzazione dei principi fondanti della nostra repubblica, oggi più di ieri. Un maggiore sostegno da parte delle istituzioni a giovani ricercatori nel settore umanistico e a istituzioni quali il Museo della Liberazione di Via Tasso contribuirebbe indubbiamente alla salvaguardia di una memoria che vediamo offuscarsi giorno dopo giorno. La tentazione di cercare colpevoli su cui riversare responsabilità che in realtà sono più collettive è sempre forte, e la ciclicità della recrudescenza di correnti di pensiero e movimenti estremisti di questo genere mostra che periodi di crisi come quello che stiamo vivendo sono sempre particolarmente soggetti a un’estremizzazione delle posizioni, dividendo e ghettizzando. Tuttavia, questo non allevia il pesante ruolo avuto da anni di ristrettezza mentale e corruzione che hanno caratterizzato la leadership del nostro Paese e che hanno dato vita a quella incolmabile distanza fra governanti e governati che ben conosciamo al giorno d’oggi.
Solo alcuni dei tantissimi giudizi sulla parola “Storia”.
Piero Gobetti: "La storia è sempre più complessa dei programmi".
“La Rivoluzione liberale”, 1924.
Alain: "La storia è un grande presente, e mai solamente un passato".
“Le avventure del cuore”, 1945
Elias Canetti: "Imparare dalla storia che da essa non c'è niente da imparare".
“La tortura delle mosche”, 1992.
E per Fabio Simonetti la Storia che cos’è?

È interpretazione, è il risultato dell’eterno sforzo di dare un ordine e un senso alle vicende che caratterizzano la nostra vita e la cui trasmissione ne possa favorire una migliore comprensione. Non credo nell’utopia di una storia con la “S” maiuscola, dal momento che qualsiasi storia leggiamo o scriviamo è il risultato di un punto di vista, di scelte fatte e di esperienze vissute da parte del suo autore. »


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