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Arrigo Boldrini

DIARIO DI BULOW

pp. 348 € 22,00

 

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ISBN: 978-88-86973-95-3

Per chi voglia conoscere che cosa sia stata la guerra partigiana,
come sia stata organizzata e condotta, quali uomini abbiano dato vita ai vari gruppi e brigate di combattimento, quali aspetti umani, prima ancora che militari e politici, la Resistenza abbia avuto, e quali capacità abbia avuto un suo capo riconosciuto.

Più che un diario, un mattinale – come lo definisce Giancarlo Pajetta nella prefazione – scritto da uno dei capi più amati della Resistenza italiana: il leggendario Bulow, in cui si dà minuzioso conto delle attività politico-militari che costituiscono la caratteristica di un capo partigiano: intelligenza, non solo coraggio; arte diplomatica, non solo guerra. Un testo fondamentale per comprendere le caratteristiche della guerra partigiana di pianura, ma anche una restituzione corale dell’apporto di migliaia di uomini e donne a una battaglia durata quasi due anni in cui l’organizzazione e la divisione di compiti avrebbe dovuto prefigurare l’Italia avvenire. Infatti, proprio con la Resistenza «cominciò il nuovo corso dell’Italia sancito poi dalla Costituzione repubblicana. Questo deve essere il fondamentale messaggio formativo per le generazioni future»: parole che sono il messaggio più autentico del libro.

DALLA PREFAZIONE

Chi voglia conoscere che cosa sia stata la nostra guerra partigiana, come l'abbiamo organizzata e condotta, che uomini abbiano dato vita alle nostre formazioni e come, nel lavoro quotidiano e nel combattimento, altri ancora siano stati formati come uomini nuovi, capaci di essere guida ed esempio, deve leggere questo libro.
Si tratta di un diario di guerra particolare, una sorta di mattinale: giorno per giorno, o riassunti nel giro breve di pochi giorni, ci vengono consegnati i fatti di una vita quotidiana che forse è eroica proprio perché non è fatta tutta di azioni che di per sé sono atti di eroismo, né è fatta solo di sacrificio.
È il mattinale di un comandante partigiano, di un uomo non soltanto di coraggio ma anche di intelligenza, per la sua capacità di organizzare i primi gruppi, successivamente i primi distaccamenti e raccoglierli in brigata. È il diario secco, quasi volutamente arido, di un diplomatico che dovete scoprire da soli, perché non sarà mai lui a dirvi «ecco come sono stato bravo a trattare con gli alleati, con il governo».

Giancarlo Pajetta

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Una recensione
Da sempre la memorialistica, ed in particolare quella sulla Resistenza, rappresenta allo stesso tempo croce e delizia della storia. Il racconto e la lettura personale e individuale di eventi storici complessi e di portata generale, infatti, porta spesso con sé un carico emozionale che se è capace di avvicinare chi legge al vissuto ed alla drammaticità degli eventi di scrive non di rado assume, per la sua intrinseca soggettività, un carattere quasi esclusivamente testimoniale, relegando la collocazione storica dei fatti e la stessa metodologia a fattori laterali del racconto. A questo assioma però sembrano fare eccezione le memorie di guerra del comandante partigiano Arrigo Boldrini raccolte nel suo “Diario di Bulow. Pagine di lotta partigiana 1943-1945”, ripubblicato a quasi un anno dalla sua scomparsa, era il 22 gennaio 2008, dalla casa editrice Odradek.
Quella di Bulow, nome di battaglia di Boldrini, non si configura, infatti, come semplice memorialistica ex-post ma come un vero e proprio mattinale della lotta partigiana, come lo definì Giancarlo Pajetta nella sua introduzione alla prima edizione presente anche in questa seconda ristampa, che, redatto all'epoca dei fatti, nella sua austera sintesi giornaliera restituisce fuori dalla retorica celebrativa o dalla bassa polemica anti-resistenziale la quotidianità di vissuto inedito per un Paese non certo abituato a grandi rivoluzioni e moti emancipatori.
Nelle sue pagine ritroviamo le difficoltà, le durezze e le umane paure della “guerra irregolare” che sarà la genesi della nuova legalità repubblicana e democratica e che verrà, non solo simbolicamente, rappresentata dalla presenza di Boldrini all'Assemblea Costituente.
Nelle pagine del Diario si ritrovano gli iniziali rapporti di diffidenza degli Alleati anglo-americani verso un comandante comunista, superati progressivamente grazie al profilo dirigente non solo militare ma anche politico assunto da Bulow durante la guerra, per poi passare ai resoconti delle azioni di guerriglia portate a termine con successo, quelle fallite per scarsità di mezzi, fino ai racconti dei tesi confronti con le popolazioni civili sfollate strette dai contrattacchi dei nazisti.
Boldrini, ideatore della guerriglia in pianura, liberatore di Ravenna e prima medaglia d'oro al valor militare della Resistenza conferita dal comandante della VIII° Armata britannica nel febbraio 1945, non riserva per sé il ruolo di protagonista collocando la sua esperienza e la sua scelta di lotta entro un quadro più ampio, rivolto piuttosto all'idea della costruzione di uno Stato nuovo, democratico ed aperto all'ingresso delle masse nella vita pubblica costato uno sforzo enorme ai combattenti della Resistenza. E proprio a loro, ai compagni di lotta caduti per mano nemica Boldrini dedica quelle poche asciutte righe che hanno la forza semantica di restituire lo spirito entrato nel profondo dell'esperienza partigiana “ Orsi (Antonio Carini) è stato arrestato il 6-7 marzo dai fascisti [...] torturato [...] e gettato nel fiume Ronco [...]di fronte alle dure perdite che ci vengono inflitte dopo le prime reazioni di rabbia e commozione bisogna subito provvedere alla sostituzione dei caduti”. Quello rappresentato dalle pagine del Diario emerge come uno spirito capace di proiettarsi verso il futuro e la costruzione della società nuova nonostante, ed anzi proprio in loro nome, le uccisioni di tutti quei resistenti che nel moto di rinnovamento storico del Paese avevano trovato la morte.
Le memorie di guerra di Bulow non rifuggono i temi controversi del dopo Liberazione, della difficoltà degli stessi comandi partigiani di controllare la reazione popolare e dei patrioti contro i fascisti e le annotazioni dei mesi di aprile e maggio del 1945 non temono di riferire, come quelle del 24 e 25 aprile, che fu un problema difendere i 147 prigionieri tedeschi dalle popolazioni intenzionate a linciarli dopo i misfatti e le stragi da loro commesse.
Questi scritti non sono né pacificati né condivisi. Sono, nel senso gramsciano del termine, scritti “partigiani”, cioè di un cittadino che vivendo veramente non può non parteggiare. Definiscono senza timore in modo chiaro ed inequivocabile non solo la frattura non negoziabile tra libertà e dittatura ma più ancora il senso della storia dell'Italia di quei giorni. Nello stesso tempo, come ricorda il figlio Carlo nella sua nota conclusiva, Boldrini era d'uso ribadire come la Resistenza fosse stata una lotta condotta “per la libertà di tutti: per chi era con noi, per chi non c'era ed anche per chi era contro” non indugiando, quindi, sulla figura dei vincitori come unici cittadini legittimi della Repubblica democratica e richiamando soprattutto le giovani generazioni alla diretta partecipazione alla vita pubblica e politica ed alla responsabilità della costruzione progressiva della società e dello Stato rinnovato. In paese senza memoria e percorso da un profondo quanto pericoloso disarmo culturale la descrizione della lotta partigiana vissuta intorno ai fiumi, alle colline, nella pianura del ravennate ha la forza di rappresentare come poche altre immagini la necessità del pellegrinaggio civile evocato da Piero Calamandrei “nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. [...] perché li è nata la nostra Costituzione”.
Davide Conti

Una recensione più recente: qui.


Arrigo Boldrini (Ravenna 1915-Ravenna 2008), partigiano, membro della Consulta Nazionale e dell’Assemblea costituente, dirigente del PCI, e poi del PDS e dei DS, eletto al Parlamento dal 1948 al 1994, studioso di questioni militari fu anche Vice presidente della Camera e della Commissione Difesa. Presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani dal 1947 al 2006 e della Fondazione del C.V.L. Ideatore e organizzatore della guerriglia partigiana in pianura diveniva comandante della Brigata combattente nel ravennate. Decorato di medaglia d'oro al V.M. (prima M.O. della Resistenza), pluridecorato da più Stati, fu membro dell’U.E.O., Cavaliere di Gran Croce.
 
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