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Felice Accame


Il linguaggio come capro espiatorio dell'insipienza metodologica

Collana Ideologia e conoscenza

ISBN 978-88-96487-34-1

pp. 460 € 40,00

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PREZZO SPEDIZIONE COMPRESA

dalla quarta di copertina

Non c'è periodo storico del pensiero filosofico – e non c'è disciplina scientifica – in cui qualcuno, ad un certo snodo delle proprie argomentazioni, non abbia concluso che il linguaggio – perlopiù quel linguaggio che usiamo tutti i giorni ma anche quel linguaggio tanto speciale da essere utilizzato solo per dire cose speciali che si vorrebbero “perfette” quando non “esattissime” – non sia difettoso. Neppure le religioni si sono esentate dall'unirsi al coro, tanto
da far sospettare che, se “in principio era il Logos” – paradossalmente, tragicamente –, questo “Logos” fosse sbagliato.
Tuttavia, molte delle argomentazioni a sostegno di questa tesi fanno acqua da tutte le parti. Nell'industriarsi a smontarle una per una, l’autore apre un vaso di Pandora che rivela tutta la sua veneficità. Consapevolmente o meno, nel tentativo di perpetuare il dominio dell’uomo sull’uomo, si accusa il linguaggio per assolvere se stessi – da abusi di potere, da viltà e, perché no, da quell’inettitudine che,
alla fine dei conti, risulta sagacemente funzionale alla buona salute dell’intero sistema su cui si basano le relazioni umane.

 

Felice Accame (Varese 1945) insegna Teoria della Comunicazione presso il Settore Tecnico della Federazione Italiana Giuoco Calcio, presiede la Società di Cultura Metodologico-Operativa e dirige “Methodologia - Pensiero Linguaggio Modelli”. Opere principali: L’individuazione e la designazione dell’attività mentale, Roma 1994, Scienza, storia, racconto e notizia, Roma 1996 e La funzione ideologica delle teorie della conoscenza, Milano 2002. Per la Odradek edizioni ha
pubblicato: Dire e condire 1999, Le metafore della complementarità 2006, Antologia critica del sistema delle stelle 2006 e (con un documentario fotografico di Anna Rocco) Firma altrui e nome proprio 2009.

 

* * *

INDICE

Prefazione
Nota editoriale
Introduzione

1. Il Cratilo e il rapporto tra linguaggio e realtà

2. La realtà

3. Lo scetticismo

4. Il costitutivo e il consecutivo

5. Il linguaggio

6. I rapporti tra linguaggio e realtà e l’inadeguatezza
del primo nei confronti della seconda

7. Di un’inadeguatezza che cresce man mano che
rimpicciolisce l’oggetto di cui (forse) si parla

8. La matematica come cura della malattia del linguaggio

9. La catastrofe del linguaggio sotto il peso delle categorie
negative: l’inconoscibile, l’ineffabile, l’inesprimibile,
l’indicibile e l’incomunicabile

10. L’incompletezza del linguaggio

11. Malfermità e ambiguità del linguaggio

12. Ostacolo nell’accesso al pensiero, subdolità del linguaggio

13. L’intraducibilità del linguaggio

14. Totalitarismo del linguaggio

15. Diseconomicità del linguaggio

16. L’incontinenza logico-proposizionale del linguaggio

17. Gli interdetti

18. Il cattivo uso del linguaggio

Appendice. Una teoria antilinguaggio

Bibliografia

Indice dei nomi citati

 

Nota editoriale

La scelta di conservare le discutibili notazioni grafiche e bibliografiche dell’Autore, ben testimonia la disposizione accondiscendente dell’Editore: che in ogni caso ha comportato un notevole lavoro di trattamento di documenti risalenti a precedenti ere informatiche. Testi che si sono sovrapposti esibendo collegamenti che una stesura che si vorrebbe organica avrebbe irrimediabilmente trattenuti e lasciato cadere, a cominciare dalle note, alcune delle quali hanno l’estensione di brevi saggi.

Solo così è stato possibile restituire una soggettiva su quegli studi, non solo italiani, che avrebbero potuto essere ulteriormente sviluppati ma che l’Accademia ha attentamente scansato. E ci si riferisce a quella tradizione carsica di ricerche sul linguaggio che ha avuto in questo Paese, dalla fine dell’Ottocento, una continuità approdata alla Scuola Operativa Italiana, a riviste come Sigma, Methodos e Methodologia, e attualmente alla Società di Cultura Metodologico-Operativa.

La ricchezza delle problematiche, l’eterogeneità della bibliografia, il taglio diretto e non paludato dell’argomentazione, se troveranno nel lettore curioso una sponda fervida e pulsante renderanno questo libro trasparente – come l’uomo invisibile – al mondo accademico. Un libro così spaventa gli studenti del terzo millennio, sia per la mole, sia per la sua estraneità al novero delle materie istituzionalizzate, tanto spezzettate quanto omogenee. D’altra parte, anche molti docenti, saranno riluttanti a consigliarlo, perché la “disciplinarizzazione della ricerca” è un ossimoro che accosta due attività mutuamente escludentisi. Resta la nostra soddisfazione per averlo pubblicato nella collana Ideologia e conoscenza in cui segna un ulteriore e significativo passaggio in un percorso che questa casa editrice ha seguito e nel quale si è riconosciuta.

Un sentito ringraziamento va a Rosa De Simone per la revisione del testo e la cura dell’Indice dei Nomi.

Odradek

 

La prima presentazione,
Lunedì 2 marzo, alle ore 17
a Firenze, alla BibliotecaNova Isolotto
via Chiusi, 4/3a - 50142 Firenze
presentazione del libro di Felice Accame
Il linguaggio come capro espiatorio
dell'insipienza metodologica
con
Felice Accame, autore del volume
Claudio Del Bello, epistemologo Odradek Edizioni
Franco Quercioli, Archivio del Movimento di Quartiere
Massimo Cervelli, Progetti Cultura della Memoria Regione Toscana

 

Martedì 12 maggio alla libreria Odradek di Roma, via dei Banchi vecchi

presentazione del libro di Felice Accame Il linguaggio come capro espiatorio dell'insipienza metodologica, Odradek edizioni.

Francesco Muzzioli e Claudio Del Bello si sono cimentati nel dar conto delle 460 pagine del libro, alla presenza dell'Autore.

 

Venerdì 29 maggio ore 18.00
alla libreria ODRADEK di MILANO, via principe Eugenio 28
Davide Bigalli e Giorgio Galli presentano Il linguaggio come capro espiatorio dell’insipienza metodologica di Felice Accame (Odradek edizioni) e ne discutono con l’autore.

Qui la registrazione della presentazione e del dibattito.

Qui, una acuta recensione di Dario Agazzi su Rapporto confidenziale.

 

Recensione di Margherita Marcheselli suA”, n. 409.

Quando ho finito di leggere Il linguaggio come capro espiatorio dell'insipienza metodologica di Felice Accame (Odradek, Roma, 2015, pp. 458, € 40,00) ho pensato immediatamente che bisognerebbe costruire attorno a questo testo un corso di studi sul linguaggio e il pensiero in un centro, un'università, un'istituzione che attualmente non esiste ma che un giorno dovrebbe ben sorgere da qualche parte.
Leggere questo libro è come porsi nel centro di un crocevia, intricato ma ben strutturato, nel quale si intrecciano e poi si dipanano i temi trattati in oltre duemila anni di filosofia, gnoseologia, cognitivismo, linguistica, epistemologia, psicologia, neuroscienze, e naturalmente metodologia operativa, insomma in tutte quelle discipline che in vari modi - più o meno produttivi - studiano il pensiero e il linguaggio.
D'altra parte è “il libro della vita” come lo definisce lo stesso Felice Accame, un testo che raccoglie le riflessioni e le analisi della eccezionale attività di ricerca sul linguaggio e sul pensiero dell'autore dagli anni Sessanta ad oggi.

Il titolo del libro (i titoli di Felice Accame, da soli, meriterebbero perlomeno un seminario nell'utopistico centro studi di cui si diceva) pone il tema al centro del crocevia: in  tutte le discipline analizzate, prima o poi, si arriva a sostenere la tesi che il linguaggio è di per sé difettoso, imperfetto, inadeguato.
Capitolo dopo capitolo, Accame svela i motivi profondi di questa svalutazione, portando alla luce tutte le “insipienze” metodologiche di cui ciascuna operazione svalutativa è sintomo.

Si comincia da Platone, dal Cratilo, naturalmente, una delle prime testimonianze dell'approccio filosofico al linguaggio che condizionerà fortemente le riflessioni successive. Nel Cratilo, come è noto, ci si pone il problema del rapporto tra linguaggio e realtà, ovvero se “per ciascuna cosa vi è una esatta denominazione che le è propria per natura”. Da questa domanda esemplare è possibile avviarsi lungo la strada che porta a svelare gli errori del realismo, da una parte, e dello scetticismo, dall’altra, grazie agli strumenti di analisi resi disponibili dalla metodologia operativa (l'analisi del raddoppio conoscitivo, l'idea programmatica di considerare il pensiero e il linguaggio come risultato di operazioni, le “reti correlazionali”, la distinzione tra operare “costitutivo” e “consecutivo”, la definizione di che cosa si intende per “fisico”, “psichico” e “mentale”, la differenza tra “funzione” e “funzionamento” e tra “organo” e “funzione”, “mente” e “cervello”...).
Si procede quindi verso altri luoghi e ci si avvicina a questioni più legate alla scienza e alle riflessioni metodologiche sul fare scienza.  Così si analizza il rapporto tra linguaggio e matematica - secondo certa tradizione la più promettente candidata a curare una delle malattie considerate più gravi del linguaggio, la sua “ambiguità” -,  poi si procede con una disamina dei problemi legati al concetto di “evoluzione” in biologia, da Platone a Darwin e a Gould, per arrivare ad analizzare tutta la questione della cosiddetta “incompletezza”, che è alla base della logica del Novecento, dai Principia Mathematica di Russel e Whiteheadai teoremi di Gödel. Sistemate queste annose questioni, dopo aver messo in luce gli errori metodologici, i paradossi e le insidie di ciascuna, si passa ad analizzare la linguistica e i vari problemi legati all'intraducibilità, all'ipotesi Sapir-Whorf  e alle diverse teorie che fanno della incomunicabilità la propria bandiera per chiudere sulle accuse di “diseconomicità” del linguaggio che aprono alle ricerche sulle lingue perfette e utopistiche.
Di argomentazione in argomentazione - sempre seguendo il tema prescelto ma non disdegnando di prendere sentieri e strade secondarie oggetto di lunghe, analitiche e preziosissime note - Felice Accame, utilizzando il suo caratteristico stile antiaccademico e un po' sfrontato, fa piazza pulita di molti dei problemi posti tradizionalmente dalla filosofia e dalle diverse discipline. Ce ne sono di nuovi, di problemi, si badi, nell'approccio metodologico operativo assunto, e l'autore non è certo tipo da nasconderli, ma sono problemi affrontabili e strade che possono portare, perlomeno in linea di principio, da qualche parte: un bel progresso rispetto al vano percorrere strade che non vanno in nessun posto o che riportano inesorabilmente al punto di partenza.

Alla fine di questo lungo viaggio, dicevo, ho pensato alla necessità di creare un luogo dove si possa approfondire e studiare il modo operativo di pensare e analizzare. Creare un simile luogo sarebbe un atto politico, prima ancora che conoscitivo.  Il libro di Accame ci rende soprattutto estremamente consapevoli del fatto che la svalutazione del linguaggio è un'operazione profondamente ideologica e politica, volta a togliere a ciascuno di noi la possibilità di utilizzare con fiducia la propria mente delegando ad altro da sé la proprietà di essere “riferimento”. Come potrebbe la fantomatica realtà - di cui filosofi e scienziati parlano - essere indipendente dalla mente che la costituisce? Non può, sembra ovvio, e invece  (e in questo testo si dà conto di interessanti ipotesi operative di Silvio Ceccato su come l’errore del “raddoppio conoscitivo” si sia  potuto insediare nella filosofia occidentale)  in questo millenario errore si sistemano comodamente  le ideologie e le politiche che pretendono di possedere una verità in qualche modo rivelata o garantita: le religioni, innanzitutto, con il ricorso ad un essere divino e superiore, ma anche certa scienza, che si dichiara l'unica in grado di leggere una Natura “scritta in caratteri matematici” o che si richiama  a un'oggettività garantita dalle strumentazioni e dall'osservazione “pura”, o tutte quelle narrazioni e spiegazioni che non esplicitano i propri criteri e  riferimenti attribuendo valori e significati considerati dati e indiscutibili. In questo errore trovano terreno fertile inoltre tutte le numerose forme di scetticismo, secondo le quali, dal momento che la verità non è raggiungibile, tutto è sbagliato allo stesso modo, quindi qualunque regola ha la stessa validità di qualunque altra e  anche la più terribile ingiustizia può avere una sua legittima giustificazione. L’atteggiamento operativo, invece, ci consente di riappropriarci della responsabilità delle nostre operazioni, dei nostri pensieri, delle nostre percezioni e soprattutto delle nostre parole e  del nostro linguaggio riconosciuto come un potente strumento per vivere e per porci in relazione con gli altri, per condividere e mettere alla prova le reciproche visioni, per negoziare i propri significati in un confronto aperto e trasparente in cui vengono dichiarati i punti di partenza e di arrivo e vengono definite e condivise le regole del vivere comune. Una visione compatibile con quella società più giusta e paritaria che molti di noi desiderano costruire.
Usciamo, dunque, dall'esperienza di questa lettura riconciliati e consapevoli del fatto che  “non possiamo uscire da noi stessi” come diceva Bridgman (Così stanno le cose, Odradek, 2011), ma che, appunto, non abbiamo nessun motivo per volerlo fare. Felici, piuttosto, di poter disporre degli strumenti che l’evoluzione ci ha reso disponibili e coscienti del fatto che dobbiamo coltivarli, rispettarli e lavorare responsabilmente per poterli utilizzare al meglio.   

Margherita Marcheselli

 

 

 
 
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