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armando gnisci
BIBLIOTECA INTERCULTURALE
Via della Decolonizzazione europea, n. 2

pp.154, euro 14,00

 

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Dalla quarta di copertina:

Come fa la gente dell’Europa occidentale, la gente come noi, a pensare oggi gli irakeni e i cinesi, gli americani del nord e i caraibici e quelli del sud, i nigeriani e i ceceni, gli indigeni maya del Chiapas, i mapuche della Patagonia o gli aborigeni australiani? Che libri deve leggere e film vedere e musiche ascoltare per avviarsi a capire quelli che ci ostiniamo a chiamare “altri” e le loro storie, insieme alla nostra? Che sono poi le storie del colonialismo, delle migrazioni, dei rapporti e delle miscele tra le civiltà. È questo il significato di “interculturale”? E “multiculturale” che vuol dire, allora? Siamo sicuri, noialtri europei occidentali, di possedere un senso positivo e certo della “relazione interculturale”, oggi? Questo libro pone domande simili e altre ancora. E risponde, con consigli per libri, cinema, musica, siti web e luoghi da frequentare. Tutti, quasi tutti, reperibili in italiano.
ARMANDO GNISCI insegna Letteratura comparata e Letterature africane postcoloniali a Roma La Sapienza e Interculturalità e letterature extra-europee a Venezia, Ca’ Foscari. Ha pubblicato 36 libri, è tradotto in 12 lingue.

Tommaso Ottonieri su Carta n, 13 (7/13 aprile 2005)


Il flusso ibrido della cultura


Esce per Odradek la “Biblioteca interculturale” di Armando Gnisci, una cartografia di quella cultura dove il prefisso “inter” vuol dire stare nel mezzo, nel flusso delle cose. Non al centro, ma circondati e circondanti


UN PICCOLO-ESPANSIVO [elasticamente] atlante del nodo interculturale - bussola o labirinto per [dis]orientarsi, per forza di parole e di scritture [e di un filo discorsivo che le collega e replica e rilancia, seguendo un metodo “associativo -connettivo”, il metodo della complessità, apparentemente dis-ordinato e con-fuso], in quell'esplosione delle culture chiuse, delle identità finite, che [al di là dei tentativi di contenimento da parte degli “illuminati” regimi occidentali, ex-coloniali o neocolonizzanti] è il vero nucleo, il creolo groviglio che noi tutti abitiamo - è quanto ci regala adesso, al suo trentasettesimo libro [auguri!!], Armando Gnisci. Cioè [vale la pena di precisarlo], a partire da questo libro, da “armando gnisci”: scritto così, tutto in minuscolo, non per assecondare qualcosa [sia vezzo, tic, offerta d'intimità comunicazionale, puro istinto di cyber-semplificazione] che appartiene ormai al galateo della scrittura elettronica, della corrispondenza in e-mail: piuttosto, per un'esigenza intimamente politica [sulla scorta, non solo onomastica, di “bell hooks”, teorica nera decolonizzante, e del suo quasi-pseudonimo di cui lei si è riappropriata seguendo una via “matrilineare”]: l'esigenza di “manifestare in maniera indelebile e perenne contro la 'mia'identità di maschio bianco europeo occidentale” quasi borghese, che ha un nomecognome alto e pesante e lo impone a sé e agli altri” [la grammatica, e la sua ortografia, è - si sa – laforma basilare di dominio: è dal linguaggio, “sul” linguaggio, che si sviluppa ogni lotta].
Gnisci [mantengo la G maiuscola ma solo perché viene dopo il punto: ma forse, come sapeva Joyce, lo stesso filo spinato delI'interpunzione è da abolire, nel magma-mater d'una scrittura-senso, d'una lingua femmina, agerarchica, (a sé) mater], armando gnisci [ma non sarà qui forse il bianco della battuta, lì giusto al centro, a deludermi? quel residuo di classificabilità anagrafica, che ci terrà di qua da ogni effettivo creolizzarci, fino a che non sapremo abolirlo, e abolire le nostre distinzioni?], lui, insomma, è nome che tutti i lettori di “Carta”già conoscono assai bene [non solo per l'assidua collaborazione a queste stesse colonne]. Di lui misembra imperativo ricordare [fra le uscite recenti] I'importante “Creolizzare l'Europa: letteratura e migrazione” [Meltemi], libro che - coronando una serie di altre opere saggistico-militanti, e soprattutto “Creoli meticci migranti clandestini e ribelli”, stesso editore, pochi anni prima - va a centrarsi, come “dall'interno”, sull'imporsi delle “prime ondate” di scrittori migranti in Italia: nati [per la maggior parte] già qui, ma portando vivissima in sé l'identità dell'origine, una coscienza “altra” ma ubiqua: e dunque, “creolizzanti” per natura; e www.kuma.it, un sito dove con passione militante, si accolgono le esperienze appunto migranti [in particolare, le “immigrate”] di scrittura: un lavoro che sentiremo sempre più centrale, per tutti noi, a ogni istante che passa.
Ma allora [uscita in una collana che appunto s'intitola “Culture sul margine”], questa “Biblioteca interculturale”. Qui - è ciò che sin dalla prima pagina che [sia pure indirettamente, ruotando su una rete di significazione ancora più estesa] Armando Gnisci chiarisce - “inter-” sarà da intendersi, precisamente, come un porsi “in mezzo alle cose”, “in mezzo a tutti”, “in mezzo al flusso, alla corrente”: e insomma, “non 'al centro', ma circondati e circondanti”. Una piega del discorso si fa traccia di un metodo in costante, progressiva definizione: decentrante, e rifondativo insieme posto che, ciò che è da fondare, è “altro” dalla verticalità, edificativa, d'un accentrante dominio - è la riconoscibilità dell'“altro”, e di sé ancora come “altro” - è l'orizzontalità “circondante” di “margini” capaci di farsi avanti per ricomporre un nuovo orizzonte]. E ri-costruire un percorso [addirittura] bibliografico, nel processo della viandanza, non vorrà dire “altro” che cartografarne l'inter-secarsi dei flussi: e di “sé stesso” come flusso.

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Recensione di Davide Bregola apparsa sul n. 16 di martedì 19 aprile 2005 di Stilos (settimanale del quotidiano La Sicilia)

Il ragazzo ambizioso e dedito allo studio che desiderava entrare all'Università per insegnare e pubblicava Scrittura e struttura, Roma, Silva 1970 mettendo a frutto i suoi studi, in auge al tempo, su strutturalismo e semiotica, dopo 36 libri pubblicati, con quest'ultimo libro, in ordine di tempo, ha dato alle stampe il vertice della sua verità.
Armando Gnisci, professore di Letteratura Comparata e Letterature africane postcoloniali a La Sapienza e Interculturalità a Ca' Foscari, col suo Biblioteca Interculturale -Via della Decolonizzazione europea N°2- (Odradek) mette a disposizione dei lettori la sua conoscenza di libri, film e musica che hanno una prospettiva, consapevole o meno, di "ri-educazione europea". Gnisci ci accompagna come una guida sicura ma gentile e pronta all'ascolto, a fare una camminata assieme a lui tra filosofie, etnografie, poesia, letteratura, sociologia- politica, antropologia, ma non si limita a citare, commenta e compie scelte. Giudica, se ne prende la responsabilità. E per questo gli siamo grati. Perché è un umanista sincero, che per il tramite di uno stile persuasivo e convincente, rende i contenuti importanti. A me, lettore, vien voglia di andare a cercare i libri citati che mancano alla mia biblioteca personale, mi viene voglia di condividere. D'imparare e insegnare allo stesso tempo. Oltre a questo, il libro è anche l‚autobiografia intellettuale di un uomo colto nato nella seconda metà del 20° secolo che rivede tutte le grandi scoperte e le ideologie dominanti in Occidente dal famoso viaggio di Cristoforo Colombo fino alla nuova rivoluzione pacifica della creolizzazione. Da vent' anni Gnisci è in prima linea a favore di una letteratura mondialista, e da vent' anni ci dà una prospettiva nuova di "canone", e da anni ci propone "una storia diversa" della Letteratura. Se fino ad ora ci aveva dato la teoria, con i libri Via della Decolonizzazione Europea, Cosmo Iannone, Isernia, 2004 e quest'ultimo Biblioteca Interculturale -Via della Decolonizzazione europea N°2- pubblicato da Odradek, va direttamente alla "pratica" e con tesi pacate ci dice: L'etnocentrismo occidentale moderno è pieno di contraddizioni ed errori di prospettiva. Oggi la cosa più onesta da fare è liberarsi da tutti i fardelli di presunta superiorità -ancora duri a morire- e iniziare a de-colonizzare la nostra mente, la nostra cultura dai confini limitati, e iniziare a creare un "nuovo umanesimo". Gnisci ha il coraggio, sulla scorta di Fanon, di muoversi da una presa di posizione e ordisce le sue interpretazioni a partire da quella: “Sappiamo, quanto sappiamo?, di essere gli irresponsabili (sordi che non rispondono a ciò che non sanno che è urlato per noi:l'urlo polifonico di 500 anni di storia moderna europea del mondo) eredi e discendenti dei "nostri capostipiti" che tolsero la storia agli africani e agli Inca, ai Maya e agli Uroni, ai Maori e ai Mapuche, ai Tupì, agli Arawak e ai Koori australiani? E che li alienarono deportandoli in una storia a cui appartennero da allora solo come succubi?”.
DAVIDE BREGOLA

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Daniele Barbieri recensisce Biblioteca interculturale n.2
su www.migranews.it


C’è un’apparente contraddizione in questo libro. Da una parte l’ansia comunicativa di Armando Gnisci è tale che l’autore dà il suo indirizzo e invita a scrivergli… una prima volta e poi ancora verso la fine. D’altra parte è indubbio che alcune parti di questo nuovo saggio sono faticose, che il dialogo intrecciato dall’autore con chi legge in qualche punto si sfilaccia. Contraddizione solo apparente però. Gnisci non perde il filo per qualche trascuratezza o disordine stilistico. Lo fa volutamente, comunque senza paura e spesso ironizzando sul rischio: perché questo è “lo stato dell’arte”; o meglio – per dirla come a lui piacerebbe – incamminarsi sulla “via della decolonizzazione europea” è obbligatorio ma la strada è ancora tutta da disegnare (lastricare no… quella, con tanto di buone proverbiali intenzioni, ci porta solo in qualche inferno fra i tanti possibili).
Armando Gnisci ha fretta certo. E noi con lui. Ciò spiega perché, a così breve distanza da “decolonizzazione” - edito da Cosmo Iannone - esca il 2 (etichettato in questa maniera, proprio come un sequel cinematografico) e perché bisognerà leggerlo, rifletterci, parlarne, usarlo.
Conviene dunque seguire Gnisci nelle sue urgenze, nei necessari ripensamenti, in qualche errore (fecondo e sempre possibile), nei toni polemici, nei punti in cui “urla”, nelle incertezze, nelle trame che oggettivamente si aggrovigliano perché i tempi sono confusi, gravidi insieme di potenzialità e di angoscia. Perché – scrive lui – «siamo in mezzo», «attraverso» e «non credo proprio che ci sia un centro» piuttosto «un flusso». Nuotare allora. «Fluttuare alla maniera taoista» forse. Pentirci anche. Provare rimorso. E’ necessario che «decostruiamo e rimordiamo il misfatto epocale che ha sequestrato e sgozzato la storia della specie umana».
Quando in una conversazione diciamo «si va a oltranza» il concetto ci è chiaro. Ma, come capita con tanti vocaboli, se dovessimo definire esattamente oltranza forse prima sbirceremmo un dizionario. Armando Gnisci afferma che “l’oltranza” è il soggetto del libro. «Diciamo che è la meta e la strada che faremo per poterla adocchiare quando capita all’orizzonte; ma non è l’argomento, il contenuto, il messaggio». Se questa frase (è a pagina 10, proprio all’inizio dunque) vi apparisse ambigua, andatevela a rileggere a libro finito: sarà tutto chiaro. Aspettando che Gnisci sparigli le carte in “decolonizzazione 3”…
Dobbiamo liberarci d’un modo di vedere il mondo «solo euro-occidentale». Armando Gnisci ci consiglia di usare – un po’ d’ordine, suvvia: il vostro recensore li elencherà seguendo l’alfabeto – Achebe, Adonis, Antunes, Anzaldua, Basso (Pietro), bell hooks (minuscole d’obbligo, chi l’ha letta sa perché), Bernhard, Carmichael, Cesaire, Diop (Cheik Anta), Frisullo, Galeano, Ghosh, Gilroy, Glissant, Kanafani, Kincaid, Loomba, Maalouf, Makaping, Naipaul, Portelli, Roy (Arundhati), Said (Edward), Soyinka, Spinelli (Alex Santino), Thiong, Walcott, Zerbo… per dirne alcune/i. Sullo sfondo, è quasi scontato, vanno recuperati Bernal (“sempre sia benedetto” chiarisce Gnisci), Conrad, Davidson, De Martino, Fanon e Sartre, un Kafka considerato minore, Marcuse, Marx (toh chi si rivede) e un po’ del pessimo Hegel, il sempre più moderno Giordano Bruno, senza trascurare certi film di Resnais, Scorsese, Kiarostami e Gerima, poi ancora Tagore, due atipici yankee come Twain e Vidal… più gli afro-americani Baraka e Malcom: anche qui l’elenco è incompleto. Contrariamente a quello che la copertina indurrebbe a pensare, la musica non ha un posto di rilievo nella “biblioteca” ma ha un ruolo decisivo (ed è sempre proposta in modo originale e piacevole) nel dialogo con il lettore, visto che Armando Gnisci ama raccontare cosa sta ascoltando e perché: in parziale ordine di comparsa Santana, Monk, Billie Holiday, Maria Bethania, Veloso, Manu Chao, Gould (Glenn), Ellington…. «La musica è la Porta» chiarisce Gnisci che è di solito così parco di maiuscole.
Fra le tante parti di piacevole lettura forse quella che resta più in mente è la destrutturazione – parlando un po’ più volgarmente si potrebbe definire “presa per il culo”- delle tesi di Ram Radar Mall e più in generale della cattiva “filosofia interculturale”. Scrive con efficacia Armando Gnisci: «Come si fa a insegnare questa sbobba nell’epoca più avanzata della mondializzazione del dominio del capitale?». Con ogni evidenza l’usare gli intellettuali – o presunti tali – per confondere le acque è anche un’antica e sapiente strategia dei detentori di poteri traballanti.
Tanto per non smentire la pignoleria dei recensori segnalo un (piccolo) errore: Mani Tese non è un gruppo cattolico anche se lo era all’origine. Consiglio – a un certo punto del libro Gnisci mi cita come “amico” e anche per questo mi “consento” di usare la prima persona – un bagaglio in più per proseguire il lungo viaggio: l’autore accenna, quasi di sfuggita, alla fantascienza ed è un’intuizione sicuramente da approfondire. Soprattutto – ma non solo – nei testi di Philip Dick, di Ursula Le Guin, di un da noi quasi ignoto Theodore Sturgeon, si trovano molti buoni motivi per sovvertire questo universo e ottimi consigli su come incontrarne altri. E il brevissimo, esemplare racconto Sentinella di Fredric Brown sarebbe di grandissimo aiuto proprio per ragionare su «una civiltà europea che non ha elaborato nella sua storia una forma culturale dell’incontro felice» con quel che segue (sopraffazione e sofferenza).
«Forse le domande sono troppe. Forse lo stesso domandare è troppo incalzante» si arrovella (verso la fine) Gnisci. Ma bisogna andare avanti, non c’è altro modo. In attesa magari di apprendere «l’arte mai imparata di ascoltare senza prendere appunti, come si ascolta intorno al fuoco».

 

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Caro Armando,
ho letto il tuo libro ricavandone un'impressione che, con un tuo aggettivo, potrei definire "torrida": hai un modo di porre le questioni che apre all'improvviso scenari mai visti e ci insegna a ragionare in modo diverso, a considerare i problemi sotto nuovi punti di vista. Complimenti e grazie.
un saluto peppino
Giuseppe Marci,
Università di Cagliari

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Pierangela Di Lucchio dixit:


Quale che sia la metafora esplicativa e l’ordine simbolico su cui poggia l’esperienza del viaggio, questo implica un giro più o meno lungo attraverso luoghi al di fuori del proprio ambito abituale, sia nel proprio paese che in terre lontane, con soste e permanenze di varia durata. Nei viaggi per mare, in particolare, accade spesso di intravedere arcipelaghi ed isole dai contorni sfrangiati, dalle connessioni né evidenti né facili. In un certo senso, il mare aperto diventa scuola del limite: del senso e della ricerca del limite e, nello stesso tempo, dell’impossibilità di dire il limite. Navigare in mare è un gesto antico che riporta all’origine e all’amore per la conoscenza del viaggiatore-esploratore che nel viaggio – “vale a dire: nell’Avventura” – trova il proprio destino.
È questo che viene al pensiero leggendo la Biblioteca interculturale di Armando Gnisci, ricerca simile a un vento di idee nuovo nel dibattito interculturale italiano ed europeo. Arricchito dall’appassionato capitolo Abbasso l’eurocentrismo, questo libro colpisce non solo per il coraggio e l’intelligenza delle tesi espresse (implicite ed esplicite), ma anche per l’opportunità della scelta editoriale in un tempo di derive e abbandoni del pensiero. La qualità di questo testo non è soltanto da individuarsi nella originale messa a tema del discorso interculturale, ma soprattutto nella pluralità di una ricerca che non smette di interrogarsi: una ricerca che non guarda agli approdi ma al cammino – “Caminante, no hay camino, se hace camino al andar” come scrive Machado dall’autore tanto amato.
Questo libro racconta di innumerevoli incontri, di studi appassionati, di esplorazioni e sconfinamenti ben oltre le rassicuranti discipline tradizionali. Attraverso un gesto antico e familiare, in ogni sua pagina, Gnisci propizia un movimento del ricevere e del donare, dove gli sguardi si incrociano, le voci risuonano, ogni cosa si fa movimento.
Colpisce questo suo inserire elementi autobiografici che coinvolgono ad ogni passo il lettore. Potrebbe sembrare un espediente tecnico di chi è attento alle astuzie psicologiche della comunicazione. Ma così non è. Nel discutere di letteratura raccontando coraggiosamente se stesso in prima persona, egli segue fino in fondo il compito e, forse, il destino degli innovatori. Che è quello di chi viaggia senza stelle che orientino il cammino, raccontando e testimoniando storie: storie di viaggi che si conoscono e si decidono solo in parte, come sa chi trova senso al cercare solo cercando ancora.
Frammenti personali, dunque, che rendono più esplicita la narrazione di sé, trasformando l’intero libro in un’autobiografia ‘complessa’ dove l’autore racconta “da dove viene” e “dove va”, come Tahar Bekri che scrive “d’où viens-tu lumière?”
È così che la luce della conoscenza si irradia pervenendo al lettore. Quest’ultimo, a sua volta sollecitato, talvolta provocato (come me nel leggere quanto scritto su Keith Jarrett), ma sempre coinvolto in un dialogo, spesso immaginato e trascritto come fosse reale, sa che tutto avviene per lui.
Ed è qui che si apre uno spazio che si colloca fuori da ogni giurisdizione disciplinare. È un invito al viaggio, da intraprendere solo a condizione di congedarsi, senza esitazioni, da tutto ciò che presumiamo di conoscere. Allora nessuna domanda viene annullata, ma ogni cosa trasformata nelle soste di un cammino che attraversa idee, fatti, esperienze sorprendenti.
Questo libro è, inoltre, un invito alla lettura. Il lettore avverte subito l’esigenza di redigere un elenco di testi per ‘allestire’ al più presto una propria Biblioteca interculturale. Non solo. La filmografia riportata, per alcuni titoli preziosa e rara, si muove in quello spazio cinematografico dove il film si riconcilia con le arti e sconfina nella poesia.

 

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